I pakistani scendono in strada per manifestare contro la pena di morte

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Grande manifestazione contro la pena capitale si è tenuta ieri, in forma pacifica davanti al Lahore press club, in Pakistan. Si celebrava infatti la Giornata mondiale contro la pena di morte e molti attivisti non hanno perso l’occasione per denunciare le ingiustizie che dietro tale legge si possono nascondere. Un tema che è ancora caldo per il governo centrale pakistano che da poco ha revocato la moratoria sulle esecuzioni capitali a seguito dell’attentato compiuto dai talebani contro la scuola militare di Peshawar dove persero la vita quasi 150 fra studenti e insegnanti.

“Le esecuzioni diminuiscono la possibilità per il carcerato di provare la sua innocenza; le forme di correzione devono prevalere sulla punizione estrema. Spesso vengono impiccati anche i malati di mente o coloro che erano minorenni quando hanno commesso il crimine” afferma I. A. Rehman, segretario generale della Human Rights Commission of Pakistan (Hrcp). Tale pratica avrebbe assegnato al Pakistan uno dei primi posti nella classifica mondiale dei paesi che praticano maggiormente la pena di morte, dopo Cina e Iran.

Dalle denunce raccolte in piazza emerge che le condizioni delle carceri pakistane sono disastrose e che alcuni giovani vengono condannati anche se hanno commesso il crimine quando erano ancora minorenni. “Il più grave problema nelle celle della morte è la mancanza di spazio” afferma Rehman, i detenuti sono privati anche del necessario e sono costretti a vivere in condizioni disumane. “È davvero difficile anche pregare con i prigionieri” sostiene P. Abid Habib, ex presidente del Major Superiors Leadership Conference of Pakistan che per sette anni ha effettuato visite nelle case circondariali presenti nelle arcidiocesi di Lahore e Karachi. I condannati non avrebbero nemmeno il permesso di partecipare a gruppi di preghiera, vivrebbero ammassati in pochi metri quadri e, senza alcuna separazione, condividerebbero anche il gabinetto e la doccia.

L’Italia è invece da tempo in prima linea su questo fronte, dando anche l’impulso a diverse iniziative in favore di una moratoria universale della pena di morte, che hanno portato alla storica adozione della prima risoluzione sulla moratoria della pena capitale da parte dell’Assemblea Generale dell’Onu nel dicembre 2007. Tutta la rete diplomatica della Farnesina, come pure il più ampio mondo istituzionale e la società civile, è da anni impegnato su tale tema che sembra essere ancora lontano da un riconoscimento universale.