Suicidio assistito: la posizione del Comitato di Bioetica

A meno di due mesi dal 24 settembre, data fissata dalla Corte costituzionale come termine entro il quale il Parlamento dovrebbe legiferare sul suicidio assistito, il delicato tema si introduce nuovamente nel dibattito pubblico. La riflessione non è stata però stimolata dalla politica, incagliata in un guado dal quale non sembra uscire una posizione condivisa sulla questione, bensì dal Comitato nazionale di bioetica (Cnb), che ha pubblicato, quale organo consultivo della Presidenza del Consiglio, il proprio parere in materia di eutanasia e suicidio assistito.

“Spiegare la differenza con l'eutanasia”

Votato da 13 membri su 24, il documento affronta il tema in modo generico, senza far trapelare una posizione netta. Lo spiega, del resto, lo stesso presidente del Cnb, Lorenzo d'Avack. “Non è un'apertura al suicidio assistito – dice -. Vorrei che il parere fosse un utile strumento, molto documentato, che possa aiutare il legislatore a prendere decisioni. Abbiamo voluto fare chiarezza ed esporre tutti gli argomenti, pro e contro“. Il Cnb ha poi sottolineata l'importanza delle cure palliative. Di qui la raccomandazione a garantire ai malati un “alto standard di cure e di trattamenti”, aumentando le informazioni per evitare “che le domande di assistenza al suicidio siamo motivate da sofferenze che potrebbero essere trattate con il consenso della persona malata, in maniera efficace”. Per d'Avack, in sostanza, non si è voluto stabilire se c'è una maggioranza “a favore del suicidio assistito”, bensì “spiegare alla società e al mondo politico che cosa sia esattamente il suicidio assistito, molto spesso confuso con l'eutanasia“.

Scienza e Vita: “Dal suicidio assistito si passa all'eutanasia”

Aspetto, quest'ultimo, che suscita diverse perplessità in Alberto Gambino, presidente di Scienza e Vita. Intervistato da Tv2000, egli parla di una “insidia”, quella per cui si parte dal suicidio assistito “per arrivare all'eutanasia e introdurre nel sistema sanitario nazionale la possibilità di accedere alla morte con la somministrazione di un farmaco letale, che inesorabilmente significa anche abbandono di alcuni pazienti, spesso quelli che hanno meno cari accanto e che anche per motivi di esigenze economiche potrebbero essere spinti verso questo esito”. Gambino ha ricordato che “nell'Ue ci sono tre Paesi che sono partiti con il suicidio assistito e sono arrivati all'eutanasia: il Belgio, l'Olanda e il Lussemburgo, gli altri 25 Paesi Ue non hanno né il suicidio assistito né l'eutanasia; dunque – il suo monito – bisogna fare molta attenzione perché l'Italia sarebbe il quarto Paese in Europa che, partendo dal suicidio assistito, nel momento in cui viene coadiuvato da un medico, passerebbe all'eutanasia“.