“In marcia, fino all'abolizione della legge 194”

Quel 22 maggio del 1978 in pochi si sarebbero aspettati che quarant’anni dopo la fiamma del dissenso avrebbe continuato ad ardere e persino a propagarsi. La Marcia per la Vita lo testimonia: ogni anno, ormai da sette anni, è la rappresentazione plastica di come in Italia l’agenda ultraprogressista su temi come aborto ed eutanasia non abbia fatto breccia nella mente di larga parte della popolazione. Giovani, anziani, bambini sfilano per le strade di Roma per urlare il proprio inno alla vita. E ogni anno il numero dei partecipanti cresce e porta il messaggio nella società civile, si moltiplicano infatti le iniziative contro l’aborto, contro l’eutanasia, a favore della famiglia e contro la riduzione dell’uomo a mero consumatore.

La storia della Marcia per la Vita ha inizio nel 2011 a Desenzano sul Garda e quest’anno, nella sua ottava edizione, attraversa uno snodo cruciale, essendo il quarantennale di quella legge 194 la cui abolizione è l’obiettivo dei promotori. Lo conferma ad In Terris Virginia Coda Nunziante, animatrice infaticabile e presidente della Marcia.

Sette anni di attività cosa hanno prodotto?
“È aumentato il numero di collaboratori e volontari: la Marcia rappresenta un collante tra persone che desiderano battersi per la difesa della vita. Più in generale, è aumentata la sensibilità al tema, c’è stato un impatto sull’opinione pubblica. Basti pensare alle due ultime iniziative: i manifesti di ProVita e di CitizenGo che rivolgono messaggi chiari contro l’aborto. Se oggi queste campagne sono possibili, è anche grazie alla Marcia per la Vita che ha creato un terreno culturale favorevole”.

Da un punto di vista legislativo, tuttavia, non è cambiato molto…
“Certamente la situazione legislativa non è migliorata, anzi. Nel dicembre scorso sono state introdotte le Dat, una pessima legge. Ma il fatto che in quarant'anni non sia stato fatto nulla per cambiare la legge 194 dimostra che in questo ambito il lavoro da compiere è lungo: richiede pazienza e perseveranza”.

Quest’anno la Marcia sarà anche occasione per ricordare il piccolo Alfie Evans. Con le Dat potrebbe accadere anche in Italia?
“In Italia un caso simile non potrebbe accadere, perché la nostra legislazione prevede che siano i genitori ad avere l’ultima parola. Però la legge sulle Dat – come hanno dichiarato alcuni suoi promotori – rappresenta solo un primo passo, l’obiettivo è di andare proprio nella direzione che porta a situazioni come quella del piccolo Alfie. Per questo è necessario battersi”.

Cosa insegna la vicenda di Alfie?
“Che le lancette dell’orologio sono tornate indietro, ai tempi degli Stati totalitari che si arrogano il diritto di decidere sulla vita delle persone, persino dei bambini togliendoli alla potestà genitoriale. Viene in mente la Russia comunista, che considerava i figli proprietà dello Stato. Questo nuovo totalitarismo pretende di decidere se la vita di un cittadino sia degna di essere vissuta oppure no. Ecco allora che quando una persona è malata viene deciso di eliminarla perché la sua vita è considerata futile. È una visione eugenetica analoga a quella del nazismo, con la sua ideologia della razza pura”.

Un paragone pesante…
“Oggi è presente quella stessa identica visione eugenetica, con la differenza che c’è maggiore ipocrisia. Il messaggio è chiaro: possono e devono vivere solo coloro che sono sani, belli, magari alti e produttivi. Tutti gli altri possono essere uccisi, o nel grembo materno con l’aborto oppure in ospedale con il blocco dell’alimentazione e dell'idratazione”.

Nel corso degli anni nei vostri confronti è stata spesso reiterata l’accusa di avere un approccio comunicativo troppo aggressivo…
“È una critica incomprensibile. Chiunque abbia partecipato almeno una volta a una nostra Marcia, sa che il clima è sereno e gioioso: ci sono tanti bambini, un trenino che li trasporta, i colori dei palloncini… Certo, la nostra comunicazione è dirompente, del resto su temi fondamentali come l’aborto o l’eutanasia non si possono usare le mezze misure, non si può condannare la soppressione di una vita umana soltanto in alcuni casi e in altri no. È ciò che insegna anche la Chiesa cattolica, che considera l’aborto un peccato tra i più gravi, ‘che grida vendetta al cospetto di Dio’. Il nostro messaggio è chiaro come lo è stata l’Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II. La politica del compromesso ha mostrato il suo fallimento: in quarant'anni la situazione è peggiorata, perché si è diffusa, specie tra i ragazzi, una banalizzazione dell’aborto, della contraccezione, della pillola abortiva…”.

