Air Italy, Langiu: “La dismissione sarebbe una catastrofe”

E'un nuovo caso, quello di Air Italy, che certifica il preoccupante stato di crisi del comparto industriale italiano. Dopo l'annosa vicenda Alitalia e l'altrettanto prolungato caos sull'ex Ilva, con l'altalenante interesse di investitori stranieri e l'incombente spettro del licenziamento per migliaia di lavoratori, la decisione dei due comparti societari di mettere in liquidazione l'ex Meridiana ha assestato il colpo definitivo a un settore già duramente messo alla prova. Il rischio non è solo di vedere sfumare un nome di rilievo del made in Italy e nell'ambito del trasporto aereo internazionale, ma soprattutto di osservare 1.450 posti di lavoro cadere senza alcun paracadute su cui fare affidamento: “Il 20 febbraio – ha spiegato a Interris.it Gianluca Langiu, segretario Fit Cisl Gallura – il Ministero dei Trasporti ha convocato tutte le parti interessate: sarà necessario trovare una soluzione per tamponare l'emergenza e valutare se vi sia o meno interesse da parte di uno dei due soci di proseguire l'attività. In caso negativo, trovare rapidamente un investitore terzo”. Il tutto, con una spada di Damocle che incombe sempre più minacciosa, soprattutto per il comparto Air Italy attivo ad Olbia, dove rischiano di restare a piedi 550 dipendenti.

 

Dott. Langiu, la vicenda Air Italy appare in caduta libera, con l'annuncio della liquidazione che comporterebbe conseguenze potenzialmente disastrose per oltre un migliaio di lavoratori. Come si è arrivati a questo punto?
“La compagine societaria di Air Italy è composta dal fondo Akfed, a cui fa capo il principe Aga Khan, per il 51% e per il 49% dalla Qatar Airways. Questo matrimonio fu combinato dall'allora governo Renzi, con i ministri dello Sviluppo economico e dei Trasporti, Carlo Calenda e Graziano Delrio i quali, a valle di una crisi dell'allora Meridiana in cui era stata aperta una procedura di licenziamento per 1.500 lavoratori, si impegnarono a trovare un partner alla società, cosicché l'azienda potesse guadare lo stato di crisi. Il matrimonio però non è andato nella direzione dove un po' tutti – organizzazioni sindacali, lavoratori e politica – si aspettavano che andasse: dopo neanche 18 mesi dall'inizio del progetto e del piano industriale che era stato presentato, i due soci hanno deciso di dividersi, decidendo la messa in liquidazione dell'azienda. Oggi noi abbiamo 1.450 lavoratori dipendenti che, a breve, rischiano di ricevere la lettera di licenziamento”.

C'è la possibilità di fermare momentaneamente la dismissione societaria?
“Dopo che i liquidatori nominati avranno appresa la situazione economica dell'azienda e fatto il quadro dei crediti che devono essere pagati, l'azienda sarà messa in liquidazione. La situazione, oggi, parla di 1.450 persone che rischiano di restare senza lavoro. Su questo punto, come organizzazione sindacale, abbiamo attivato tutte le interolocuzioni possibili con la politica perché, su questo tema specifico, la politica nazionale deve interloquire con la proprietà e provare a convincerla a recedere da questa decisione o, comunque, vedere se c'è la possibilità di poter rallentare. La politica avrà necessità di tempo per trovare soluzioni alternative”.

Ad esempio?
“Noi auspichiamo anche la possibilità di trovare un nuovo soggetto che abbia intenzione di subentrare a una delle due compagini societarie o di rilevare in toto l'azienda, al fine di salvaguardare al massimo quelli che sono i livelli occupazionali. Se la liquidazione va avanti senza trovare una strada alternativa, 1.450 persone andranno a casa. Se poi aggiungiamo che di questi in 550 sono basati a Olbia, in un territorio che è già in forte affanno dal punto di vista economico e occupazionale, sarebbe una vera catastrofe”.

Con ripercussioni ulteriori vista la settorialità degli impieghi in questione…
“Parliamo di persone che difficilmente, visto che hanno una professionalità molto specifica e settoriale, lavorando all'interno di una compagnia aerea, riusciranno a essere ricollocati a breve termine. Un disastro”.

Negli ultimi mesi era stata preventivata la possibilità di una messa in liquidazione o la notizia ha colto di sorpresa?
“No, negli scorsi mesi si percepiva come i due azionisti non andassero più d'accordo. Da quello che doveva essere il progetto iniziale, con un aumento in maniera esponenziale della flotta – soprattutto ingresso di diversi aeromobili, addirittura si era parlato inizialmente di 50 aeroplani -, ulteriori assunzioni per 2.500 lavoratori e un trasportato complessivo di 12 milioni di passeggeri, dopo poco si è tutto arenato. Probabilmente, quando si ha a che fare con due soci che hanno entrambi una riserva infinita da un punto di vista economico, è più difficile il dialogo”.

Al momento, dunque, il dialogo fra le parti è pressoché azzerato o c'è possibilità di una ripresa dei rapporti, quantomeno per tamponare il potenziale taglio dei posti di lavoro?
“Escludo che i due possano continuare a fare impresa insieme. Per questo serve tempo: per capire chi dei due è ancora interessato a fare trasporto aereo e quindi, di conseguenza, vedere se c'è la possibilità di un soggetto terzo che subentri a una delle due. Quando si decide di mettere l'azienda in liquidazione, ci si attiva nell'immediato a pagare tutto quello che c'è da pagare… E se tutto questo si può fare nel giro di poche settimane, chi può attivarsi per trovare un nuovo soggetto, potrebbe non riuscire ad agire per tempo. Per questo va aperto immediatamente un dialogo serrato con la proprietà per capire quelle che sono le reali intenzioni. In caso uno dei due sia ancora interessato, vedere se ci siano i presupposti per rallentare il processo in attesa di trovare un altro soggetto. In questo modo, l'azienda non verrebbe liquidata ma vi sarebbe solo un cambio societario e si salvaguarderebbero i posti di lavoro”.

In caso negativo, scatterebbe qualche tutela provvisoria per i lavoratori?
“L'azienda, avendo deciso di attivare la procedura di liquidazione, i lavoratori rischiano di trovarsi per strada senza un ammortizzatore sociale. Il massimo che possono ricevere è la Naspi, completamente diversa rispetto agli ammortizzatori sociali di settore, come quelli utilizzati in Alitalia. La Naspi è un'assicurazione per l'impiego semplice, che viene erogata a tutti i lavoratori, ma chi lavora all'interno del trasporto aereo potrebbe godere, laddove l'azienda decidesse di attivare delle procedure specifiche, di ammortizzatori sociali che potrebbero fare la differenza. Perché tali ammortizzatori, per il trasporto aereo hanno un'integrazione del fondo speciale che significherebbe, laddove non si riuscisse a trovare un'alternativa, un periodo di retribuzione un po' più alta e una boccata d'ossigeno per gli interessati”.

Sì, il 20. Giovedì il Mit ha convocato l'azienda, le organizzazioni sindacali e anche le due regioni interessate, Sardegna e Lombardia, per iniziare a vedere se c'è la possibilità di esplorare soluzioni alternative.