I trafficanti di tenebre

Rompere il silenzio sulle sette, dare voce alle vittime, conoscere le realtà, religiose e civili, impegnate nello sradicamento del fenomeno. Questi gli obiettivi del convegno “La trappola delle sette“, andato in scena nell'aula Giubileo dell'università Lumsa di Roma

Saluti

L'evento, promosso dalla Comunità “Papa Giovanni XXIII” (Apg23) in collaborazione con lo stesso ateneo capitolino, Polizia di Stato e Consorzio universitario “Humanitas”, ha preso le mosse dai saluti istituzionali. Dopo il rettore della Lumsa, Francesco Bonini, che ha evidenziato il valore didattico della conferenza, il card. Angelo Becciu (Prefetto della Congregazione delle cause dei santi) ha osservato: “La Chiesa deve preoccuparsi anche degli aspetti negativi della società, specie quando vengono coinvolti i giovani”. Se i ragazzi, ha proseguito, “vanno alla ricerca di satana significa che c'è il vuoto nelle persone”. Assente per impegni Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale dell'Apg23, ma non il suo messaggio, letto da un altro esponente della comunità fondata da don Oreste Benzi. “Le sette proliferano dove l’individualismo sfrenato, l’utilizzo maldestro dei social ed una comunità frammentata lascia sole le persone deboli e facile preda dei violenti e degli approfittatori”. Un elemento essenziale di prevenzione, secondo Ramona, “è la crescita di una comunità che cammini come popolo prendendosi cura gli uni degli altri, garantendo i diritti fondamentali delle persone, da quello alla vita, ad una famiglia fondata sul vincolo matrimoniale, alla possibilità di avere un lavoro che contribuisca al bene comune, ad una scuola che formi educazione, rispetto, legalità e responsabilità”. Non ha potuto esserci nemmeno il vicepresidente del Csm, David Ermini. Nel suo messaggio ha in ogni caso ricordato che “la libertà di coscienza e culto previste dalla Costituzione sono antitetiche rispetto alla manipolazione mentale” operata dalle sette. Il procuratore generale generale presso la Corte d'appello di Catanzaro, Otello Lupacchini, da parte sua ha spiegato che “le vittime delle sette sono persone che vivono una sorta di emrginazione valoria e culturale. E' importante creare una politica criminale finalizzata alla comprensione di questi fenomeni”. 

Dibattito

La fase di dibattito è stata moderata dal giornalista Rai Piergiorgio Giacovazzo, autore di diverse inchieste sull'argomento (alcune mostrate alla platea durante le pause tra una relazione e l'altra). “Le sette sono presenti in ogni luogo del Paese – ha esordito – è impossibile capire le reali dimensioni del fenomeno”. Quanto alle vittime “sbaglia chi pensa siano solo poveri cristi: provengno da tutte le categorie, sociali ed economiche. Anzi, spesso vengono cercati adepti facoltosi, in modo da potergli estorcere denaro con cui finanziarsi. Queste realtà ti isolano dalla famiglia, dagli amici, ti riducono a una nullità“. Nella società odierna, ha spiegato Giacovazzo, “social media e rete sono una combinazione perfetta per adescare nuovi seguaci”. Il profilo criminale che caratterizza alcuni di questi gruppi è stato illustrato dalla responsabile della squadra Antisette della polizia, Francesca Capaldo. “Tra i reati commessi ci sono violenza sessuale anche di gruppo – ha spiegato – truffe, maltrattamenti ed estorsioni. Le sette sataniche, nello specifico, possono essere responsabili di profanazione di cimiteri, vilipendio di cadavere e, nei casi più estremi, di induzione di aborto e uccisione di animali”. Queste realtà, spesso, “si muovono dietro la facciata di associazioni culturali o di altro tipo. Approfittano di un problema per il quale la vittima vorrebbe una soluzione immediata“. Attraverso tecniche di manipolazione mentale “fanno isolare l'adepto“. Un vulnus all'attività di contrasto, ha sottolineato Capaldo, è rappresentato dall'abrogazione del reato di plagio, “che non ci consente di perseguire i fenomeni manipolatori“. In ogni caso “è importante creare consapevolezza. E' fondamentale che ci sia controllo sociale“. Ad Annamaria Giannini (professoressa ordinaria di psicologia alla Sapienza) è spettato il compito di spiegare, nel dettaglio, il processo di condizionamento mentale operato nelle sette. “Tutto inizia con l'adescamento. Il guru, personalmente o attraverso la rete, avvicina la vittima, facendo leva sui suoi bisogni profondi. Si mostra come l'unica soluzione possibile agli stessi. Il meccanismo che si instaura è emotivo, si aggancia alle emozioni profonde delle persone. Madri che hanno perso i figli vengono convinte di poter essere messe in contatto con loro, persone malate cui viene promessa la guarigione”. Durante il processo vengono usate anche tecniche violente quali “esposizione a luce forte e buio o alla musica ritmica, liti, particolari tecniche di respirazione”. Poi ci sono i ricatti “attraverso cui si indebolisce progressivamente il senso critico“. Segue l'indottrinamento, che radica il rapporto nel gruppo. Chi riesce a uscire da una setta, ha aggiunto, “è devastato, si vergogna di se stesso. E' più volte vitima“. Importante diventa allora “l'accoglienza”. In questo, ha riconosciuto, “l'Apg23 svolge un grande lavoro, gli ex adepti trovano un sistema accogliente e buono, che li fa sentire protetti”. 

