Come sta la libertà di stampa nel mondo

La Norvegia si conferma per il terzo anno consecutivo il miglior Paese al mondo per libertà di stampa, seguita dalla Finlandia e dalla Svezia, che perde una posizione per via della recrudescenza del cyberstalking. La classifica, come di consueto, è redatta da Reporter Senza Frontiere, ong francese che monitora lo stato di salute del giornalismo sul pianeta. 

Classifica

L'Olanda passa dal secondo al quarto posto, visto che due giornalisti risultano sotto scorta perché minacciati dalla criminalità organizzata. Buone notizie provengono dal continente africano, nel quale Etiopia e Gambia registrano progressi significativa. La prima sale al 110cimo posto, la seconda al 92esimo. Perdono posizioni diversi Stati governati da regimi autoritari, come il Venezuela, che scende di 5 gradini (148°). Il forcing sul web e sui media independenti, arresti e leggi draconiane volute dal Cremlino costano alla Russia una posizione (149°). Calano Vietnam (176°) e Cina (177°). La Corea del Nord non è più ultima, “battuta” dal Turkmenistan.

Il caso americano

In generale la situazione va peggiorando. Se nel 2018, spiega Rsf, nel 26% dei 180 Paesi analizzati la situazione della stampa era “buona” (zona bianca) o “abbastanza buona” (zona gialla), quest'anno il dato è calato al 24%. Fa discutere, in particolare, il caso degli Stati Uniti, che perdono 3 posizioni e scivolano al 48esimo posto, finendo nella zona arancione. Il clima nei confronti dei giornalisti, aggiunge la ong, è sempre più ostile, complici i frequenti attacchi di Donald Trump alla categoria. Mai come quest'anno i cronisti Usa sono stati oggetto di tante minacce di morte. Il clima è tale che nel Maryland un uomo ha aperto il fuoco all'interno della redazione del quotidiano locale The Capital Gazette, uccidendo 5 persone. 

Nel mirino 

Ma minacce, insulti e attacchi fanno parte dei “rischi aziendali” delle testate di numerosi Paesi. In India (che perde due posizioni), ad esempio, chi critica l'ideologia nazionalista induista viene considerato “anti-indiano“, divenendo oggetto di campagne d'odio online. Senza dimenticare i 6 giornalisti uccisi nel grande Paese asiatico. In Brasile (-3 posti), alcuni sostenitori del presidente Jair Bolsonaro hanno più volte minacciato o aggredito reporter. 

Bene ma non troppo

E' l'Italia? Migliora, passando dal 47esimo al 43esimo posto nel giro di due anni (nel 2018 era 44esima). Performance che ci consente di superare gli Usa. Ma, avverte Rsf, “molti giornalisti italiani sono stati apertamente criticati e insultati per il loro lavoro da esponenti politici, in particolare del Movimento 5 Stelle, che non hanno esitato a chiamarli 'infimi sciacalli' o 'prostitute', per questo alcuni di loro preferiscono autocensurarsi per evitare pressioni”. Il riferimento indiretto, in particolare, è a Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, che si rivolsero così a parte della stampa dopo l'assoluzione di Virginia Raggi dalle accuse di falso nel caso nomine.