Vita consacrata, la sinfonia ispirata da Dio

Come ogni anno, ormai da ben 24 anni, si celebra oggi la Giornata della Vita Consacrata, e come ogni anno in questa Giornata, ci troviamo davanti alla pericope evangelica dalla festa che ospita: la Presentazione del Signore nel tempio.

Di nuovo incontriamo, come negli anni precedenti, le cinque figure che più spesso associamo alla vita consacrata: due persone anziane, una coppia e un bambino. Nessuna di loro consacrata a Dio in modo istituzionale, ma nello stesso tempo tutte immerse in Dio – ognuna a proprio modo. Tutto si svolge nel tempio: nell’atmosfera suggestiva narrata in molti quadri che mostrano grandi spazi sublimi, con possenti colonne, tessuti, altari, sacerdoti avvolti in abiti importanti – tutto in un gioco sapiente di chiaroscuri, dove la luce, più o meno radente, focalizza il Bambino Gesù, o Maria con Giuseppe. Tutto sublime, serio, in un certo modo travolgente. Le figure dei protagonisti sembrano piccole, quasi si perdono nell’immensità del sacro.

E questo contrasto paradossale sembra una buona metafora della vita consacrata – soprattutto oggi: una grande, ma necessaria tensione tra la gravità del sacro e le vite di singole persone, che vivono il loro rapporto con Dio. Questa tensione trova il suo sbocco naturale nella domanda: dedicare, offrire, consacrare la propria vita a Dio – che cosa significa? Negare la naturalezza e la bellezza della propria vita per inserirla proprio nel contesto di spazi immensi, belli ma anche travolgenti? Basta osservare in un chiostro medievale una giovane ragazza che inizia il suo percorso nel monastero – o un giovane novizio che pulisce le sculture barocche nella sua chiesa abbaziale. Nei nostri tempi questi contrasti sono ancora più forti.

Altro per quanto riguarda gli anziani che sembrano uniformarsi naturalmente all’ambiente sacro del tempio, assunto talvolta come propria casa: fu così per Simeone ed Anna. Che strada!! sia che sia già stata fatta o sia ancora da percorrere: dall’innocenza piena di progetti ed entusiasmo, alla maturità e saggezza acquisite anche attraverso tante vicende della vita!

Tutto viene abbracciato nel tempio, ma con Gesù Bambino al centro: pienamente immerso in Dio come il Figlio unigenito del Padre – un bambino piccolo, semplice, normale – ma anche eccezionale. Chi se n’era accorto? Sembra che solo questi due anziani l’abbiano riconosciuto. I suoi genitori – erano davvero consapevoli di chi fosse questo Bambino?

In questa scena si manifesta pienamente il mistero complesso e paradossale della vita consacrata: una tensione continua tra la gravità del sacro e la spontaneità leggera della giovinezza, tra la vita nuova e l’esperienza dell’età, tra le biografie personali e la legge istituzionale.

Non basta l’incontro personale con Dio? A che cosa serve questo peso degli ambienti sacri?

Maria non aveva bisogno della purificazione rituale. Gesù non doveva essere presentato a Suo Padre. Simeone e Anna non dovevano incontrare per forza questo bambino.

Ma nello stesso tempo tutti avevano bisogno di tutti. La scena sembra un quintetto musicale, dove ogni strumento si intreccia nelle melodie di altri strumenti. Non si sa perché proprio questi strumenti e non altri, perché questi motivi. Forse non si sente chiaramente il suono di tutte le note. È necessario affidarsi al Compositore che sa gestire le regole del contrappunto e dell’armonia per creare un pezzo di vita – leggero, commovente e trasformante, ma con la sua peculiare e unica atmosfera tessuta da vari giochi di associazioni lineari e di luce, intrisa di varie tensioni tra le cose più sublimi e personali e la gravità di spazi immensi e solenni…

La vita consacrata non è necessaria nella Chiesa, ma Dio l’ha ispirata. E non smette di suonare attraverso diversi strumenti e “musicisti” brani sempre nuovi e stupefacenti, estrapolando anche dalle armonie che sembrano più oscure e false nuove qualità espressive e salvifiche.

Alla vita consacrata – come alla musica – non si fa la domanda “perché?”, ma la si percepisce per quel che è, per sentire meglio il Mistero di Dio e, magari, cambiare qualcosa in sé stessi.