Le dipendenze che assediano i giovani: droga, alcol e…

Un fardello grava sulle spalle ancora strette di molti adolescenti, è quello delle dipendenze. Non solo da droghe e alcol. Lo sviluppo delle tecnologie, l’abbassamento della soglia del pudore pubblico, la diffusione di consumismo ed edonismo creano nuove e non meno preoccupanti situazioni di disagio tra i giovani. La compulsione patologica si nasconde, spesso, dietro a comportamenti ed abitudini apparentemente non anomali. Eppure le troppe ore passate al pc o a girovagare per i negozi in cerca di nuovi acquisti, nonché il tanto tempo trascorso in palestra tra bilancieri e manubri sono un campanello d’allarme che gli psichiatri invitano a non sottovalutare. È l’appello che fa, ad esempio, il prof. Luigi Janiri, coordinatore di uno studio effettuato presso la Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” e pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychiatry. Intervistato da In Terris, il docente rivela: “I numeri sono preoccupanti: dal 10 al 15 per cento della popolazione adolescenziale è a rischio dipendenza comportamentale”. Rappresenta un grande problema il fatto che “per molte di queste dipendenze che iniziano a manifestarsi non ci sono ancora procedure diagnostiche sicure”.

Prof. Janiri, il vostro lavoro è reso più complicato da questa assenza di procedure?
“Criteri diagnostici affidabili, sia dell’Oms sia dell’associazione psichiatrica americana, esistono per quanto riguarda alcuni disturbi: quello dell’uso da internet, dei videogiochi, dell’azzardo. Altre dipendenze – quali quella sessuale, relazionale, da attività fisica, lo shopping compulsivo – vengono inserite nell’elenco dei disturbi del controllo degli impulsi e trattati in base a criteri standard”.

Sono soprattutto i più giovani, gli adolescenti, ad essere colpiti. Perché?
“Perché nell’adolescenza ci sono alti livelli di impulsività dovuti al fatto che la loro corteccia pre-frontale, preposta al controllo degli impulsi e dell’emotività, è ancora in formazione”.

Si abbassa l’età del primo contatto con le sostanze da abuso: a cosa può essere dovuta questa più precoce “emancipazione” dei giovani?
“La dipendenza scaturisce dall’incontro tra due elementi: il soggetto e l’oggetto. E siccome l’offerta dell’oggetto sta aumentando a dismisura e si sta diversificando – ci sono tutta una serie di sostanze psicoattive e le vecchie (ad esempio l’eroina) che vengono riproposte con nuove modalità – aumenta l’area dei soggetti potenzialmente interessati, compresi i più giovani, gli adolescenti. È un problema di cultura e di società”.

Quali sostanze stupefacenti sono più diffuse?
“Registriamo un aumento del consumo della cocaina, anche se avendo dei prezzi più alti rispetto ad altre sostanze risulta meno accessibile. Tra le sostanze da sballo, che comportano anche potenziali allucinogeni, quella che ha provocato ultimamente diversi ricoveri nei reparti psichiatrici è la chetamina. Questa sta diventando un problema importante ed è molto diffusa nei rave, nelle discoteche”.

Rispetto al passato, avete evidenziato che in tema di dipendenze si sta assottigliando la differenza tra maschi e femmine?
“In passato sostanze come eroina, cocaina, alcol erano diffuse principalmente tra i maschi, oggi non è più così: si sta raggiungendo una certa “parità” anche in questo campo. E anche una dipendenza tipicamente appannaggio del sesso maschile, il gioco patologico, inizia a diffondersi tra le donne”.

Il 6,2% del campione ha riferito di praticare esercizio fisico eccessivo. Un dato cui fa da contraltare la sedentarietà di molti giovani, denunciata da vari studi, che può sfociare in obesità e problemi fisici vari…
“Va precisato anzitutto che da questa percentuale sono da tenere fuori le persone che praticano sport in maniera semiagonistica o, regolarmente, sotto controllo. C’è poi chi svolge attività fisica in modo sregolato, quindi anche compulsivo, anche ricorrendo a sostanze dopanti, che provocano a loro volta problemi di salute. È vero, ciò si registra in un contesto in cui è alto anche il numero di coloro che non fanno attività fisica per nulla: questa dicotomia è il segno degli eccessi degli adolescenti”.

Il 9,7% ha descritto modalità di gioco problematiche. L’azzardo è un tema caldo in queste settimane. A suo avviso può aver influito su questo dato l’aumento della pubblicità?
“L’aumento dell’offerta sicuramente ha influito. Non saprei poi quanto abbia influito la pubblicità. Perché se è vero che in generale essa influisce, nell’ambito del gioco credo che ci sia meno questo effetto. Lo vedo tra i miei pazienti: valgono più il passaparola, l’imitazione, la curiosità nei confronti delle sale gioco. Per questo attribuisco l’incremento principalmente all’aumento dell’offerta: più sale ci sono, più persone vengono spinte ad entrarci”.

Un consiglio per i genitori, come prevenire le dipendenze dei propri figli?
“Anzitutto devono essere presenti, attenti ai bisogni dei figli, collaborativi, devono affiancarli nelle loro attività. Poi vanno colti i primi segnali di disagio: isolamento, scadimento nel rendimento, scatti di rabbia, impulsività, l’aumento delle ore dedicate ad un’attività, ad esempio il pc, che può portare alla dipendenza. C’è poi una terza fase, che riguarda più una situazione ormai avviata: nel momento in cui si comprende la presenza di un disagio, bisogna portare il ragazzo da uno specialista per farsi aiutare. Al Gemelli abbiamo a disposizione un centro per questo tipo di dipendenze”.

Cosa possono fare invece le istituzioni? La scuola, ad esempio…
“La scuola deve informare, ma senza fare del terrorismo psicologico, soprattutto per quanto riguarda le tendenze comportamentali: il gioco, internet, la sessualità, lo shopping sono attività normali, non deve passare il messaggio per cui vanno patologizzate in quanto tali. Riguardo le sostanze, invece, è necessario fare una corretta informazione, che spesso manca o è imprecisa, ad esempio sui cannabinoidi. Le scuole in questo sono fondamentali, come agenzie di comunicazione e di prevenzione attraverso corsi, seminari, lezioni. Sono dell’avviso che, dalle medie in poi, dovrebbero essere dedicate almeno due ore a settimana al problema. E dovrebbe essere un’attività non facoltativa, ma obbligatoria”.

Ha fatto riferimento alle informazioni mancanti o imprecise sui cannabinoidi…
“Spesso si sottovalutano i loro effetti, non fosse altro che attraverso la definizione di droghe leggere. Poi oggi c’è il dibattito sulla cannabis light, la quale certamente è meno rischiosa della cannabis illegale, però ci sono una serie di fattori che vanno considerati. Va verificato che i limiti di thc presente nella sostanza siano realmente rispettati, e poi va considerata la frequenza nel consumo della sostanza: è vero che c’è meno thc, ma se consumata spesso, porta comunque a degli effetti gravi. E questi ultimi vanno spiegati esplicitamente: se è vero che la cannabis può essere utilizzata da alcune persone senza arrecar loro danni, è altrettanto vero che molte altre – soprattutto i ragazzi – subiscono complicanze di tipo psicotico, che in alcuni casi rimangono a vita. Sono realtà che vanno dette”.