A proposito della legge sugli agriturismi lombardi

Riportiamo il commento di un nostro lettore che ci ha inviato il suo contributo riguardo l'articolo “Spunti di autarchia”:

Egregio Direttore,

leggo con un certo sconcerto l'articolo in oggetto. Premesso che non sono del settore e che sono un semplice pensionato non iscritto ad alcun partito, dunque il mio intervento non è interessato, mi pare, per puro rispetto del buonsenso e per correggere le esagerazioni, sia doveroso far presente quanto segue, evidenziando che tutte le successive notizie ed i dati li ho desunti da internet, dunque facilmente controllabili.

In primo luogo la nuova legge in oggetto è stata approvata con i voti favorevoli della maggioranza, 1 voto contrario e con l’astensione di tutti gli altri consiglieri. La qual cosa, mi pare, tenendo presente che quando l’opposizione si astiene praticamente approva, mi pare che tolga ogni definizione di poca chiaroveggenza alla legge, a meno che tutti i consiglieri lombardi siano diventati folli, o poco lungimiranti come parrebbe di intendere dall’articolo.

In secondo luogo la legge non fa che aumentare del 5% le quantità presenti nel testo precedente per quel che riguarda gli alimenti di autoproduzione e del 10% l’obbligatorietà del fatto che gli alimenti siano originari della zona (estensivamente la Lombardia).

Dunque un buon 20% di prodotti non “autarchici” potrà comunque essere servito negli agriturismi a parte il vino ed il pesce che, invece, devono essere solo di origine lombarda (in Lombardia c’è la più vasta area lacuale d’Italia ed una delle più ampie produzioni vinicole, di ogni tipo, pregio e gusto, nazionali). Sono comunque previsti casi, in occasione di necessità emergenziali, in cui le percentuali di cui sopra possano essere temporaneamente sospese.

Inoltre, almeno per quel che ho letto, pare che i proprietari di agriturismi si siano detti soddisfatti ed intendano fungere da “vetrina” della gastronomia lombarda, la qual cosa potrebbe essere una buona leva di marketing ed aumentare potenzialmente il loro giro d’affari e, chissà, magari incrementare anche l’occupazione, seppur di poco (viste le quantità).

Sebbene nell’articolo lo si faccia notare, ancorché in maniera un po’ marginale, si potrebbe dedurre, dalla sua lettura, che la normativa sia generalizzata, mentre è riservata ai soli agriturismi che, in Lombardia sono poco più di 1.600 contro i quasi 30.000 ristoranti dove si possono trovare cibi di ogni regione, nazione, tipo e gusto. Dunque siamo ad una percentuale di poco superiore al 5% che non credo proprio possa far lanciare l’accusa di autarchia come invece viene evidenziato, quasi drammaticamente, nell’articolo.

Non credo proprio, dunque, che quanto paventato si verificherà mai, e che continueremo a bere il vino italiano (non solamente lombardo) e a gustare il pesce del Mediterraneo, non solo in Germania e in Ungheria, ma anche nelle migliaia di ristoranti lombardi.

Complimenti per il vostro quotidiano on line e cordiali saluti.

 

Massimo Schiavi