Dio è nato dalla carne

Abbiamo iniziato questo percorso partendo dal soggetto, ovvero l’essere umano, che pone le domande e, di conseguenza, si pone nell’atteggiamento di ricerca di qualcosa. Siamo passati attraverso il Creato che ci circonda in quanto immagine di un Uno, di un Oltre che lo trascende per arrivare al riconoscimento dell’Altro, attraverso l’empatia, come fonte originale di reale Significato colto grazie alla relazione, per infine tornare a guardare l’essere umano sotto una nuova luce: la luce della “conversione interiore“, per la quale egli riconosce di essere anzitutto amato e voluto libero da Dio. La ricerca dunque comincia dall’umano in quanto capace di porre la domanda ma, qualora questa si arrestasse all’umano stesso, significherebbe il suo fallimento. Infatti, poiché nell’umano sono inscritti gli indizi di una Verità che lo supera e che lo fonda donandogli fine, identità e significato, la ricerca deve inevitabilmente proiettarsi verso l’Oltre per cercare, attraverso il linguaggio, di decodificarlo, di coglierlo, di accarezzarlo per infine riconoscere che le risposte alle sue domande non sono umanamente raggiungibili, bensì divinamente donate. E la ricerca allora, alla luce di questa consapevolezza, ritorna all’umano amato e al suo agire pratico nel mondo. Proprio per Amore, “Dio è nato nella carne“. Scrive ancora papa Benedetto XVI: “Il limite tra il prima di Cristo e il dopo Cristo non è un confine tracciato dalla storia o sulla carta geografica, ma è un segno interiore che attraversa il nostro cuore. Finché viviamo nell’egoismo, siamo ancora oggi coloro che vivono prima di Cristo”. 

In quanto amati – e, attraverso il Natale, festeggiamo la manifestazione nella carne umana di tale Amore – siamo chiamati alla solidarietà e alla unità con gli altri esseri umani e con il Creato: di certo per empatia, per relazione, per umanità, ma alla fine perché siamo tutti Figli e Figlie amati da Dio, ovvero fratelli e sorelle in Cristo. Tale “social catena”, della quale già Leopardi parlava all’interno della poesia La ginestra, non nasce per fronteggiare una Natura indifferente e, per questo, spesso maligna, ma perché, dopo essere divenuti consapevoli dell’Amore di Dio concretizzatosi nella carne umana, ci riconosciamo sorelle e fratelli gli uni con le altre e diveniamo capaci di slanciarsi verso quell’Oltre di cui tutti siamo espressione, del quale tutti portiamo dentro di noi i segni e che si esprime attraverso i gesti di Cura, Custodia, Misericordia, Perdono. Gesti umani, poiché ispirati a Dio e da Dio. “Non si dica più 'ha mentito, è umano; ha rubato, è umano'. Questo non è il vero essere umani. Essere umani vuol dire esseri generosi, volere la giustizia, la prudenza, la saggezza, essere a immagine di Dio”: è sempre papa Benedetto XVI a parlare. 

Negare tutto ciò, come scrive il filosofo tedesco Friedrich Jacobi all’interno delle proprie lettere, comporta negare Dio e affermare l’Io. Negare Dio comporta infatti il porsi dell’umano al posto e al di sopra di Dio; una posizione dalla quale è inevitabilmente destinato a cadere. O Io, o Dio. Altra alternativa non esiste. È lo stesso binomio che i personaggi di molti romanzi di Dostoevskij si trovano, in maniera spesso tragica, ad affrontare. 

Durante questo Natale, il pensiero e l’attenzione cadano sul cosa significhi essere degli esseri umani alla luce dell’Amore di Dio. Non degli esseri che naturalmente peccano e, attraverso tale definizione, arrivare alla giustificazione – rendere giusto – del peccato, bensì come esseri che, pur essendo affetti dal peccato, sono destinati alla serenità, alla pace, alla pienezza pregna di significato, alla gioia. Parafraso per l’ultima volta Ratzinger: per gioia non bisogna intendere quella “sensazione banale, che si fonda sulla dimenticanza degli abissi della nostra esistenza ed è pertanto condannata a precipitare nel vuoto. La vera gioia nella sofferenza non viene distrutta, ma soltanto portata a maturità”.