Un abisso di degrado e criminalità tra le mura domestiche

degrado

Due uomini di 63 e 79 anni sono stati condannati dalla seconda sezione del tribunale ad otto anni di carcere ciascuno. Entrambi gli imputati erano amici di famiglia dei genitori, che a loro volta sono già stati condannati rispettivamente a otto anni ed otto mesi e a sei anni ed otto mesi di reclusione con il rito abbreviato (la sentenza è pendente in appello). Il collegio presieduto da Lorenzo Matassa è stato meno severo di quanto avrebbe voluto il sostituto procuratore Chiara Capoluongo, che aveva coordinato l'indagine dei carabinieri e chiesto due condanne ad undici anni, riferisce il Giornale di Sicilia. Piccole somme, tra i 5 ed i 30 euro, pagate per avere rapporti sessuali con una bimba di appena 9 anni. Un dramma consumato nelle campagne di Trappeto e che a febbraio dello scorso anno aveva portato all’arresto dei clienti e dei genitori della bambina. Sarebbero stati il papà e la mamma, infatti, a vendere la piccola. In Italia la piaga della prostituzione minorile è in aumento e l'abisso è ancora peggiore laddove, come nell'atroce vicenda siciliana, siano i genitori a vendere i loro figli.

Sfruttamento sessuale

“Il 37% della prostituzione è minorile”, evidenzia don Aldo Buonaiuto, sacerdote anti-tratta della Comunità Papa Giovanni XXIII e autore del libro d'inchiesta Donne Crocifisse (Rubbettino con la prefazione di Papa Francesco). E aggiunge: “Liberare dalla prostituzione coatta le schiave del racket è ormai diventato per la Comunità Papa Giovanni XXIII un impegno “costitutivo”. Il nostro fondatore don Oreste Benzi, infatti, ci ha trasmesso il carisma della condivisione diretta, dell’accoglienza della vita, prima e dopo la nascita, in ogni condizione e circostanza in cui essa è più debole, emarginata, minacciata e bisognosa dell’essenziale“. Per un’intuizione profetica già don Oreste dai primi anni ‘90 scendeva in strada. Chiedeva a queste giovani donne non: “quanto vuoi?”, ma: “quanto soffri?”. Non sempre il suo apostolato era compreso ma lui restava fermamente convinto che ciò si consumava sulle strade del meretricio fosse “l’ingiustizia più antica e odiosa del mondo”, perché, come amava ripetere: “nessuna donna nasce prostituta ma c'è sempre qualcuno che ce la fa diventare”. “La soluzione alla prostituzione coatta non è quindi legalizzare un’ingiustizia- sottolinea don Buonaiuto-. Don Oreste ci ha indicato da subito il corresponsabile, chi permette questa orrenda schiavitù: il cliente. Ecco perché l’Associazione ha dato vita ad una petizione “questoèilmiocorpo.org” affinché l’Italia segua le orme delmodello nordico il quale disincentiva la domanda per abbattere l’offerta di questo turpe mercato”.

Piccoli schiavi

Un quarto delle vittime di tratta in Europa è composto da minorenni e l’obiettivo principale dei trafficanti di esseri umani è lo sfruttamento sessuale, che in Italia è in crescita costante. Le vittime accertate sono 1.660, con un numero sempre maggiore di minorenni coinvolti, cresciuti in un anno dal 9% al 13%. Anche sulle 20.500 vittime registrate complessivamente nell’Unione nel biennio 2015-16, il 56% dei casi riguarda la tratta della prostituzione, con un pur consistente 26% legato allo sfruttamento lavorativo. Save the Children ha realizzato il rapporto “Piccoli schiavi invisibili 2019”. “Non si può ignorare- spiega al Fatto Quotidiano Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa-  il fatto che il fiorente mercato dello sfruttamento sessuale delle minorenni in Italia è legato alla presenza di una forte “domanda” da parte di quelli che ci rifiutiamo di definire “clienti”, i quali sono parte attiva del processo”. Anche se non rappresenta il principale obiettivo del sistema della tratta, lo sfruttamento lavorativo in Italia è in crescita e nel 2018 gli illeciti registrati con minori vittime, sia italiani che stranieri, sono stati 263, per il 76% nel settore terziario. Il numero maggiore di violazioni sono state segnalate nei servizi di alloggio e ristorazione (115) e nel commercio (39), nel settore manifatturiero (36), nell’agricoltura (17) e nell’edilizia (11). 

