Bullizzati sul web perché credenti

Sei vittima di un bullo? Dovresti parlarne con un tuo amico. Ne è convinta la stragrande maggioranza dei ragazzi italiani, sicuri nell'affermare che genitori, professori e forze dell'ordine debbano essere messi da parte. E' quanto emerge da un'indagine coordinata da Anna Maria Giannini, docente di Medicina e Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma, e dal Movimento italiano genitori (Moige) e realizzata su un campione di 1.342 ragazzi delle scuole superiori, presentata oggi al Viminale. Sempre più giovani rendono accessibili a tutti, tramite i social, foto e messaggi privati; più della metà è consapevole che il materiale condiviso verrà visualizzato da altri, ma la maggior parte di loro non è consapevole dei rischi che si generano con questa “condivisione”. 

L'indagine

Secondo i dati, nove ragazzi su dieci usano il telefonino per accedere al web e ai social; due su dieci tablet o pc, in particolare per motivi di studio o di lavoro. Tra le piattaforme più usate c'è WhatsApp (lo utilizza il 90 per cento degli studenti), seguita da Facebook (63,72 per cento). Vengono usati soprattutto per socializzare, “ma pongono gli adolescenti di fronte a rischi spesso sottovalutati”, avverte Roberto Sgalla, Direttore Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria, delle Comunicazioni e per i Reparti Speciali della Polizia di Stato. “Compito degli adulti, e in particolare di Istituzioni, Associazioni e Aziende è quello di non lasciare soli i ragazzi, ma aiutarli a muoversi nel mondo virtuale. In questo ambito, la Polizia Postale e delle Comunicazioni si occupa, tra l’altro, di diffondere una cultura della sicurezza in Rete e di fare in modo che Internet possa essere vissuto da tutti, a partire dai banchi di scuola, come un’opportunità  e non come un pericolo. Prevenzione e formazione sono gli strumenti più efficaci  per consentire ai giovani  di  navigare con prudenza nella rete, aiutando, allo stesso tempo, i genitori a conoscere i mezzi a loro disposizione per proteggere i figli dai pericoli del web”. Chi è vittima di cyberbullismo può subire conseguenze anche molto gravi, come la perdita della fiducia in se stesso, problemi di rendimento scolastico, disagio, stati di ansia, esclusione e depressione. L’aggressività che si manifesta su Internet è uno dei fenomeni di violenza più preoccupanti e seri, tanto da indurre all’autolesionismo e talvolta addirittura al suicidio. Questi sono pericoli reali, come mostrano i dati della Polizia postale: lo scorso anno sono stati 354 i casi trattati dalle forze dell'ordine che anno avuto minorenni vittime: in ben 116 episodi erano stati oggetto di ingiurie e molestie, in 87 di diffammazione online, 59 in diffusione di materiale pedopornografico. 39 i minorenni denunciati. 

Contro le regole

Per cosa si viene bullizzati? Per il modo di vestirsi e il credo religioso. “Quello che noi abbiamo visto attraverso la ricerca – dice a In Terris la professoressa Giannini – è l'atteggiamento di alcuni ragazzi. Chiamano 'bacchettoni' o 'bacia pile' i loro coetanei che seguono le regole di un qualsiasi credo religioso. Usano termini dispregiativi nei confronti di chi esibisce correttamente, come dev'essere, dei precetti perché, secondo i bulli, questi ragazzi sono 'diversi', troppo aderenti alle regole. La dimensione religiosa – aggiunge – si pone in antitesi alla pseudo forza che i bulli credono di avere trasgredendo le regole“. E se poi “ti vesti da 'preicisino' (questo è un termine che è molto usato dai ragazzi) allora sei fuori dal gruppo. Tutto ciò dimostra un grande conformismo. E' come se appartenere al gruppo significa essere dissacranti, vestiti tutti allo stesso modo, possedere tutti gli oggetti tecnologici di ultima generazione ed essere violenti perchè questo ti fa sembrare forte, che non sei un codardo“. Un profilo inquietante, secondo la profesoressa Giannini: “Oggi parliamo di tolleranza, di integrazione ma poi esiste una forza centripeta fortissima in questa tipologia di ragazzi che tende ad allineare tutto: ciò che è diverso viene attaccato. Non si prende più di mira il colore della pelle, è vero, ma si attacca il disabile”. Cosa fare allora? “Quello che manca – dice la professoressa – è un sistema codificato di educazione da erogare nelle scuole. Gli insegnanti fanno tantissimo con le loro forze e con quello che possono. Ma manca quello che deve essere sitematico, ovvero dall'asilo fino all'ultimo anno di scuola superiore, una formazione continua all'educazione affettiva, l'educazione all'uso di questi strumenti tecnologici, ma anche all'educazione stradale, cioè quei diversi aspetti che costituiscono elementi di vita“. “Questi non devono essere occasionali, al contrario. Vanno assolutamente fatti con continuità e reiterati. Credo che in questo occorre un grande ripensamento delle politiche di formazione e prevenzione ed educazione e dare risorse alle scuole per svolgere bene il lavoro che svolgono”, conclude. 

