Due racconti per conoscere il popolo Rom

Oggi, 8 aprile, in tutto il mondo si celebra il “Romano Dives“, la Giornata internazionale dei Rom, Sinti e Caminanti. La ricorrenza è stata istituita per ricordare il primo congresso mondiale del popolo Rom, che si tenne a Londra nel 1971. In quell’occasione, il nome ‘Rom’, che significa ‘Uomo’, fu scelto per indicare la nazione romanì, che comprende molti sotto gruppi sparsi per il mondo e partiti dall’India circa mille anni fa. Per questa giornata così speciale abbiamo chiesto a due amici di raccontarci di una loro esperienza con persone appartenenti a questo popolo.

Il primo racconto è di Gabriele di Rimini, 12 anni

Ieri pomeriggio insieme alla mia famiglia siamo andati in un posto nuovo, il mio babbo mi ha detto che c’erano della  “campine”:  un gruppetto di roulotte e casette in legno in cui abitano alcune persone che mi ha detto chiamarsi “Rom”. Siamo andati perché il babbo dice che le donne di queste famiglie stanno facendo un progetto per realizzare delle gonne, borse, cuscini e altri oggetti di stoffa che poi saranno venduti dalle famiglie Rom con lo scopo di farsi conoscere. Mia mamma ha portato in una  campina la sua macchina da cucire e insieme alle altre donne e a Chiara, hanno iniziato a inventare, tagliare e cucire tante stoffe colorate, mentre il mio babbo ha portato noi fratelli e i tutti gli altri bambini Rom al parco per giocare. Eravamo in 15 e abbiamo giocato insieme a calcio e con i giochi del parco, abbiamo fatto merenda, abbiamo costruito casette con i legnetti del parco e dopo circa 2 ore siamo tornati dalle mamme. Qui i miei fratelli e gli altri bambini si sono fermati nel cortile a giocare, mentre io e altre 2 ragazzine siamo entrate nella campina dove cucivano; quando ho visto che tra i vari lavori che avevano fatto, c’erano anche tante roulotte di stoffa da assemblare, ho chiesto a mia mamma se me le faceva cucire e lei mi ha detto di sì. E’ stato un pomeriggio divertente trascorso con la mia famiglia e con la grande famiglia Rom. Poi, quando sono tornato a casa, il mio babbo mi ha detto che quando in tv parlano di zingari o nomadi, si riferiscono a presone Rom, come quelle  che abbiamo incontrato oggi. Secondo me il mio babbo si sbaglia perché in tv si sentono dire tante cose brutte su di loro, che sono cattive persone, invece non è vero. Credo che tutti dovrebbero vivere una giornata così con loro perché cambierebbero idea come ha fatto il mio babbo.

Il secondo racconto ci viene da Luisa, nonna di Bologna

Il 23 dicembre come lo scorso anno, sono andata con le mie due nipoti più grandi in un piccolo paese della bassa Polesine a trovare due famiglie Rom Khorakhanè che conosciamo da tanti anni. Una di queste due mamme era rimasta vedova da poco e voglio riportare le sue parole che mi hanno molto colpita: “Io non mi dispero so che il Signore mi ama… è Lui che mi dà la forza ogni giorno di andare avanti per i miei figli… se non avessi la Fede!”. Al termine della visita ci ha regalato un panettone in segno di riconoscenza. Ricchi dell'esempio di fede anche nei momenti più dolorosi e di generosità di chi pur non avendo nulla gioisce nel dare siamo tornati nelle nostre case sperando di riuscire sempre a vedere il Signore in chi ci sta vicino. Sono due piccole storie ma ne potremmo raccontare tantissime altre. E’ per dire che la conoscenza reciproca allarga la consapevolezza e gli orizzonti e decostruisce stereotipi e luoghi comuni.

Daria Giordani – equipe ambito Rom dell'Associazione Papa Giovanni XXIII