A differenza dell’ “uomo Del Monte”, il Presidente della Federal Reserve americana ha detto “no”. Jerome Powell ha detto che Libra, la moneta digitale che Facebook vuole introdurre sul mercato, deve essere fermata. Non un capriccio o chissà quale motivazione dall’oscuro retroscena: le pesanti parole dell’alto funzionario statunitense poggiano su serie e concrete preoccupazioni che sembrano essere sfuggite agli esperti finanziari o ai responsabili delle istituzioni che in giro per il mondo non si sono certo sperticati a discutere, riflettere e esporre la propria opinione all’annuncio della prevista invasione di Zuckerberg anche nel mondo del denaro e dei pagamenti elettronici.
Inebetiti dallo strombazzamento della nuova iniziativa del padrone di Facebook, Instagram e WhatsApp, anche i mezzi di informazione (non di rado totalmente disinformati in materie così complesse e delicate) hanno saputo solo far rimbalzare – senza contraddittorio alcuno – l’entusiasmo sprizzato da ogni poro del fagocitante mostro dei social network.
Vittime inconsapevoli di una sorta di Sindrome di Stoccolma, anche gli utenti (privati di qualunque spiegazione indipendente dalle pressioni del colosso informatico) hanno subito plaudito alla novità. La gente ha dimenticato di aver già ceduto a Zuckerberg ogni segreto della propria vita con il dissanguamento volontario della riservatezza dei dati personali effettuato pubblicando fatti privati e persino opinioni che non di rado era preferibile non manifestare. Nessuno si è reso effettivamente conto che quel battere le mani all’ennesimo business emergente dagli uffici californiani di Menlo Park equivale al gioire nello stringere le catene virtuali che tengono in schiavitù oltre due miliardi di persone che adoperano il social network. La rivoluzionaria valuta pronta ad esser diffusa darà la possibilità a Zuckerberg di controllare non solo la mente e il cuore degli iscritti alle sue piattaforme, ma anche di avere dominio totale sulle rispettive possibilità economiche e di influire sulle scelte di spesa.
Nel totale colpevole silenzio dei suoi omologhi (sulla scena internazionale e anche da noi in Italia) mister Powell, invece, ha dichiarato con grande determinazione che il varo della moneta digitale Libra “cannot go forward”, cioè non deve andare avanti. Il progetto e le attività a questo correlate devono essere bloccate se prima non vengono chiarite le tante (e forse troppe) fonti di preoccupazione.
I timori sono i più diversi e alcuni di questi sono fin troppo lapalissiani. I rischi per la privacy non credo abbiano necessità di esser illustrati e quelli inerenti alle nascenti opportunità di riciclaggio sono evidenti anche a chi con queste cose ha poca dimestichezza. A mero titolo di esempio, sul pianeta Facebook – dove abbandonano profili di fantasia oppure (quel che è peggio) aperti con dati anagrafici sgraffignati a individui ignari della circostanza – non ci sarà alcuna garanzia di sapere con ragionevole certezza chi avrà eseguito un movimento finanziario o effettuato un pagamento elettronico. L’invisibile denaro elettronico che scorrerà nella struttura vascolare predisposta da Zuckerberg e dai suoi partner sarà caratterizzato da una rara opacità.
Il numero uno dell’organismo regolatorio Usa aggiunge che è in ballo anche la protezione dei consumatori e la stabilità dei mercati finanziari. Non lo ha detto con un tweet o con una diretta Facebook (magari addentando una fetta di pizza in autogrill o in costume da bagno da uno stabilimento balneare della riviera romagnola), ma ne ha parlato mercoledì 10 luglio nella sua relazione semestrale sulla politica monetaria dinanzi al Financial Service Committee della House of Representatives (equivalente alla nostrana Commissione Finanze della Camera dei Deputati). Powell ha tenuto a sottolineare che gli attuali strumenti normativi mal si adattano alle valute digitali e che è necessario affrontare la questione in maniera sistematica.
Speriamo che qualcuno faccia tesoro del suo discorso. Mi auguro che – tra un selfie in mezzo ai fan e qualche dichiarazione razzista o sessista – chi ha responsabilità (e senso di responsabilità) nel nostro Paese cominci ad occuparsi della faccenda.