Essere nel mondo senza essere del mondo

L'evento della nascita di Cristo ricorda che, oltre le brutture tipiche dell’essere umano appartenente ad ogni epoca, esiste un Amore il quale, come scrive San Paolo, “tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta“; un Amore capace di trasformare le fragilità umane in occasioni di Bellezza pregna di significato, capace di Perdonare, di Redimere e di Salvare, di guardarci, accoglierci e sollevarci dal personale pantano attraverso una relazione sempre umana, ma allo stesso tempo sempre ispirata al divino. “Dio non è un “motore immobile, come lo definiva Aristotele. Il nostro è un Dio che rinuncia alla sua 'immobilità' perché egli è il moto stesso dell’amore“: la frase deriva dal commento al Vangelo del 10 dicembre scritto da Don Luigi Maria Epicoco. Abbiamo bisogno di saperci sostenuti, curati, accolti, amati da un Dio non indifferente, bensì presente nella carne umana. Il fatto che questo sia un bisogno umano non svaluta in alcun modo il valore di tale bisogno (come potrebbe sottolineare Feuerbach). Anzi: lo esalta e lo proietta verso quell’Origine dalla quale questo nasce.

Per un momento, mi collego alla mia esperienza personale – la quale, di conseguenza, non deve essere presa in considerazione per formulare tesi generali: dopo aver conosciuto molte persone all’interno di una certa realtà, ho avuto modo di sperimentare cosa significhi essere amati, essere chi-amati ed essere guardati con quegli occhi misericordiosi in quanto memori della Misericordia di Dio. Ciò non significa che tale realtà abbia valore per tutti: ognuno infatti possiede i propri contesti nei quali sentirsi chi-amato. Ma da quel poco che posso aver compreso, essere cristiani significa, secondo le parole del sacerdote e scrittore Matteo Mioni, anzitutto sapere di essere amati. Non sentire di essere amati, bensì sapere: nessuno, nemmeno un santo, avverte l’Amore di Dio su di sé quotidianamente (come ben dimostrano le lettere di Santa Madre Teresa di Calcutta); se così fosse, non sussisterebbero dubbiosi, scettici, gente in ricerca. È dalla luce di tale consapevolezza che sgorga l’azione. Il discrimine è proprio una consapevolezza, una conoscenza: colui che non sa, infatti, non agisce, né cambia il proprio agire; colui che, invece, sa ed è consapevole, orienta le proprie azioni in maniera diversa rispetto ad un prima nel quale non era consapevole. Il non farlo implicherebbe una altrettanto consapevole scelta. Basti guardare ai movimenti sociali legati all’ambiente che, grazie ad un processo di lenta consapevolizzazione, nel corso del 2019 hanno portato a guardare sotto una nuova luce il nostro agire sul circostante e le problematiche riguardanti l’inquinamento.

Una volta che si sa, non si può non agire, poiché il sapere chiama alla responsabilità e la responsabilità chiama all’azione. Non agire significa scegliere di ignorare ciò che si sa. Convertirsi allora è avere fede nell’Amore che, per primo, ama; è, di conseguenza, agire nel pratico quotidiano secondo tale consapevolezza, preservando ciò che è riconosciuto come affidato: l’Altro, il Creato; gli amici, le persone che reputiamo importanti, i bisognosi che, impotenti, risentono di una situazione che noi abbiamo contribuito a costruire; l’ambiente, la nostra bella Terra pregna di significato e dalla quale ogni significato nasce. Alla fine, parafrasando la romanziera Isabel Allende, non possediamo nient’altro se non questo: ciò che diamo alla nostra casa, ai nostri fratelli e alle nostre sorelle. E non ci viene chiesto niente, se non un’opera di Coltivazione e di Custodia. Il cristianesimo, oggi, non ha bisogno di seguaci o di adepti che si scaglino razionalmente contro coloro che pensano in maniera diversa, bensì di testimoni che, silenziosamente, siano capaci di vivificare il mondo laddove il mondo non è più capace di generare, Coltivare e Custodire la vita. “Come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. […] L’anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo […], ma essi sostengono il mondo”: la Lettera a Diogneto, scritta riferendosi alle prime comunità cristiane, risulta ancora essere di una attualità disarmante all’interno del mondo contemporaneo.