Ecco perché esiste la libertà di pensiero

Al gran giurì dell'Istituto di Autodisciplina pubblicataria ha deciso che la campagna della Onlus Pro Vita e Famiglia è legittima. Sull'argomento, In Terris ha chiesto il parere dell'avvocato Rita Tuccillo, docente dell'Università degli Studi della Tuscia.

Avv. Tuccillo come commenta la decisione sui manifesti pubblicitari contrari all'eutanasia?
“Benché la campagna abbia assunto toni forti, decisi, esiste nella nostra Carta Costituzionale il principio fondamentale della libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.). La libertà di pensiero e, quindi la libertà di opinione su fatti e persone, come pure la libertà di adesione a una ideologia politica o a un particolare modo di concepire i rapporti umani e sociali, è alla base della concezione liberale della società. La costituzione consente la libertà di espressione del pensiero anche con mezzi di diffusione e quindi anche con ricorso a strumenti radiofonici, il cinematografici, televisivi e anche web. In questa ampia forma di libertà è compreso anche il diritto di propagandare la propria opinione, influenzando il pensiero altrui. Ebbene nella pubblicità esaminata, l'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria non ha ravvisato elementi di contrasto al buon costume, né tantomeno a ordine pubblico o a norme di legge. Né si potrebbe ritenere che quelle forme di manifestazione del pensiero abbiano avuto un contenuto denigratorio, enucleando una mera scelta di valore, condivisibile o meno, ma liberamente manifestabile”.

La consulta si è pronunciata sull'eutanasia, quali sono le conseguenze di quella decisione?
“La Corte Costituzionale con la sentenza in questione ha fornito una lettura costituzionalmente orientata in particolare dell'art. 580 c.p. in tema di istigazione e aiuto al suicidio, vietati dalle legge italiana e puniti con la reclusione fino a 12 anni, con possibili aumenti di pena nei casi previsti dalla legge. Così facendo la Corte ha individuato le condizioni, le circostanze, in presenza delle quali chi accompagna al suicidio non è punibile, tenendo in debito conto anche le disposizioni della legge su consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento (Dat) dove vengono considerati legittimi il rifiuto e la rinuncia informata e consapevole da parte del paziente, espressi anche attraverso un testamento, a qualsiasi intervento sanitario, anche se salvavita (idratazione e nutrizione artificiale). Le condizioni necessarie per la non punibilità sono quelle sussistenti nel caso concreto posto all'esame della Corte, ossia: l’aiuto fornito a una persona affetta da patologia irreversibile, alla quale la malattia provoca sofferenze fisiche o psicologiche che trova assolutamente intollerabili, tenuta in vita da sostegni artificiali e però in grado di compere scelte libere e consapevoli. Questi i presupposti individuati dalla Corte ai quali anche i giudici di merito dovrebbero attenersi”.

A che punto è il dibattito politico, c'è una legge a cui si potrebbe approdare?
“Purtroppo il dibattito politico su questo tema, come per tutti i temi che coinvolgono diverse sensibilità, è complesso. Non sarà facile per le classi politiche attuali giungere alla redazione di un testo di legge che riceva l'ampio consenso, anche sociale, di cui necessiterebbe. Ciononostante alla classe politica, ormai da tempo, la società chiede una risposta certa e univoca in materia di suicidio assistito. La lacuna legislativa ha già indotto la Corte Costituzionale a dover assumere una decisione su questo tempo, e questo carenza non può prolungarsi oltremodo”.