“Don Roberto era l’incarnazione di San Francesco. E mi direbbe: non odiare”

Interris.it pubblica la lettera a cuore aperto di Marina, l'amica di don Roberto, il prete degli invisibili.

“Cari amici come molti di voi conoscevo bene don Roberto e, come tutti voi, ammiravo la sua disponibilità ad ampio spettro. Lo chiamavo San Francesco e lui si scherniva. Se c’è una cosa che mi direbbe stamattina è questa: “non è colpa del ragazzo, lui è una vittima come gli altri, come me. Non dare la colpa a lui. Chi mi ha tolto la vita aveva problemi psichici: dimmi, cosa potevamo fare di più per aiutarlo?” Ecco domandiamoci, e chiediamo a chi può farlo, perché don Roberto era SOLO ad occuparsi di gravi marginalità, dei ragazzi che nessuno vedeva, ed era l’unico ad avere sempre la porta aperta per chiunque. Chiedo ai politici di non strumentalizzare la morte di don Roberto: non era il prete dei migranti come scriveranno i giornali. Lui era il prete degli invisibili. Io sono cattolica, ma la Chiesa dei palazzi mi ha profondamente delusa da molto tempo. Non mi ritrovo tra calici d’oro e vesti riccamente ricamate a mano, dal costo di migliaia di euro. Io stavo bene con don Roberto, nella semplicità della condivisione del tè versato da un termos in stazione, in bicchierini di carta, o nel tagliare i panini e farcirli di Nutella e marmellata. Voi non c’eravate e non avete visto don Roberto prendere per mano l’ultimo degli ultimi, quello disagiato, quello ammalato, quello che nessuno voleva e nessuno accoglieva: non lo avete visto di notte, con il freddo, raccogliere quell’uomo sconosciuto e portarlo a casa sua, farlo dormire al caldo perché non c’era una brandina per lui nella tenda di via Sirtori, quella tenda che ripuliva la coscienza. Troppo facile per gli alti prelati con le catene (ops) … i crocifissi d’oro appesi al collo dire “era uno di noi”: signori, don Roberto, era l’incarnazione di San Francesco, lui non predicava il Vangelo dal pulpito, lo viveva fino alla morte. Ora con le lacrime agli occhi, con il cuore che fa male vi dico che a me don Roberto ha insegnato qualcosa e quel qualcosa è non odiare. Lui vorrebbe così e io posso solo provare a seguire le sue orme…”

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