La strada per il vero impegno quaresimale

Ogni tanto i miei alunni mi chiedono com’ero quando frequentavo la scuola, come si viveva senza il cellulare per cinque ore, se mi piaceva scrivere visto che spesso chiedo loro di applicarsi in quest’arte. Qualche giorno fa ho messo in ordine un po’ di carte e nel frattempo ho tirato fuori i miei quaderni del liceo con vecchi temi ed elaborati scritti. Così, scartabellando, ho trovato del materiale dell’ora di Religione, una sorta di tema la cui traccia era questa: “Quali sono i tuoi propositi per la Quaresima?”. Ho deciso di riprendere il testo e presentarlo ai miei alunni, chissà che parole scritte più di venticinque anni fa non possano ancora avere valore.

Eccole: «Ho riflettuto, mi sono quasi seduto a tavolino per trovare la mia “strategia quaresimale”. Sono partito dagli anni passati, da ciò che mi era servito davvero. In più momenti mi ritornavano in mente le parole “carità – digiuno – preghiera” e poi, in ordine sparso, possibili azioni da fare. Trovato qualcosa di adatto per uno, me ne sfuggiva un altro, così di nuovo a pensare. Che confusione! Vorrei crescere nella fede e mi ritrovo a non sapere cosa scegliere. Meno tv? Messa tutti i giorni? Non mangiare dolci? Mettere da parte soldi per chi ha bisogno? Alla fine ho ridotto a questi quesiti i miei “fioretti” per la Quaresima. Quando pensavo che la scelta fosse fatta, corro in chiesa, mettendo avanti i miei propositi confusionari, ma durante l’omelia, grazie alle parole del celebrante, tutto si illumina: «Puntare su Dio». Sì, ecco la chiave, la strada, il vero impegno quaresimale: «Puntare su Dio».

Ancora una volta ero in errore e avevo perso tempo nel rimuginare sulle mancanze, nel fare i conti su cosa eliminare, nell’elencare quanti avrei potuto aiutare. Non avevo fatto altro che puntare su me stesso, cioè sul perdente. Nel farlo, avevo perso di vista Dio e la sua misericordia, ponendo al centro me e il poco che sono. Cosa fare dunque? Innanzitutto, fuggire dal rischio di vivere la fede come un contabile, cioè abbandonarmi a Chi solo conosce il valore del cuore dell’uomo. Poi “grattare” ed eliminare la scorza di devozionismo o pietismo per “vincere facile” con l’amore di chi è Padre buono. Infine, alzare la testa e tenere lo sguardo non su me stesso, ma su Chi, guardandomi, mi fa sentire voluto bene anche quando non sarò stato capace di mantenere fede a tutti i propositi». Fin qui il mio vecchio tema!

Qualche giorno dopo un alunno si avvicina e mi lascia un biglietto con su scritto: “Per la sua Quaresima di quest’anno, con affetto”. Lo apro e trovo queste parole del blogger Berlicche che altre volte avevo citato loro: «Finalmente è Quaresima. Un periodo in cui non accetto niente di meno, rifiuto le autogiustificazioni, guardo con severità alle mie mancanze. Non vedevo l’ora. Troppo tempo ho perso nell’indulgere sui miei difetti. Ho l’occasione di cambiare, almeno un pochino. Di vivere meglio. Senza scorciatoie, senza “in fondo è lo stesso”. Voi direte, ma non potevi farlo prima? E io: certo. Ma ogni viaggio ha bisogno di una partenza e di una destinazione. Ogni salita ha bisogno di un primo passo, di una pietra solida, un gradino sul quale poggiare il piede. Poi so che a volte non ce la farò. Le cattive abitudini sono dure a morire. Io non sono perfetto, anzi. So anche però che c’è una misericordia e un perdono per tutto, e questi non me li do da me. Mi vengono incontro dalla cima alle scale, come un presagio di primavera».