A proposito di Chiesa, non tutti i vescovi sostengono la vostra iniziativa…
“Negli anni scorsi, quando la Marcia si è svolta di domenica mattina, siamo stati in p.zza San Pietro e abbiamo ricevuto il saluto del Papa. Ma anche un anno fa, di sabato, è giunto dal Santo Padre un messaggio di incoraggiamento. E ancora, il sostegno dei vescovi lo sperimentiamo con i tanti incontri in giro per le diocesi italiane. Certo, nella Chiesa non tutti la pensano allo stesso modo, la tematica è scomoda e attira critiche, per questo molti preferiscono evitare di assumere posizioni chiare”.

Ogni anno la Marcia è aperta anche da diversi vescovi. Quest’anno chi ci sarà?
“Per ora abbiamo ricevuto le adesioni sicure di mons. Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti, e di mons. Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara”.

Ci saranno anche molti ospiti laici…
“Riteniamo fondamentali le testimonianze dal palco della Marcia. Per questo siamo felici che quest’anno parlerà la madre di Vincent Lambert, che sta combattendo eroicamente contro i medici e contro il governo francese che vorrebbero interrompere l’alimentazione a suo figlio che è da dieci anni costretto su un letto ma non è attaccato a nessuna macchina. È una vicenda che ricorda quella di Eluana Englaro”.

Il 25 maggio c’è il referendum sull’aborto in Irlanda. Ci sarà una delegazione dall’isola?
“Siamo in contatto costante con i pro-life irlandesi, ma non potranno venire perché sono molto presi dagli ultimi giorni di campagna referendaria. È un appuntamento dirimente, perché c’è il rischio che anche Paesi tradizionalmente attenti alla difesa della vita cedano alla logica di morte imperante. Speriamo che il popolo irlandese abbia la forza di ribellarsi a queste imposizioni che vengono principalmente dall’estero”.

Da dove arrivano?
“Da lobby influenti, ong con a capo magnati considerati filantropi, organizzazioni internazionali… Paesi dell’America Latina e dell’Africa sono sotto il costante ricatto di queste organizzazioni: quando si indebitano e hanno bisogno di prestiti, riescono ad ottenerli solo se in cambio attuano politiche di contraccezione e di aborto”.

Che interesse c’è dietro la diffusione dell’aborto?
“C’è l’ideologia del controllo delle nascite. Si pensa che la povertà scaturisca dalla sovrappopolazione, così si punta a far fare meno figli. È un’idea materialista, anticristiana, legata a una logica di profitto che considera l’uomo un mezzo. Non solo, è un’idea che colpevolizza costantemente l’uomo, ritenendolo la causa di ogni sciagura del pianeta, ad esempio dei cambiamenti climatici. Per cui si pensa che meno uomini ci siano sulla terra, meglio è”.

Ritiene che esistano le condizioni per abrogare la legge 194?
“Oggi no, perché la mentalità abortista è penetrata nelle persone. Però il nostro compito è di svegliare le coscienze per ottenere prima o poi dei cambiamenti. Porto l’esempio degli Stati Uniti: la legge sull’aborto è stata votata cinque anni prima che in Italia e da subito i gruppi pro-life hanno iniziato una Marcia per la Vita che ha scosso l’opinione pubblica e ha creato una cultura che si è diffusa. Oggi circa il cinquanta per cento dei giovani americani si ritiene pro-life. E questo cambio culturale influenza la politica: il presidente Trump ha preso diversi provvedimenti a favore della vita e ha parlato in diretta video all’ultima Marcia a Washington. Se tutto ciò è possibile negli Stati Uniti, un Paese con forte radicalità di ideologie progressiste, non vedo perché non possa essere possibile anche in Italia. Anno dopo anno, campagna dopo campagna, con l’aiuto di Dio potremo abolire la legge 194”.


Virginia Coda Nunziante