Un Ministero della Pace: ecco la sfida del prossimo Governo

Sarebbe senz’altro una scelta rivoluzionaria. In un contesto di dispendio di risorse finanziarie per produrre armamenti, di conflitti bellici e di minacce che avvelenano il clima politico internazionale, in Italia il prossimo Governo potrebbe istituire un Ministero della Pace.

Questa è la proposta che giunge dall’Associazione Comunità Giovanni XXIII (Apg23), con la campagna “Ministero della Pace, una scelta di governo”, nata con l'idea che “le istituzioni debbano costruire la pace insieme alle forze della società civile che già da anni si spendono sul campo, in Italia e all’estero, con gli strumenti del dialogo e della nonviolenza”.

È un modo per raccogliere il testimone ideale del fondatore don Oreste Benzi, il quale affermava: “Da quando l’uomo esiste ha sempre organizzato la guerra. È arrivata l’ora di organizzare la pace”. Di questa proposta In Terris ne ha parlato con Nicola Lapenta, responsabile per il Servizio Civile della Apg23.

Perché chiedere l'istituzione di un “Ministero della Pace”?
“Lo chiediamo perché sul tema della pace, in particolare, avvertiamo una carenza di visione politica. Molti altri prima di noi hanno parlato della pace come di una questione politica unificante. Dovrebbe essere, come previsto anche nella nostra Costituzione, la questione principe di cui un Governo si deve occupare. Invece, notiamo che sì ci sono iniziative che contribuiscono a costruire la pace, però sono molto spesso scoordinate tra loro in quanto manca una visione politica di insieme per perseguire questo obiettivo. Ecco, il ‘Ministero della Pace’ servirebbe a creare questa visione politica di insieme”.

Anche per evitare un’ulteriore spesa, anziché creare un Ministero, non si potrebbe istituire all’interno del Ministero della Difesa un Dipartimento sulla risoluzione pacifica delle controversie internazionali?
“Il Ministero della Difesa ha subito delle evoluzioni nel corso della storia: basti pensare che un tempo si chiamava Ministero della Guerra. Oggi, tuttavia, ancora non mi sentirei pronto ad affidare a questo Dicastero le funzioni per il perseguimento della pace. Purtroppo, se guardiamo al bilancio del Ministero della Difesa, le spese per la costruzione della pace esistono, ma sono residuali. E poi un Dipartimento è un istituto differente dal punto di vista amministrativo, per la cui creazione esiste già una campagna con la quale siamo in assoluta sinergia che si chiama ‘Un’altra difesa è possibile’. Un ‘Ministero della Pace’ ad hoc avrebbe più poteri, ad esempio potrebbe creare progetti da realizzare di concerto con altri Ministeri”.

Ad esempio?
“Penso a un’eventuale sinergia con il Ministero dell’Istruzione. Si potrebbe offrire quel contributo specifico che la pace richiede alle politiche per la scuola. Io ho quattro figli che sono nel percorso della scuola dell’obbligo: sogno che un giorno, già a partire dalla scuola, possa loro venir insegnato a trasformare pacificamente i conflitti. Se ciò avvenisse, probabilmente loro si formerebbero come uomini molto migliori di me, perché molto più capaci a vivere in una società di pace”.

Nel mondo esistono Paesi in cui c’è già un istituto simile?
“Sì. Il Costa Rica, oltre a non avere l’esercito, ha il Ministero di Giustizia e Pace. Ci sono le Isole Salomone, c’è il Nepal, che pure parte da una situazione diversa ma ha un Ministero deputato alla pace. E ci sono poi una serie di Paesi, tra cui l’Australia, che stanno cercando di realizzare Ministeri simili. Esiste una rete internazionale, che lavora alacremente in questo senso da diversi anni”.

Pensate sia verosimile che l’Italia, considerando il suo peso geopolitico e il ruolo che riveste nella Nato, possa sposare una simile proposta?
“Sicuramente ci vuole molto coraggio istituzionale, culturale, sociale e politico. Penso che sarebbe una proposta vincente, consentendo al nostro Paese di essere un ago della bilancia in situazioni in cui esso è impegnato”.

Avete già interlocutori politici su questo tema?
“In questa fase di campagna elettorale, non ci sono soggetti che pubblicamente si sbottonano. Però c’è chi sembra ben disposto rispetto alla nostra proposta”.

Sono esponenti di vari schieramenti politici?
“Sì, sono trasversali. Del resto per noi la politica è più alta della logica partitica, quindi ci facciamo interlocutori con tutti”.

Qual è il profilo del ministro della Pace?
“Dovrebbe essere una persona coraggiosa, con esperienza sul campo in tema di conflitti, dunque capace di portare la sua competenza nell’alveo politico. Don Oreste avrebbe detto ‘una persona non sclerotizzata’, giovane. Io penso a persone della società civile, ma anche del mondo accademico”.