San Riccardo Pampuri, il medico al servizio della carità

Storia di un amore incondizionato verso il prossimo, tra l'assitenza medica e spirituale

“È una figura straordinaria, vicina a noi nel tempo, ma più vicina ancora ai nostri problemi e alla nostra sensibilità”. Così Papa Giovanni Paolo II si è espresso riguardo a San Riccardo Pampuri durante la Messa di beatificazione. Il medico e religioso di Trivolzio (Pavia) è senza dubbio un notevole esempio di dedizione intelligente e amorevole nei confronti degli ammalati, un modello per gli operatori sanitari e per tutti i cristiani che in queste ore sono costretti ad affrontare l’emergenza coronavirus. San Riccardo, al secolo Erminio Filippo, nasce nel 1897 in una famiglia molto numerosa. È il decimo di undici figli che purtroppo rimangono orfani molto presto. Erminio, infatti, perde la madre per tubercolosi a 3 anni e il padre in seguito a un incidente stradale quando ne ha 10. Educato dagli zii materni, fin da giovane comincia ad aprire la mente e il cuore agli ideali cristiani della santità e dell’apostolato.

Il forte desiderio di aiutare gli altri

Vorrebbe seguire la vita sacerdotale e missionaria dalla quale viene dissuaso per la gracilità della sua salute. “Da grande – afferma – voglio fare il medico. Voglio aiutare i bisognosi, essere utile a chi non ha la forza di andare avanti”. E infatti, dopo aver completato il corso di studi liceali, si iscrive e frequenta la facoltà di medicina. Chiamato alle armi per il primo conflitto mondiale, presta il servizio sanitario in zona di guerra, prima da sergente, poi da ufficiale aspirante medico. Un giorno compie un atto eroico: conducendo un carro tirato da una coppia di buoi, per 24 ore sotto la pioggia battente, riesce a mettere in salvo l’intero materiale di medicazione e, dopo essere stato accolto dai commilitoni che lo credono morto o in mano alle truppe austro-tedesche, riceve la medaglia di bronzo per la dedizione al dovere.

L’arte medica come una missione di carità

Fin dall’adolescenza professa apertamente e coerentemente il messaggio evangelico praticando le opere di misericordia; ama la preghiera e si tiene costantemente in intima unione con Dio durante la giornata. Finita la grande guerra si laurea in medicina e chirurgia col massimo dei voti. Durante la festa di laurea dice: “Tornai a casa con le idee chiare sul mio futuro: avrei dedicato la mia esistenza agli altri, avrei sacrificato me stesso per salvare più vite possibili e ora voglio trasformare l’esercizio dell’arte medica in missione di carità”. Conduce un apostolato molto attivo in numerosi fronti: nell’Azione Cattolica, nella parrocchia del paese dove fa il medico condotto, nell’organizzazione di esercizi spirituali per giovani, lavoratori della campagna e operai.

La grande somiglianza a San Giuseppe Moscati

Ogni mattina partecipa alla mensa eucaristica e trascorre intensi tempi di contemplazione all’Eucaristia. È devotissimo alla beata Vergine Maria recitando il Rosario anche più volte al giorno. “Questa è la mia arma prediletta – spiega lui stesso – con la corona il demonio fugge”. La sera, nonostante le fatiche della giornata, torna di nuovo a pregare dinanzi al tabernacolo. Visita gli infermi senza mai risparmiarsi 24 ore su 24, pure nei luoghi più sperduti. Oltre a essere molto studioso e competente, è estremamente sollecito, generoso e caritatevole. Essendo i malati in gran parte poveri, dà loro medicine, alimenti, indumenti, coperte e talvolta anche denaro, come faceva anche un altro grande uomo di Dio, San Giuseppe Moscati. Sono in tanti ad ammirare e restare affascinati dal dottor Pampuri, ma lui rimane sempre umile e coi piedi per terra. Infatti, si rivolge in questo modo alla sorella suora: “Prega affinché la superbia, l’egoismo e qualsiasi altra mala passione non abbiano ad impedirmi di vedere sempre Gesù sofferente nei miei malati, Lui curare, Lui confortare. Con questo pensiero sempre vivo nella mente, quanto soave e quanto fecondo dovrebbe apparirmi l’esercizio della mia professione!”.

Abbraccia la vita religiosa e diventa Fra Riccardo

All’età di 30 anni la sua intensa vita conosce una nuova svolta. Il dottor Pampuri diventa fra Riccardo abbracciando la vita religiosa ospedaliera nell’Ordine di San Giovanni di Dio (comunemente noto col nome di “Fatebenefratelli”) per poter così conseguire in modo ancora più proficuo i suoi ideali evangelici e, al contempo, mettere al servizio del prossimo sofferente le competenze mediche acquisite. Ma ciò non significa che all’interno del nosocomio non accetti anche i servizi più modesti: in molti lo vedono anche prendere la scopa in mano, quando c’è bisogno! Diventa direttore del Gabinetto dentistico annesso all’Ospedale dei Fatebenefratelli di Brescia, frequentato prevalentemente da poveri e operai, dove si prodiga instancabilmente attirandosi la stima di tutta la popolazione. Durante la sua vita religiosa è un esempio per confratelli, medici, infermi, personale paramedico e ausiliare.

La morte in età precoce

Il Signore, i cui disegni sono spesso imperscrutabili, lo chiama a sé prestissimo, alla stessa età di Gesù. Infatti, in seguito alla recrudescenza di una pleurite, contratta durante il servizio militare e degenerata in broncopolmonite, fra Riccardo muore a soli 33 anni. Il giorno precedente al trapasso, dice al nipote Alessandro: “Sono contento di andarmene. L’idea del Paradiso mi affascina e mi sto preparando come un uomo che sta per convolare a nozze”. Subito dopo la sua nascita al Cielo molti fedeli ottengono da Dio miracoli grazie alla sua intercessione. In tal modo la fama di santità, che già riscuoteva ampiamente in vita, si diffonde in Italia, in Europa e negli altri continenti, finché la Chiesa, nel 1989, lo eleva solennemente all’onore degli altari.