Sinti e Rom: quale strada per l’integrazione?

La prima persona che venne deportata in un campo di concentramento per effetto delle leggi razziali si chiamava Milka Emila Goman. Come ripete lei stessa in una intervista registrata da Luca Bravi e presente su Internet, a 18 anni Milka venne portata nel campo di sterminio di Nione, vicino a Campobasso, dove trascorse tre anni. La giovane vittima delle leggi razziali promulgate in Italia nel 1938 era una donna Rom che si era rifugiata nel nostro Paese per sfuggire alle persecuzioni che scuotevano la Croazia, sua terra di origine. Per ricordare storie come quella di Milka, il 2 agosto di ogni anno ricorre il Rom Genocide Remembrance Day, la giornata del ricordo del genocidio degli zingari.

Oggi

“In Italia i Rom, popolo non violento per tradizione, sono spesso considerati alla stregua di subumani”, denuncia sconsolata Natascia Mazzon, la referente della Comunità Papa Giovanni XXIII per i Rom, i Sinti e i Camminanti. “Nel nostro Paese, 82 Italiani su 100 nutrono sentimenti di ostilità o di aperto odio verso il popolo zingaro. Sono decenni che viene soffiata una campagna di odio razziale”, non usa mezzi termini Marcello Zuinisi, responsabile legale dell'Associazione Nazionale Rom, che rappresenta anche le comunità Sinti e Camminanti in Italia. I dati statistici presentano però un quadro più complesso. Se da un lato, infatti, la popolazione complessiva delle tre comunità conta nel nostro Paese circa 180 mila persone, pari a meno dello 0,3% della popolazione, si tratta tuttavia di un gruppo sociale che presenta una percentuale di devianza probabilmente maggiore rispetto a quella di altri gruppi. Il problema è la mancata integrazione. “Sicuramente l'esclusione sociale genera criminalità. Le faccio un esempio preso dalla vita di tutti i giorni: se un Sinto o un Rom ha un cognome riconosciuto come tipico di quell'etnia, non troverà mai un lavoro. L'esclusione sociale passa anche dal problema della casa. Non è proprio possibile che un Rom abbia un contratto d'affitto”, spiega in una lunga intervista a In Terris Natascia Mazzon. E così “circa 35-40 mila persone vivono nei campi, sia in quelli formali sia in quelli informali, in condizioni spesso disumane”, dice Marcello Zuinisi. “Per esempio, nel campo di Castel Romano, a due passi dalla Capitale, ci sono stati negli ultimi 5 anni 73 morti per malattie infettive come tubercolosi o leptospirosi”. Si tratta di malattie evitabili e, nella maggioranza dei casi, curabili. Le condizioni di vita nei campi influenzano negativamente anche l'aspettativa di vita, che è di 10 anni più bassa rispetto al resto della popolazione italiana, mentre il 55% dei Rom ha meno di 18 anni.

I volontari

Eppure sono molti i progetti e le organizzazioni non governative che si occupano dell’integrazione di Rom, Sinti e Camminanti nella società italiana. “Il principio generale di ogni intervento per ridurre l'emarginazione deve essere sempre la condivisione dei principi fondamentali, con tutte le parti: enti locali, pubbliche amministrazioni e rappresentati delle comunità Rom, che devono presentare le loro proposte. Questo non avviene ed è per questo che molti progetti falliscono. Spesso sono sviluppati da persone che non conoscono i Rom. Si progetta, si studia e si elaborano progetti senza conoscere le specificità della situazione”, continua Mazzon, che da anni vive quotidianamente a fianco dei membri della comunità. “In questo senso va applicata la Strategia Nazionale di Inclusione di Rom, Sinti e Caminati, valida dal 2012 al 2020, ma che verrà probabilmente prorogata. Questa strategia, elaborata grazie al lavoro interministeriale, fornisce gli strumenti concreti per l'inclusione. Basterebbe che gli enti locali la conoscessero e che l'applicassero”, conclude l'animatrice della Comunità Papa Giovanni XXIII. Complessivamente lo Stato ha stanziato quasi 10 milioni di euro per progetti a favore dell'integrazione dei Rom che vivono in condizioni di emarginazione e povertà. Eppure, le autorità sembrano voler andare avanti con gli sgombri, “soprattutto adesso, dopo la direttiva Salvini del 15 luglio. Il denaro stanziato è sparito e le persone continuano a vivere nel degrado dei campi”, spiega Marcello Zuinisi. Non solo: “la direttiva del 15 luglio autorizza il censimento dei luoghi abitati dai Rom -anche le abitazioni private in muratura. Tutto questo va contro l'articolo 3 della Costituzione italiana (lo ricordiamo qua, per chi lo avesse dimenticato: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali). E così la mattina del 1 agosto 2019, Marcello Zuinisi, a nome dell’Associazione Nazionale Rom, avrebbe presentato una denuncia formale contro il Ministro dell’Interno Salvini e contro il Prefetto di Piacenza Maurizio Falco, che ha avviato la direttiva del 15 luglio 2019 nel territorio di sua competenza, inviando i vigili a censire le abitazioni delle famiglie di origine Rom. Per rincarare la dose, nella serata del primo agosto, il ministro Salvini si è rivolto in una intervista a Skytg24 ad una donna Rom che gli augurava un attentato con il termine “zingaraccia”. “Non c'è niente da commentare”, sottolinea Mazzon “credo che Salvini abbia molto da approfondire sul popolo Rom”. Tuttavia, il post su Facebook che rilanciava la frase ha totalizzato il numero più alto di like della giornata.