Antisette

Significativo l'intervento di don Aldo Buonaiuto, responsabile del servizio Antisette dell'Apg23. “Stiamo parlando di un mondo invisibile, formato principalmente dalle tantissime vittime. Persone non ascoltate, isolati anche dalle istituzioni, derise, umiliate, costrette a nascondersi, a vivere in condizione di spaventosa indifferenza, che che si nascondono e si vergognano profondamente“. Il servizio, ha ricordato, è stato fondato da don Oreste Benzi. “Quando morì, Benedetto XVI lo definì un 'infaticabile apostolo della carità'. Era un prete scatenato, secondo cui 'non si può fare per carità ciò che fatto per giustizia' che spronava a non tacere davanti alle ingiustizie”. Come quelle subite dalle vittime delle sette. “Non tutte queste realtà sono sataniche – ha osservato – ma tutte sono diaboliche. Perché separano l'individuo da se stesso, dalle persone care, spesso dal lavoro, dalla stessa vita”. La condizione di persone plagiate con consente loro di avere “libertà di muoversi, scegliere, decidere”. Quello delle sette, ha proseguito, è un tema “che va approfondito, come già avvenuto con la mafia e il terrorismo. Sono anche loro criminali che si beffano dello Stato”. I guru, ha ricordato, “approfittano di solitudine, debolezza, stato di bisogno, sofferenza”. Don Buonaiuto ha poi ricordato i principali tipi di sette: “Ci sono innanzitutto le psicosette, che conoscono le migliori tecniche di manipolazione mentale. Poi quelle pseudoreligiose, composte da bestemmiatori del sacro, che approfittano della fede e della buona fede della gente. La religione, ricordiamolo, è un'altra cosa è la ricerca del proprio rapporto trascendentale con Dio, con l'infinito non ciò che trascina nel caos, negli inferi, nell'isolamento. Non possiamo definire 'nuovi movimenti religiosi' i culti estremi”. Don Buonaiuto ha, poi, citato il “satanismo acido giovanile, che adesca tanti ragazzi, anche molto piccoli”. L'impegno del servizio dell'Apg23 (numero verde 800228866) “è per quanti ci chiedono aiuto. Dobbiamo rompere il silenzio, avere il coraggio di combattere chi sfrutta le persone più vulnerabili”. Impressionanti i numeri divulgati dal sacerdote: le persone incontrate dagli operatori dell'Antisette sono state circa 1.400, mentre i gruppi identificati circa 8mila. 

Contrasto

Della strategia messa in campo dallo Stato per combattere il fenomeno ha parlato Vittorio Rizzi, Direttore della centrale anticrimine della polizia. “Il contrasto avviene attraverso la 'tutela sussidiaria', punendo i reati che vengono posti in essere. Manca il reato di 'setta abusante'”. Eppure, ha ricordato, nel 1999 il Consiglio d'Europa ha invitato “gli Stati a usare la legge per punire” queste realtà. Dopo l'abrogazione del reato, che secondo la Consulta violava l'art. 25 della Costituzione, il “paradigma che si usa oggi è il 643 del codice penale: la circonvenzione di incapace”. Più volte il legislatore ha provato entrare nel merito, ha sottolineato, “ma il labile confine tra l’esercizio di libertà e la coercizione ha reso difficile il compito”. La polizia, ha spiegato, è consapevole della “pericolosità del fenomeno” e ha costituito “la squadra anti-sette al servizio della polizia scientifica”. In alcuni di questi gruppi “Satana è la metafora per affrancare le persone dalla fede cattolica che, a loro dire, opprimerebbe la libertà. Compiono reati gravi, dallo stupro all’omicidio”. Rizzi ha, infine, ricordato l'imporanza delle realta associative che combattono il fenomeno, perché “il problema del settarismo, prima che essere di natura criminale, è culturale”.