Pensioni d’oro, Serenella Pesarin: “Lo Stato rompe le regole”

Da qualche giorno è entrato in vigore il provvedimento che taglia le pensioni d’oro. In Terris ne ha parlato con la sociologa e psicologa Serenella Pesarin. Che inoltre per molti anni è stata al vertice del Dipartimento per la Giustizia Minorile. Nella sua lunga e brillante carriera ha promosso politiche per attuare e realizzare percorsi trattamentali anche di tipo innovativo e sperimentale, volti ad un effettivo reinserimento familiare, sociale e lavorativo dei minori e giovani adulti, in conflitto con la legge. Tutto ciò senza trascurare la famiglia: un marito, 3 figli e 5 nipoti. 

 

Dottoressa Serenella Pesarin per più di 15 anni lei ha ricoperto importantissimi incarichi al Ministero di Grazia e Giustizia. Ora rischia che la sua pensione venga tagliata notevolmente. Cosa ne pensa?
“Io sono andata via percependo 137mila euro lordi all’anno. Però il calcolo non mi è stato fatto sul contributivo: visto che il governo Renzi nella legge di bilancio 2015 cambiò le regole in base alle convenienze dello Stato. Nel mio caso, fino al 2011, avrei dovuto ricevere la pensione in base al calcolo retributivo, poi con il contributivo. Alla fine hanno optato per il retributivo. Per cui se avessi versato 42 anni di contributi ad una assicurazione o ad una cassa, la mia pensione sarebbe molto più alta di quella che percepisco adesso”. 

Non sarebbe più opportuno far dare qualche contributo una tantum a chi guadagna bene, invece che tagliare le cosiddette pensioni d’oro?
“Anni fa, quando lavoravo, ho fatto la mia parte. Infatti il contributo di solidarietà lo ritengo giusto. Specialmente nel momento in cui ci sono difficoltà drammatiche nel Paese. Bisogna dare la speranza a tutti. Adesso non si capisce per quale motivo sono state colpite solo alcune categorie di pensionati. Voglio dire che da tutta questa normativa restano fuori avvocati, notai, giornalisti, sindacalisti, parlamentari, infermieri e medici. Quindi non si tocca chi ha un lavoro con stipendi generosi. E allora mi domando: quale principio di equità? La verità è un’altra”.

Quale?
“Nel secolo passato abbiamo abbattuto il Dio celeste, poi abbiamo distrutto la famiglia e la differenza biologica tra padre e madre. Questo ha significato l’eclissi del padre che mediava sulla verità, le regole e sull’etica in generale. Quando lo Stato rompe le proprie regole senza rispettare un principio di equità, perché per correttezza avrebbe dovuto chiederlo a tutti il contributo, lei capisce che vuole rottamare le persone anziane. Ciò significa rompere il patto intergenerazionale. Di fatto, paragonando le persone in età avanzata al cavallo di Troia, le si fa diventare capro espiatorio di manzoniana memoria. Noi invece ai giovani dobbiamo dare lavoro”. 

Chi lavora tutta la vita ha diritto alla pensione, però forse è il caso di ripensare il nostro sistema di welfare. Lei cosa farebbe?
“Nel 1978 Tina Anselmi si trovò in una situazione simile all’attuale, altro che reddito di cittadinanza. Avrei aumentato il contributo per chi è in estrema difficoltà. Poi dentro i ministeri avrei fatto censire, con le regioni e gli enti locali, tutte le piante organiche. Perché da anni non si fanno concorsi e in quei pochi non c’è meritocrazia. Lo sappiamo che succede ed è una grave ingiustizia verso i giovani. Inoltre la burocrazia è scadente e se non funziona c’è corruzione. Quindi niente sviluppo”. 

Cosa replica a chi accusa i pensionati d’oro di privare il futuro ai giovani?
“Mi perdoni ma la mia non è ruberia, dato che ho pagato tutti i contributi e, ripeto, nei miei confronti non è stata applicata la normativa prevista. Dunque è lo Stato che sta facendo la ruberia. Io mi sento come Cesare quando è stato pugnalato da Bruto. Come ci si fa a fidare di uno Stato che dà del ladro alla propria classe dirigente. Inoltre mi faccia aggiungere una cosa”.

Prego…
“Ho saputo di gente che fa finta di essere separata per evitare le tasse, poi però il divorzio non arriva mai. Noi, invece, dobbiamo lavorare per ripristinare le relazioni che reggono le comunità. Le regole sono importanti, perché se uno Stato le cambia quando vuole, non ci dobbiamo meravigliare del disagio dei nostri ragazzi”.