Le due sorelle diventate cavie della tratta

Una cavia. Generalmente questo termine induce a pensare a tanti topolini bianchi chiusi in delle gabbie in un laboratorio scientifico e sottoposti a dei test, degli esperimenti. Ma non è sempre così. Esiste una realtà tanto sconosciuta quanto inimmaginabile. “Quando arrivavano le ragazzine io venivo in automatico torturata al fine di mostrare alle nuove cosa sarebbe accaduto a chi avrebbe trasgredito le regole. Il ferro bollente e le catene lanciate sulle gambe erano diventati parte di me e così a volte urlavo ancora più forte dal dolore per impressionare di più le nuove reclute al fine di renderle docili e obbedienti ai magnaccia“. E' la storia di una donna albanese, rapita dalla sua casa quando aveva solo 13 anni. La stessa infausta sorte è toccata anche alla sorella, di un anno più giovane. 

La storia

Tutto inizia in un paesino sperduto nel nord dell'Albania. Una famiglia poverissima, composta da un papà invalido e da una mamma che cercava di racimolare dei soldi lavorando come sarta. E due figlie strappate all'amore dei loro genitori troppo presto. “L'immagine più drammatica nella mia mente è il giorno in cui sono arrivati quattro uomini, giovani palestrati, molto alti. Mia mamma piangendo ci disse di non ribellarci – si legge nella storia pubblicata sul sito www.donnecrocifisse.it – Nonostante le urla e il pianto straziante ci presero come dei fagotti mettendoci dentro quella macchina nera e lunga che mi sembrava un'astronave. Forse siamo state addormentate perché del viaggio non ricordo nulla”. Poi uno scantinato buio, che è diventato la loro casa per un lasso indefinito di tempo. “Posso soltanto dire che in quel buio sono diventata donna, oggetto di abusi, violenze sessuali ripetute più volte al giorno. Ho visto mia sorella, picchiata selvaggiamente, usata davanti ai miei occhi senza pietà”. Dopo circa due o tre anni il viaggio in nave verso l'Italia per finire ancora una volta in un garage alla mercè di altri uomini “che entravano e uscivano tante volte al giorno. I nostri pianti non li hanno mai fermati e dentro quel garage non abbiamo mai visto un po' di luce“. Ma le due sorelle sono ancora insieme e la disperazione le spinge ad organizzare un piano di fuga. Riescono a scappare di notte, suonano a tanti campanelli ma nessuno risponde. Poi una macchina si ferma e, felici, nel loro italiano stentato chiedono aiuto. Una felicità breve ed effimera perché quello che doveva essere il loro salvatore le riporta indietro, riconsegnandole ai loro aguzzini. “Quante botte abbiamo preso quella notte, così tante che io per molti giorni non riuscivo ad alzarmi in piedi. A mia sorella avevano tagliato un mignolo del piede e strappato tutti i capelli fino alla cute”. Dopo alcuni giorno, una donna albanese arriva nel loro garage, si prende cura di loro e le convince che se accettavano di prostituirsi sulla strada tutto poteva cambiare. “Il giorno che gli rivelammo il desiderio di scappare lei ci fece credere di essere d'accordo. Sembrava che ci aiutasse a scappare. La notte della fuga ci siamo ritrovate sei uomini che ci hanno diviso. Fu l'ultima volta che vidi mia sorella viva. Gli ultimi sguardi indimenticabili e le ultime lacrime mute da quelle mani soffocanti che tappavano le nostre bocche”. 

Rinascere una seconda volta

La vita della giovane donna, resa schiava, continua in una casa dove viene usata come cavia. Viene picchiata, torturata, abusata, violentata con un solo scopo: far vedere alle nuove ragazze cosa sarebbe accaduto loro se non avessero accettato di vendere il loro corpo, se avessero osato ribellarsi. “Sulla strada mai nessuno mi ha chiesto come stavo o perché mi trovassi lì. Una notte passò uno strano prete con una tunica nera. Mi fece un sorriso prendendomi per mano. Io risposi alle sue domande con freddezza, ma poi quando mi chiese dei miei genitori scoppiai a piangere. Mi lasciò il suo numero di cellulare che io nascosi nelle scarpe. La sera dopo tornò insistendo di trovare il coraggio di scappare. Mi disse che era stato Dio a dirgli di insistere perché lui è come un padre e una madre e lui, don Aldo, stava facendo le sue veci. In quel momento pensai: cosa potrà accadermi di peggio. Ormai tra le torture, sevizie, aborti procurati con le botte non ci sarà niente di peggio”. Così, quella giovane donna riesce a trovare il coraggio per fidarsi di quello che in un primo momento era un estraneo e farsi aiutare. L'arrivo in una struttura della Comunità Papa Giovanni XXIII dove ad aspettarla c'era una donna che si presentò come una mamma: “Ora è finito tutto. Si rinasce una seconda volta. Ti farò da seconda mamma e poi vedrai che tante cose belle arriveranno per te”. 

