La droga del porno

Ci sono argomenti particolarmente ostici da affrontare. La pornografia è uno di questi perché imbarazzo, pudore, disgusto e morbosa curiosità si mescolano. Meglio lasciar perdere. Ma intanto il fenomeno su internet fa numeri spaventosi: il 60% di tutti i siti è di natura pornografica, la parola “sex” è la più cliccata, 300 milioni di utenti visitano quotidianamente 260 milioni di siti pornografici. Ogni secondo (ogni secondo!) nel mondo si acquistano contenuti pornografici per 3.000 dollari. E così, mentre l’opinione pubblica ma anche molti addetti ai lavori alzano le spalle consolandosi con “C’è sempre stata”, “Ma che male fa?”, “Se sono adulti consenzienti…” e altri simili luoghi comuni, c’è chi comincia ad intuire l’entità della pandemia e cerca strumenti per correre ai ripari. 

La nacessità di una risposta pastorale

Nel novembre del 2015 la Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti ha approvato un accorato documento, “Crea in me un cuore puro“. Una risposta pastorale all’uso della pornografia nel quale – forse per la prima volta – il fenomeno viene inquadrato in tutta la sua potenziale virulenza: la creazione e la pervasiva diffusione di una visione distorta dei rapporti tra le persone, una “disumanizzazione” delle relazioni intime, effetti negativi che si amplificano e si riverberano in altri contesti, tanto da poter essere considerato non solo un peccato ma una “struttura di peccato”.

Studi

Recenti ricerche Usa attestano intorno al 50% la fruizione della pornografia tra i cristiani praticanti, un dato che differisce di poco da quello della popolazione generale di maschi adulti. Ecco allora che anche la categoria “peccato” – pur corretta per un credente – deve essere arricchita con altri approcci e punti di vista. Già dagli anni ’80 la pornografia ha cominciato ad essere descritta come “il crack, la cocaina della dipendenza sessuale” per l’effetto combinato di 4 “A”: Accessibility, Affordability, Anonimity, Addiction. Cioè la facilità di accesso, il basso costo, l’anonimato e la dipendenza. L’attrazione di un uomo per le immagini pornografiche può arrivare a dare una sorta di sballo mentale, rapido sollievo dagli stress e dalle frustrazioni della vita quotidiana, come dalle ferite emotive ereditate dal percorso di crescita nella propria famiglia di origine. Peter Kleponis, uno psicoterapeuta americano che da anni si occupa di dipendenza sessuale, ha messo a punto un “approccio cattolico per restaurare l’integrità sessuale” che unisce aspetti psicologici con aspetti spirituali. Recentemente ha concluso un tour in giro per l’Italia, organizzato dalla neonata associazione “Puri di cuore”. L’abbiamo intercettato a Milano, ad un incontro con alcuni professionisti del settore, durante il quale ha spiegato i meccanismi fisici ed emotivi che creano il circuito della dipendenza.

Come una droga

“Quando un uomo vede un’immagine erotica – spiega Kleponis – avvengono delle reazioni chimiche nel suo cervello: aumenta la produzione di dopamina e diminuisce quella di serotonina. La prima si mescola con il testosterone e crea un grande senso di eccitazione. La noradrenalina invia un messaggio al sistema nervoso autonomo per fare aumentare la frequenza cardiaca e quella respiratoria. Il cuore comincia a battere più velocemente e il respiro diventa più pesante”. È (sarebbe!) la preparazione fisiologica ad un incontro sessuale. “Un messaggio viene inviato lungo il midollo spinale ai genitali e come risultato si ha l’eccitazione sessuale. Sente una grande tensione che deve essere rilasciata e così l’uomo si masturba. Quando raggiunge l’orgasmo, dei chimici oppiacei chiamati endorfine vengono rilasciati nel cervello, creando un senso di euforia“. La combinazione di questi fattori ha gli effetti di una potente droga che il cervello desidera fortemente ogni volta che sperimenta un disagio. “E qui entra in gioco il lato emotivo della dipendenza e questo si chiama 'creazione di un percorso neurale'”. Come in ogni dipendenza, dopo un po’ di tempo si sviluppa la tolleranza: è necessaria una maggior quantità della “sostanza” per ottenere lo stesso effetto”. Una droga con una chimica auto-creata quindi, unita al rischio di mettere in atto comportamenti pericolosi, come la frequentazione di locali o l’accesso al mondo della prostituzione. Un’emergenza sociale che richiede fede e competenze e la collaborazione di tutte le persone di buona volontà perché – come sosteneva don Benzi – “una volta che sai non puoi far finta di non sapere”.

Tratto da “Sempre”