Don Oreste Benzi: il ricordo di Wanda Ciuffoli

Il 2 novembre 2007 il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII lasciava questo mondo. L'intervista di Interris.it Wanda Ciuffoli

Foto di Roberto Soldati

Wanda Ciuffoli, membro dell’Apg23, ha conosciuto don Oreste Benzi quando ancora la Comunità Papa Giovanni XXIII non era nata. Le sue parole tracciano un ritratto inedito di quel prete dalla “tonaca lisa” che tanto si è speso per gli altri. Una descrizione delicata, dalla quale emerge tutto l’affetto che Wanda prova per quel sacerdote che ora è venerato come Servo di Dio. Grazie alle sue parole si delinea nella mia mente – io non ho avuto la fortuna di conoscere don Oreste in vita – la spiritualità e il carisma di questo sacerdote di cui quest’anno ricorre il sedicesimo anniversario della sua morte.

L’intervista a Wanda Ciuffoli

Wanda, per molti anni, è stata la responsabile amministrativa dell’Apg23. Conosce don Oreste alla fine del 1968. “Avevo appena iniziato l’università, è stato un incontro normale – racconta a Interris.it -. Ero a una riunione alla quale partecipavano altri ragazzi, organizzata da un altro sacerdote e don Oreste è venuto a parlare con noi. In quel periodo ci seguiva soprattutto don Elio Piccari, don Oreste era agli inizi della sua missione in parrocchia – aggiunge -. All’inizio non abbiamo colto per intero il carisma di don Oreste, ma avevamo compreso che lui e don Elio erano due sacerdoti un po’ fuori dal normale”. Wanda racconta come il “sacerdote dalla tonaca lisa avesse iniziato a proporre loro delle vacanze con i disabili che erano rinchiusi negli istituti”.

Un agricoltore che coltiva il seme della fede

“Non avevamo nessun progetto, eravamo disponibili, forse stavamo cercando qualcosa di diverso dalla solita parrocchia – spiega -. Nel ’69 ci ha riunito per un incontro di due giorni dal titolo ‘L’intervento di Dio nell’uomo’. Lui ha coltivato la nostra fede fin dall’inizio”. Dopo quel momento di catechesi, il sacerdote riminese invita i ragazzi del gruppo ad andare a trovare le persone disabili che erano negli istituti o nelle case, a bussare alle porte. “Alcune famiglie poi ci hanno confessato di averci scambiato per dei venditori porta a porta, mentre noi offrivamo solo un po’ del nostro tempo – racconta Wanda -. Allo stesso tempo, andavamo a messa tutti i giorni, don Elio era disponibile per le confessioni. Don Oreste ci ha fatto avvicinare pian piano al Signore, ha operato affinché la nostra fede crescesse, come un agricoltore che ha coltivato il seme della fede in noi. E non lo ha fatto da solo, ma con l’aiuto di don Elio“. Cominciano così un’esperienza di convivenza con i ragazzi disabili che erano usciti dagli istituti: da qui inizia il tema della condivisione e successivamente le manifestazioni in piazza per chiedere il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità, come il lavoro, il diritto, l’accesso alle cure. Un aspetto molto importante che emerge dal racconto di Wanda è l’attenzione che don Oreste riservava agli adolescenti. Era convinto che per loro fosse fondamentale fare un “incontro simpatico con Cristo“.

L’importanza del Concilio Vaticano II nella vita di don Oreste

Don Oreste ha abbracciato il Concilio in pieno, ce lo ha spiegato e fatto studiare – racconta Wanda -. Lui era molto aperto ai bisogni delle persone. Per molto tempo ci ha detto di leggere ‘i segni dei tempi’, noi come cristiani siamo interpellati dai bisogni delle persone e quelli sono segni dei tempi” – aggiunge – Saper leggere ‘i segni dei tempi’ era una frase che ripeteva spesso Papa Giovanni XXIII, Pontefice a cui don Oreste era molto legato, tanto è vero che la nostra associazione si chiama come lui”.

La nascita dei 5 punti dello schema di vita

Era il 1985 quando si crea la necessità per l’Apg23 di essere riconosciuta dalla Chiesa. Wanda racconta dell’incontro di don Oreste con monsignore Locatelli che chiede di scrivere chi erano i membri dell’Associazione, quali scopi avevano e cosa volevano vivere. Riuniti tutti insieme, circa una cinquantina di persone, si siedono a tavolino e vengono messi nero su bianco i cinque punti dello schema di vita dell’Apg23. “Questa esperienza mi ha fatto capire molto bene la profondità di don Oreste: non si scriveva nessuna parola che non avesse il significato di quello che volevamo esprimere, è stato un lavoro molto grande – spiega -. Quando abbiamo presentato il lavoro al vescovo, ci ha riconosciuti come una comunità diocesana. Così abbiamo iniziato tutta la nostra opera: le case famiglia, le comunità terapeutica, la missione, le ragazze salvate dal racket della prostituzione schiavizzata”.

Anno 1967: mag. L.S. Serpieri – Foto ©Roberto Soldati

La spiritualità

La spiritualità di don Oreste non è mai cambiata. Io penso di essere una privilegiata, perché vedevo don Oreste tutti i lunedì pomeriggio, tranne quando era all’estero. Lui era anche il legale rappresentante dell’associazione, io la responsabile amministrativa. Io gli sottoponevo le varie problematiche e alla mia domanda ‘cosa facciamo?’, lui rispondeva: ‘Vediamo cosa ci dice il Signore’ – ricorda Wanda -. Apriva il Vangelo e leggevamo. Sulla base delle parole di Gesù, tiravamo le conclusioni e decidevamo come procedere. Tutto partiva dall Bibbia”.