Donne crocifisse

Questa è solo una delle storie delle mille donne che sono vittime della tratta e dello sfruttamento della prostituzione coatta. Storie che a volte finiscono nel dimenticatoio perché è più facile girarsi dall'altra parte e non affrontare il problema. Storie che raccontano di quanta crudeltà può essere capace l'uomo che si accanisce contro i suoi simili. A dare voce alle vittime del racket della prostituzione è don Aldo Buonaiuto, sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII e fondatore del quotidiano online In Terris, che da lunedì 29 luglio, è nelle librerie con il libro “Donne crocifisse. La vergogna della tratta raccontata dalla strada“. Il volume, edito dalla Rubbettino, racconta la storia di quelle “donne crocifisse” che in tanti anni di attività, la comunità fondata da don Oreste Benzi, ha salvato dalla strada, restituendo loro la dignità e la libertà. Non solo testimonianze, ma un'indagine – come si legge nel comunicato stampa della Rubbettino – intorno alle molteplici vie del sesso a pagamento, dall'online al marciapiede. 

La prefazione di Papa Francesco

Il lavoro di don Aldo Buonaiuto e della Comunità Giovanni XXIII è stato elogiato da Papa Francesco nella prefazione al nuovo libro del sacerdote. “Qualsiasi forma di prostituzione è una riduzione in schiavitù, un atto criminale, un vizio schifoso che confonde il fare l'amore con lo sfogare i propri istinti torturando una donna inerme – ha scritto il Pontefice – E' una ferita alla coscienza collettiva, una deviazione all'immaginario corrente. E' patologica la mentalità per cui una donna vada sfruttata come se fosse una merce da usare e poi gettare. E' una malattia dell'umanità, un modo sbagliato di pensare della società. Liberare queste povere schiave è un gesto di misericordia e dovere per tutti gli uomini di buona volontà. Il loro grido di dolore non può lasciare indifferenti né i singoli individui né le istituzioni”. 

I numeri della tratta

La tratta di esseri umani è un piaga che affligge oltre 40 milioni di persone in tutto il mondo e, secondo quanto emerge dal “Global Report on Trafficking in Person” redatto dall'Unodc – l'Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine – si tratta di un fenomeno in crescita. L'analisi, che l'Unodc realizza da circa dieci anni, evidenzia come siano in aumento sia il numero delle vittime che i Paesi coinvolti. Gli uomini sono prede della rete dello sfruttamento del lavoro, mentre le donne sono oggetto di tratta soprattutto per motivi sessuali. Quasi un terzo delle vittime, secondo l'organismo con sede a Vienna, sono minori e oltre il 70% del totale è costituito da donne e bambine. In occasione della Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani, anche l'Unicef ha reso noto un report dal quale emerge che, a livello globale, il 23% delle vittime sono bambine e adolescenti. Nell'Unione europea la forma di tratta più comunemente segnalata è quella ai fini di sfruttamento sessuale, “una forma di violenza di genere che colpisce in modo sproporzionato le donne e le ragazze, che rappresentano il 95% delle vittime registrate”. Secondo l'ultimo rapporto globale sulla tratta di esseri umani molti Paesi, evidenzia ancora l'Unicef, “hanno riportato negli ultimi anni un aumento delle vittime, fenomeno dovuto sia al miglioramento delle procedure di individuazione delle vittime e dei trafficanti, sia ad un possibile aumento dell'incidenza. Le donne e le ragazze coinvolte nella tratta a scopo di sfruttamento sessuale, subiscono violenze e abusi che includono anche la deprivazione della libertà personale, violenze economiche, fisiche e sessuali che portano a conseguenze gravi e talvolta pericolose per la vita stessa”.

Una moratoria contro la legalizzazione della prostituzione

Dalle pagine del suo libro, don Aldo Buonaiuto, oltre che portare alla luce aspetti inquietanti del mondo della prostituzione lancia anche un appello a tutte lo organizzazioni che si battono contro la tratta affinché si ritrovino per istituire una moratoria internazionale contro la legalizzazione della vendita di esseri umani che, spiega, “come è accaduto per la pena di morte, metta immediatamente fuori legge, in qualunque forma e sotto qualsiasi mascheramento, l'acquisto di esseri umani, relazioni affettive, accondiscendenze nei confronti del più turpe dei traffici. Magari resterà il sogno di un ingenuo. Ma le vere rivoluzioni, come insegnano tre millenni di 'visioni utopiche', sono come un granello di neve in montagna: possono dare origine a una valanga”.