L’antitesi fra crisi e lavoro: Torino l’avamposto della protesta

Sabato nella piazza simbolo dei Savoia, piazza Castello, i delegati delle varie categorie hanno raccontato le difficoltà dei vari settori

La Vertenza Torino, lanciata dal sindacato torinese, segnala l’autunno caldo che si avvicina. La norma che blocca i licenziamenti ha scaricato per adesso sul campo dei non garantiti gli effetti della crisi, ma non è finita. Quasi 100 mila avviamenti al lavoro in meno nei sei primi mesi ha detto Gianni Cortese della UIL. A Torino la crisi batte di più, perché la città declina economicamente da anni e oggi è la prima cassaintegrata in Italia. Forte e appassionato l’intervento dell’Arcivescovo Cesare Nosiglia, che sta seguendo i problemi delle tante aziende in crisi con grande apprezzamento del Sindacato, e che  ha invitato la Città a non rassegnarsi al declino.

Sabato nella piazza simbolo dei Savoia, piazza Castello, i delegati delle varie categorie hanno raccontato le difficoltà dei vari settori, la fatica ad arrivare a fine mese dei cassaintegrati, la paura del futuro di quelli della FIAT. Il Nulla sarà come prima dei filosofi da dibattiti televisivi per ora sei è espressa in un peggioramento per i senza lavoro, per chi ha un lavoro non a tempo indeterminato e per i cassaintegrati. Nei discorsi si sentiva la differenza di approccio e di richieste tra quelli non garantiti e tra quelli che hanno un posto di lavoro sicuro.

La speranza è in una politica industriale dell’auto, un settore che vale il 10% del PIL. La speranza è nell’utilizzo dei soldi a fondo perduto dell’Europa anche se nel sindacato si fa fatica a parlare apertamente della importanza della TAV e delle grandi infrastrutture di trasporto , forse perché non si è ancora capito bene che senza la crescita economica non vi sarà prospettiva seria per il lavoro. Lucidissimo Monsignor Nosiglia ha avvertito che la assistenza può essere solo momentanea e che per una vita degna ci vuole il lavoro.

Eppure se il Paese venisse chiamato dalle Amministrazioni locali a discutere le cose da fare per rilanciare il Paese e per discutere su come utilizzare i fondi europei fosse potremmo sperare in una seconda rinascita economica e sociale dopo quella che ci diedero De Gasperi e i governi centristi. Ma Conte non pare De Gasperi.