False promesse 

Provengono dalla Nigeria o dai Paesi dell’est europeo e dai Balcani le ragazze che sono maggiormente esposte al traffico delle organizzazioni e reti criminali, che poi gestiscono in Italia un circuito della prostituzione in continua crescita. Il numero delle vittime di tratta minori e neo-maggiorenni intercettate in sole cinque regioni (Marche, Abruzzo, Veneto, Lazio e Sardegna) dagli operatori del progetto Vie d’Uscita di Save the Children è infatti cresciuto del 58%, passando dalle 1.396 vittime del 2017 alle 2.210 nel 2018, mentre i Paesi di origine sono per il 64% la Nigeria e per il 34% Romania, Bulgaria e Albania. l business della tratta internazionale a scopo di sfruttamento sessuale in Italia si basa su un sistema che si adatta al mutare delle condizioni. Un esempio: l’adescamento con la falsa promessa di un lavoro in Italia di vittime nella Nigeria del sud, avveniva in gran parte a Benin City (Edo State), ma sembra essersi spostato più a sud, nel Delta State, anche per ovviare agli effetti di un editto della massima autorità religiosa del popolo Edo, Ewmare II, che nel 2018 ha dichiarato nullo il rito juju, utilizzato dai trafficanti per sottomettere le giovani vittime, disarticolando, purtroppo solo temporaneamente, l’intera rete di controllo. Le ragazze e le donne nigeriane, giunte in Italia dopo un viaggio attraverso la Libia e via mare dove subiscono abusi e violenze, devono restituire alla maman, la figura femminile che gestisce il loro sfruttamento, un debito di viaggio che raggiunge i 30mila euro e sono costrette a “lavorare” fino a 12 ore tutte le notti, anche per 10-20 euro a prestazione, raccogliendo dai 300 ai 700 euro al giorno. “Buona parte dei soldi – sottolinea al Fatto Save the children – servono però per pagare vitto, alloggio e vestiti, spesso anche per l’affitto del posto in strada dove si prostituiscono, e l’estinzione del debito diventa quasi irraggiungibile”.

Trafficanti di carne umana

I trafficanti hanno  spostato il circuito della prostituzione dai luoghi più facilmente identificabili, come le piazzole lungo le provinciali o le maggiori arterie stradali, verso luoghi “meno visibili”, il cosiddetto giro walk, come le fermate dei bus o i parchi, oppure all’interno delle case, che in alcuni casi sono connection-house, gestite e frequentate prevalentemente da connazionali, come quelle segnalate dagli operatori in Campania e Piemonte. Sulle nostre strade è rimasta costante la presenza di ragazze di origine rumena o bulgara, ma si segnala un aumento delle ragazze di origine albanese. Un ritorno che riguarda anche i gruppi criminali albanesi in Italia, secondi solo a quelli nigeriani, puntualizza il Fatto.Il reclutamento delle vittime nei Paesi di origine avviene con metodi sempre più efficaci. In Romania, lo confermano diverse testimonianze, ci sono le “sentinelle” dei trafficanti che individuano in anticipo negli orfanotrofi le ragazze che stanno per lasciare le strutture al compimento dei 18 anni, e mettono in atto un adescamento basato su finte promesse d’amore e di un futuro felice in Italia. “I finti lover boy che sono affiancati ad ogni ragazza lungo il periodo di sfruttamento in Italia, che può durare anni – racconta il rapporto – esercitano un controllo totale e violento, come nel caso, riportato dagli operatori, di una ragazza rimasta incinta indotta ad entrare in una vasca riempita di cubetti di ghiaccio per indurre l’aborto per shock termico”. La risposta del sistema italiano di tutela delle vittime è ancora frammentaria “ed è necessario potenziarla” spiega il dossier. Lo ha rilevato anche il gruppo di esperti del Consiglio d’Europa che nel 2018 ha condotto una valutazione del quadro normativo e istituzionale nel nostro Paese rispetto all’applicazione della Convenzione europea in materia.

Assistenza alle vittime

Secondo Save the children “il primo Piano Nazionale d’Azione adottato dal Governo nel 2016 per tracciare le linee guida del contrasto e della prevenzione ha rappresentato un passo positivo importante”, ma è scaduto a dicembre 2018 e non è stato ancora definito un secondo piano. Per quanto riguarda il Programma Unico di Emersione, che racchiude le misure concrete per l’emersione, l’assistenza e l’integrazione sociale delle vittime, il finanziamento è stato potenziato dall’attuale governo e ammonta a 24 milioni per il triennio 2019-2021. L’organizzazione ha attivato dal 2012 il progetto Vie d’Uscita, realizzato in Marche e Abruzzo, Veneto, Lazio, Calabria, Sardegna e Piemonte. Nel 2018 Vie d’uscita ha sostenuto 32 percorsi di avviamento all’autonomia di vittime fuoriuscite dal sistema di sfruttamento.