60 anni di Legge Merlin: la necessità di aggiornarla

Merlin

Il 20 febbraio 1958, esattamente sessant’anni fa, il Parlamento italiano approvando la legge Merlin aboliva i cosiddetti “bordelli” legali. Furono costrette a chiudere le porte 560 “case di tolleranza” in tutta Italia, nelle quali vendevano il proprio corpo circa 2.700 ragazze.

L’iter della norma che porta il nome della senatrice socialista fu lungo. La prima bozza risale al 1948, ma le varie resistenze fecero slittare il definitivo via libera di dieci anni. L’approvazione, salutata dai suoi fautori come un atto contro lo sfruttamento, non fece configurare la prostituzione come reato. E non servì nemmeno a spegnere il fuoco delle polemiche.

Dopo tanti anni, la questione appare tutt’altro che risolta. Svariati sono stati i tentativi, nel corso delle varie legislature, di sopprimere o almeno snaturare il senso della legge Merlin. Tanti sono gli alfieri della prostituzione legale, che la considerano un argine al racket criminale.

Anche di recente, il tema è tornato al centro del dibattito politico. E in molti hanno letto come un tentativo di demolire l’impianto della legge quanto avvenuto di recente in un’aula giudiziaria: nell’ambito di un processo, la Corte d’Appello di Bari ha deciso di chiedere alla Corte Costituzionale se, dopo sessant’anni da quando è stata approvata la legge Merlinsi esprima per la prima volta sulla incostituzionalità di alcune norme in essa contenute.

Il fallimento delle “case chiuse” e il “modello nordico”

Dinanzi alla volontà di riaprire le “case chiuse”, si staglia tuttavia il fallimento della legalizzazione della prostituzione in Paesi come la Germania e l’Olanda. Di contro, va registrato il successo del “modello svedese”, ossia di leggi che puniscono non solo chi favorisce la prostituzione ma anche il cliente.

Risale al 2004 uno studio di Gunilla Ekberg, avvocato esperta di prostituzione e traffico di esseri umani, dal quale emerge che il numero totale delle prostitute in Svezia dall’approvazione della legge che punisce i clienti era sceso da circa 2.500 del 1999 a circa 1.500 del 2002. In gran parte sgominata anche la prostituzione sui marciapiedi, ridotta dal 50 al 30 per cento.

Lo studio della Ekberg non affronta il tema dello sfruttamento, che invece è stato al centro di una ricerca del 2012 da parte di alcuni accademici e riportato su Il Post. Il documento rileva che le vittime del traffico di esseri umani “nel 2004 in Danimarca coinvolgeva  2.250 persone, mentre in Svezia circa 500, un numero oltre quattro volte più grande, nonostante la popolazione svedese sia solo il 40 per cento in più di quella danese”.

Della bontà dell’iniziativa legislativa svedese se ne è accorta anche la Commissione Pari opportunità del Parlamento europeo, che nel 2014 ha approvato una risoluzione che invita i Paesi membri a seguire il “modello nordico” in quanto ciò “comporterebbe significativi progressi”.

In questo senso si inserisce il lavoro che da decenni svolge la Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi. Quest’ultimo, scomparso nel 2007, ha dedicato la sua vita agli ultimi, in particolare si è fatto promotore di un impegno sulle strade per salvare le donne vittime della tratta e ha lanciato appelli alle istituzioni affinché approvassero una legge che punisse i clienti.

Questo è il mio Corpo

Il suo testimone è stato raccolto dall’Apg23. Da quando don Benzi ha iniziato quest’opera, sono circa 7.000 le donne, di cui molte minorenni, che sono state liberate e accolte nelle case famiglia dell’associazione. Insieme ad un cartello di associazioni, l’Apg23 ha lanciato “Questo è il mio Corpo”, campagna di liberazione delle vittime della tratta e della prostituzione. La proposta, ispirata al modello nordico, ha l’obiettivo di ridurre sensibilmente il fenomeno colpendo la domanda e multando i clienti delle prostitute. Sull’esempio di questo modello, diverse amministrazioni comunali in Italia hanno introdotto ordinanze per punire i clienti delle prostitute: si ricorda quella firmata dal sindaco di Firenze, Dario Nardella, e quella del Comune di Rimini.

L'appello di Ramonda

Proprio in occasione del sessantesimo anniversario dell’approvazione della legge Merlin, Giovanni Paolo Ramonda, presidente dell’Apg23, ha sottolineato che questa norma “va aggiornata alla luce del nuovo contesto sociale, ma sempre nella stessa direzione di tutela delle persone, in particolare delle donne”. Ramonda ha rilevato che “la situazione attuale non è più quella degli anni '50, bensì è legata alla tratta di persone provenienti da Paesi poveri e ridotte in schiavitù”. Per questo – ha aggiunto – “occorre introdurre sanzioni non solo verso i trafficanti, ma anche verso i clienti delle prostitute, perché con il loro comportamento sfruttano la vulnerabilità delle persone che si prostituiscono. I clienti sbagliano! E per questo vanno sanzionati. Anche per aiutarli a cambiare”.

“La prostituzione – ha concluso Ramonda – corrompe una società intera, perché distrugge la dignità della donna”.