Mozioni anti-aborto: Verona chiama, Roma e Milano rispondono

Il consiglio comunale di Verona è stato precursore. Con ventuno voti a favore e sei contrari, ad inizio mese ha approvato una mozione che impegna la città scaligera a finanziare le associazioni che si spendono per sostenere le gravidanze difficili offrendo alle donne un'alternativa all'aborto. Ne sono seguite roventi polemiche. Ma Verona ha rappresentato anche un modello, che ora si tenta di riproporre a Roma, a Milano e, chissà, forse anche altrove nei prossimi giorni.

La mozione in Campidoglio

Ampia risonanza ha avuto quanto si è consumato in Campidoglio. Fratelli d'Italia, prima firmataria Giorgia Meloni, vuole proclamare ufficialmente “Roma città a favore della vita”. Si chiede di “predisporre un piano straordinario che rimetta al centro delle politiche capitoline la famiglia e la natalità, a partire dalla leva fiscale con il quoziente familiare” e di “prevedere nella prossima manovra di bilancio le risorse necessarie per sostenere i Centri di Aiuto alla Vita operanti sul territorio” e “ulteriori progetti e servizi finalizzati ad informare le donne sulle alternative all'interruzione volontaria della gravidanza“. Il voto, che sarebbe dovuto esserci ieri, è slittato a giovedì. Numeri alla mano, tuttavia, sembra che l'idea di FdI di rendere la Città Eterna baluardo a favore della vita sia destinata a vanificarsi dinanzi alla decisione del gruppo di maggioranza, il M5s, di votare contro. L'ipotesi ha comunque agitato i gruppi femministi. Ieri sotto la statua di Marco Aurelio si sono radunate le attiviste di “Non una di meno” per – dicono – “difendere la legge 194”.

Il sostegno alle femministe di Leonori e Fassina

L'onda femminista, più che sulle strade, dove somiglia piuttosto a un rigagnolo visti i numeri esigui, produce effetti nei palazzi istituzionali. Il sostegno a “Non una di meno” lo esprime, a parole e con i fatti, Marta Leonori (Pd), già assessore di Roma Capitale e oggi consigliere della Regione Lazio. “Lo scorso mercoledì – spiega – con altre consigliere e consiglieri del centrosinistra, abbiamo presentato una mozione in Consiglio regionale per la piena applicazione della L.194/78 e il potenziamento della rete dei consultori. Vogliamo riaffermare nella Regione Lazio il principio di laicità e il diritto all’autodeterminazione delle donne, e per questo chiediamo di attuare politiche di sostegno alla maternità e alla paternità responsabile, il potenziamento dei consultori e della promozione di bandi per il reperimento di personale, di verificare l’effettiva somministrazione della pillola Ru486 nei consultori pubblici e i risultati della sperimentazione avviata ad aprile 2017″. Sulla stessa barricata, ma all'interno dell'Aula Giulio Cesare, Stefano Fassina, che ha presentato un'altra mozione sul tema, agli antipodi di quella di FdI, per chiedere all'amministrazione di “assumere una posizione pubblica a sostegno dei diritti e della libertà delle donne garantite dalla legge 194 che ha ridotto in maniera significativa il numero delle interruzioni di gravidanza e salvato migliaia di donne“.

Meloni: “Andremo avanti. Non abbiamo paura”

Nonostante il clima tutt'altro che favorevole all'approvazione della mozione pro-vita, Giorgia Meloni su Facebook annuncia di voler proseguire la sua battaglia: “La pericolosa proposta chiede di attivare strumenti per aiutare le donne che vorrebbero portare a termine una gravidanza, ma che si sentono costrette ad abortire per paura, per solitudine, perché non hanno possibilità economiche sufficienti o per mille altre ragioni. In pratica, secondo questi ‘umanissimi’ manifestanti, occorre garantire la libertà di abortire, ma non quella di mettere al mondo un bambino. Che tristezza. Porteremo avanti la mozione contro il loro oscurantismo, per garantire la libertà, anche quella di difendere la vita. Non abbiamo paura“.

La mozione di Milano

Sulla stessa lunghezza d'onda, a Milano, un testo presentato da Luigi Amicone, consigliere di Forza Italia ed ex direttore di Tempi. Sostenuto anche da Milano Popolare, dalla Lega e da Stefano Parisi, il testo chiede al Consiglio comunale di destinare “congrui finanziamenti” alle istituzioni, associazioni e gruppi che sostengono in modo concreto politiche a favore della famiglia e della vita; ad approfondire con iniziative gli effetti sociali e culturali prodotti dalla legge che regolamenta l'aborto. La 194 infatti, come si legge nel documento e come riporta Lettera Donna, “si proponeva di legalizzare l' aborto in alcuni casi particolari come violenza carnale, incesto, gravi malformazioni del nascituro, e di contrastare l'aborto clandestino, mentre invece ha contribuito ad aumentare il ricorso all'aborto quale strumento contraccettivo e non ha affatto debellato l'aborto clandestino”.

Verona modello per tutta Italia?

Ma è possibile estendere il “modello Verona” su scala nazionale, ossia approvare in Parlamento un testo che impegni lo Stato a sostenere la natalità e le associazioni che aiutano le donne ad optare per la vita e non per l'aborto? In Terris nei giorni scorsi lo ha chiesto ad alcuni esponenti parlamentari. “Quella mozione – ha risposto Paola Binetti (Forza Italia) – non fa altro che ribadire quanto già è scritto nella prima parte della legge 194, ossia che vanno intraprese azioni per impedire che le donne abortiscano. Pertanto – ha proseguito la senatrice – la protesta delle femministe è stato un clamoroso boomerang“. Secondo Antonio Palmieri (Forza Italia), “non sarebbe possibile replicare un 'modello Verona' perché manca una maggioranza parlamentare in grado di approvarlo“. Dal canto suo Alessandro Pagano (Lega) ha aggiunto un particolare: “Verona ha dimostrato che un partito si è trovato spaccato all'interno, dunque è evidente che le coscienze iniziano a scuotersi sul fatto che la vita parte fin dal primo istante del concepimento. Che una capogruppo comunale del Pd abbia manifestato la sua posizione pro-via è un fatto incoraggiante, che aprirà il fronte anche in altri contesti”.