Maria madre nostra, fiducia nostra

Don Oreste era molto devoto alla Madonna: ogni volta che saliva in macchina per iniziare un viaggio, come prima cosa recitava il Rosario. “Ci ha mostrato con i fatti la sua fede, ci ha fatto respirare l’amore che aveva per Maria – racconta -. Lei era la nostra mamma e noi dovevamo affidarci a lei. Perché come una mamma cura il suo bambino, lei avrebbe curato noi. All’inizio o alla fine di una preghiera don Oreste diceva sempre: ‘Madre nostra, fiducia nostra’. Lui chiamava ‘la via breve per arrivare a Gesù’. Ha scritto un libricino, ‘Il sì di Maria‘, dove spiega il Rosario. Don Oreste – sottolinea Wanda -. Era un contemplativo, è difficile cogliere questo suo aspetto perché era sempre molto attivo”.

Foto ©Roberto Soldati

Il sorriso di chi ama profondamente Dio

Un sorriso sempre stampato sul volto, segno di una profonda serenità. È così che don Oreste appare nella maggior parte delle foto. “A noi diceva spesso: ‘Se stai con il Signore non puoi fare a meno di essere gioioso, ma il sorriso è quello che accoglie l’altra persona’. Anche quando era preoccupato non ha mai perso il sorriso e diceva: ‘Vedrai che il Signore ci aiuta’ – racconta Wanda -. Anche durante la messa manteneva un’espressione felice, serena e noi lo diceva sempre che era il Signore che gli dava la gioia. Don Oreste pregava molto e non abbandonava mai la Messa quotidiana; se arrivava a casa prima di mezzanotte e non aveva avuto possibilità di assistere a una celebrazione religiosa, lui andava in chiesa e celebrava anche se era da solo”.

Foto © Riccardo Ghinelli

Il legame con don Aldo Buonaiuto

Negli ultimi quindici anni di vita don Oreste ha avuto al suo fianco don Aldo Buonaiuto, fondatore della testata online Interris.it e sacerdote dell’Apg23. Insieme hanno viaggiato in lungo e in largo per l’Italia, impegnati nella rimozione delle cause che creano le ingiustizie. Hanno dato voce a tutte quelle giovani donne che sono costrette a vendere il loro corpo sui marciapiedi delle strade italiane, hanno incontrato i giovani in discoteche, nelle scuole e hanno dato vita al numero verde contro le sette occulte. “Ogni volta che li ho visti insieme ho sempre pensato di vedere un padre insieme a suo figlio. Don Oreste guardava don Aldo come fosse suo figlio, ma anche don Aldo lo guardava come un padre – racconta Wanda -. Hanno vissuto molte esperienze insieme in quegli anni“.

Foto © Riccardo Ghinelli

Il cuore del Servo di Dio don Oreste Benzi

L’infaticabile apostolo della carità” – così lo ha definito Papa Benedetto XVI nel giorno della sua scomparsa – è deceduto nella notte a cavallo tra il 1 e il 2 novembre 2007. Sono passati sedici anni e il frutto della sua opera è ancora visibile e vivo: si tratta dei membri dell’associazione da lui fondata che ogni giorno si prodigano per dare voce a chi non ce l’ha, aprendo le porte delle loro case a chi ha bisogno di una famiglia, di pace e amore; aiutando un giovane a uscire dal tunnel della tossicodipendenza o porgendo la mano a quell’uomo che dorme avvolto in un cartone nella sala d’aspetto della stazione.

Ma il cuore di don Oreste, come testimonia con il suo racconto anche Wanda, è racchiuso nelle centinaia di libri, di scritti e di omelie che ha fatto. Un pezzettino della sua eredità è racchiuso anche nel Pane Quotidiano, un messalino App cartaceo o digitale, con il Vangelo e la Parola di Dio del giorno commentati da don Oreste Benzi. Pochi giorni prima della sua morte, scrisse questo commento per la prima lettura del 2 novembre: “Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che  sarà vicina dirà: ‘È morto’. In realtà, è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste, perché appena chiudo gli occhi a questa terra, mi apro all’infinito di Dio. Noi lo vedremo, come ci dice Paolo, a faccia a faccia, così come Egli è (1Cor13,12). E si attuerà quella parola che la Sapienza dice al capitolo 3: ‘Dio ha creato l’uomo immortale, per l’immortalità, secondo la sua natura l’ha creato’. Dentro di noi, quindi, c’è già l’immortalità per cui la morte non è altro che lo sbocciare per sempre della mia identità, del mio essere con Dio. La morte è il momento dell’abbraccio col Padre, atteso intensamente nel cuore di ogni uomo, nel cuore di ogni creatura”.

Lui ci ha lasciato tutta la sua vita, ci ha mostrato il vero rapporto con il Signore e la condivisione con i fratelli – conclude Wanda -. Noi che lo abbiamo conosciuto, dobbiamo riuscire a trasmettere ciò che lui era. Adesso siamo in attesa di nuovi sviluppi per quel che riguarda la causa di beatificazione. Ora don Oreste è Servo di Dio: possiamo invocare la sua intercessione affinché dal cielo ci aiuti. Don Oreste è morto, ma il suo carisma vive ancora oggi“.