Numero chiuso: la querelle infinita

Si sono svolte le prove di ingresso per l’iscrizione alle facoltà a numero chiuso. Solo per restare a quelle che tradizionalmente adottano tale sistema selettivo, vale a dire medicina e chirurgia, veterinaria e odontoiatria, i numeri ancora una volta sono considerevoli e in espansione.

Gli aspiranti medici quest’anno sono 67.005, poco più dello scorso anno, per 9.779 posti disponibili ovvero quasi 700 in più. Quindi uno su sei avrà la possibilità di entrare; una percentuale pressoché analoga agli aspiranti veterinari. Si tratta di un grande business per le Università se si considera che il giro d’affari previsto è oltre 3 milioni di euro in quanto gli interessati sono tenuti ad un preventivo versamento, variamente quantificato dai vari Atenei, per poter partecipare.

Tuttavia, la questione centrale resta quella del numero chiuso o programmato, come diversamente alcune Università preferiscono definirlo, utilizzando una formula più politicamente corretta, ovvero se l’introduzione di un numero limitato di iscrizioni sia legittimo oppure in contrasto con il diritto allo studio garantito dalla nostra Carta Costituzionale.

Inutile ricordare che in merito a tale problematica vi sono stati vari interventi giurisdizionali e sinanche, alcuni anni fa, quello della Corte Europea dei diritti dell’uomo che stabilì che il numero chiuso all’Università è del tutto legittimo e non in contrasto con i principi della Convenzione Europea.

Eppure, nonostante la decisione dei giudici di Strasburgo, l’annosa querelle, come si può vedere, è tutt’altro che superata in quanto non pochi sono coloro che continuano a considerare fortemente ingiusta e discriminatoria tale modalità selettiva.

Non di meno la pianificazione delle iscrizioni universitarie prevista dalle leggi ormai da tempo in vigore nel nostro Paese, non eccede il margine di discrezionalità riconosciuto ai singoli Stati (infatti il tema non riguarda soltanto l’Italia) in questo ambito.

Pur essendo assolutamente incontestabile che il diritto allo studio sia inviolabile, non possiamo dimenticare che proprio la nostra Costituzione garantisce nettamente l’istruzione unicamente “ai capaci e ai meritevoli, anche se privi di adeguati mezzi di sostentamento”, coloro che possono vantare un diritto pieno ed assoluto “di raggiungere i più alti gradi degli studi” per i quali soccorre un vero e proprio obbligo statale di sostegno.

La questione pertanto non è quella impropriamente enfatizzata del numero chiuso, quanto piuttosto l’individuazione di più efficaci strumenti che consentano modalità di selezione tali da far emergere, quanto più possibile, il merito e le capacità delle aspiranti matricole e la loro attitudine e predisposizione ad intraprendere quel cursus studiorum.

Una più compiuta tutela del diritto allo studio, diversamente da quanto si vorrebbe far credere, non passa attraverso l’abrogazione del numero chiuso bensì garantendo una effettiva e altamente qualificata formazione universitaria, soprattutto a favore dei numerosi ragazzi che nonostante il loro desiderio e capacità, risultano penalizzati in quanto economicamente impossibilitati a perseguirlo a causa delle crescenti difficoltà che sempre più famiglie sono chiamate a fronteggiare.