Ecco perché l'evoluzione non nega Dio

Oggi tutto il mondo omaggia Charles Darwin, ritenuto dalla comunità scientifica il padre dell'evoluzionismo, la teoria che illustra i processi di selezione naturale che hanno portato l'uomo a evolversi nella storia. Un Darwin Day il 12 febbraio, rammentando la sua nascita 211 anni fa come data essenziale per la ricerca scientifica mondiale. Ma ricordare il biologo e naturalista significa anche sottolineare le resistenze che l'accademico ebbe da gran parte dei suoi contemporanei, influenzata anche da una scuola di pensiero legata al creazionismo, il quale negava di fondo che l'uomo potesse provenire dai primati e che fosse frutto di un lento processo di mutazioni genetiche.

Evoluzione e fede: davvero inconciliabili?

Esiste davvero l'alternativa tra evoluzione e creazione? È cioè possibile che i due concetti, sebbene di natura diversa, possano al contrario essere complementari o – per usare le parole di Stephen Gould – appartenenti a due magisteri indipendenti e non sovrppaonibili? La domanda è lecita perché, ancora oggi, si tende a rifiutare l'una in nome dell'altra. Già nel lontano 1969 aveva trattato il tema l'allora teologo Joseph Ratzinger, che nell'opera Wer ist das eigentlich – Gott? aveva scritto che “La teoria dell’evoluzione non annulla la fede, e nemmeno la conferma. Ma la sfida a comprendere meglio se stessa e ad aiutare in questo modo l'uomo a capire sé e a diventare sempre più quello che deve essere: l'essere che può dire tu a Dio per l'eternità“. Papa Giovanni Paolo II diceva che “l'evoluzione manifesta la creazione“. Oltre ai Pontefici, sono tanti gli studiosi credenti che hanno fatto della trattazione dell'evoluione il loro campo di ricerca: basti citare Kenneth R. Miller, Martin A. Nowak e Joan Roughgarden, oltre ai premi Nobel cristiani Peter Agre e Werner Arber, quest'ultimo nominato in seguito presidente della Pontifica Accademia delle Scienze.

Conciliare materia e spirito

Fra i massimi esperti dell'evoluzione in Italia, vi è don Fiorenzo Facchini, sacerdote bolognese e professore emerito di Antropologia all'Università di Bologna, nonché autore di circa 400 pubblicazioni su riviste nazionali e internazionali e membro di importanti società scientifiche (tra cui l’Istituto Italiano di Antropologia e la New York Academy of Sciences). Don Facchini è, altresì, conosciuto per i suoi libri di divulgazione sul rapporto tra evoluzione e fede come Le sfide dell’evoluzione. In armonia tra scienza e fede Evoluzione. Cinque questioni nell’attuale dibattito, editi ambedue da JacaBook.

Professore, che cosa rappresenta l'evoluzione per la storia dell'umanità?
“È il modo con cui si è formata e sviluppata la vita sulla terra, la grande avventura della vita nelle sue diverse espressioni che induce a pensare, a porre domande anche oltre la vita stessa. La realtà, fisica e biologica, rivela delle potenzialità che fanno pensare a qualcosa che stia oltre e possa essere la causa di tutto questo movimento evolutivo”.

Nel 2006 uscì un suo articolo su L'Osservatore Romano dove parlava di evoluzione in termini di complessità…
“Ho scritto varie volte su l'Osservatore a proposito di evluzione e creazione. Un articolo nel gennaio 2006 fu anche ripreso dal New York Times. Il tema della complessità o meglio di una crescita della complessità in alcune direzioni evolutive (e quella di maggiore complessità è certamente l'evoluzione dell'uomo), non era nè sconosciuto né sottovalutato da Darwin. Egli lo riduceva ad aspetti quantitativi e misurabili. Così vedeva anche il comportamento dell'uomo, si direbbe in una linea materialista”.

Decenni fa, la teoria evoluzionistica fu osteggiata in seno alla stessa Chiesa. Come si supera questo limite?
“La difficoltà che presentava la teoria della evoluzione, specialmente quando fu proposta, veniva dal fatto che molti la vedevano (alcuni anche oggi) in alterntiva alla creazione. In realtà non c'è nessuna opposizione. Evoluzione e creazione sono due aspetti della medesima realtà. Uno fa riferimento ai cambiamenti nel tempo. L'evoluzione, come diceva Giovanni Paolo II, manifesta la creazione. L'altro aspetto riguarda l'esistere delle cose, che comporta una dipendenza radicale dal Creatore. Nel caso dell'uomo è inoltre da ammettersi la sua dimensione spirituale che non può derivare dalla materia e richiede una volontà del Creatore”.

Secondo lei, si può parlare di evoluzione considerando le frontiere dell'intelligenza artificiale? Perché?
“Il tema del'intelligenza artificiale e delle sue applicazioni all'uomo e al suo comportamento può comportare modalità nuove nel rapporto con le cose e quindi con la cultura, più che una evoluzione sul piano fisico. Le nuove frontiere riguardano la vita e l'organizzazione della società, più che la dimensione biologica, ma ripercussioni su questa sfera non sono da escludere”.