Il ruolo dei genitori

E i genitori? Qual è il loro ruolo? Come possono “controllare” i propri figli? Secondo Maria Rita Munizzi, presidente nazionale del Moige, “lo strumento è quello antico del dialogo e del rapporto vero con i figli, dedicandogli tempo all'ascolto. Ci sono dei terreni all'interno dei quali noi genitori ci muoviamo male e in modo maldestro, soprattutto sui social. L'esperimento di seguire i figli su Facebook fa si che poi i nostri ragazzi migrino su altre piattaforme e noi non siamo così svelti da seguirli“. E aggiunge: “Credo che l'esperienza di condividere con loro il mezzo la tecnologia serva a fargli capire che la vita virtuale non può essere un'astrazione all'interno della quale non ci sono regole, dove si può fare di tutto perchè nessuno ci vede. Ci sono delle regole anche lì. Il cyberbullismo è un fenomeno ben normato e perseguibile dalla legge italiana, quindi i genitori devono parlare chiaramente con loro per spiegare quali sono i rischi, ma soprattutto ricordare che la denuncia, quando si è vittime, è la strada migliore da seguire”. Il suggerimento, dunque è quello di dedicare del tempo alla prole, una vera impresa per i genitori di oggi costretti a lavorare tutto il giorno. “In Italia abbiamo un welfeare familiare ridicolo rispetto ai Paesi europei – dice a In Terris la presidente Munizzi -; il tempo è la merce più rara perchè siamo chiamati a lavorare a produrre. Il tempo per la famiglia non viene considerato come un tempo produttivo. Ad oggi non ci sono soluzioni semplici. Siamo in attesa di un governo più lungimirante che consenta maggiori spazi alla maternità e alla parternità nell'ottica di investimento sulle future genenrazioni”. E conclude: “Troppe volte la scuola viene considerata un parcheggio, un tempo dove lasciare i propri figli con la speranza che si risolvano i problemi. Ma noi genitori non possiamo lavarci le mani, siamo noi i primi educatori e non possiamo dare la colpa alla scuola perchè non ha saputo fare il suo mestiere: la scuola deve istruire, i genitori devono educare“.

Un camper contro il cyberbullismo

Da qui l'idea di una campagna nelle scuole, ma anche online, che coinvolgerà 18 regioni e oltre 50.000 ragazzi. Protagonisti saranno 500 “giovani ambasciatori” che si recheranno in 100 Istituti superiori. Grazie a Enel Cuore onlus, questi ambasciatori saranno affiancati da un centro mobile di prevenzione, sostegno e supporto, ovvero un camper pronto a raggiungere quelle città che lo chiederanno.  A bordo ci saranno gli esperti psicologi e psicoterapeuti del Moige. In ogni Istituto saranno scelti 5 giovani ambasciatori che si formeranno per diventare protagonisti dell’azione formativa sui loro compagni di scuola attraverso l’ innovativa metodologia del peer to peer. Anche i genitori riceveranno i consigli per riconoscere i primi segnali e per contrastare questo dramma sociale sempre più diffuso.

Per le segnalazioni sul fenomeno rimane attiva l’app dedicata scaricabile da Google Play e App Store cui risponde la nostra task di esperti. Il progetto è promosso dal Moige e dalla Polizia di Sato, con il patrocinio di Un Nodo Blu, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dell’Anci e con il supporto di Enel Cuore, di Trend Micro.