Salt 1 e Salt 2: quali i contenuti e perché sono importanti

Quest’anno, nel drammatico scenario della perdurante guerra in Ucraina è passata pressoché sotto silenzio la ricorrenza dei cinquant’anni dalla firma dell’accordo conclusivo dei negoziati per la limitazione delle armi strategiche. Fu firmato a Mosca, il 26 maggio del 1972, dal presidente americano Richard Nixon e dal segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Leonid Brežnev. Sono noti con l’acronimo inglese SALT (Strategic Arms Limitation Talks 1), in quanto ad essi seguirono i SALT 2, che si concluderanno, invece, con un accordo firmato a Vienna, il 18 giugno del 1979, da nuovo presidente americano, Jmmy Carter e sempre da Brežnev, che nel frattempo, però, era diventato anche il presidente del Presidium del Soviet supremo, cioè il capo dello Stato Sovietico.

Quali i contenuti del SALT 1 e SALT2, quale il contesto in cui si svolgono e quali esiti ebbero non solo, ovviamente per i due Stati firmatari ma anche per l’Europa e il mondo nel suo complesso, condizionando allora le due superpotenze le dinamiche e gli equilibri del mondo bipolare?

Nel primo caso l’accordo prevedeva il congelamento per cinque anni dei missili a lunga gittata con ordigni nucleari e dei sottomarini strategici, nonché degli antimissili strategici, dei due paesi. Nel secondo caso si prevedevano ulteriori limitazioni della costruzione di armi strategiche.

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, per tutti gli anni Cinquanta si era avuta la fase più aspra della guerra fredda, caratterizzata dall’equilibrio del terrore, dopo che anche l’Unione Sovietica era divenuta, nel 1949, una potenza nucleare.

Gli Stati Uniti, nei confronti dell’Unione Sovietica, ripiegano sulla strategia del Containment (contenimento), rinunciando a quella del Rollback (cacciata indietro), sostenuta dagli ambienti più bellicisti, legati a John Foster Dulles. Entrambe le superpotenze sono impegnate in una vasta produzione di armi convenzionali e atomiche. In Europa e nel mondo, tuttavia, si sviluppa, di fronte a un possibile e apocalittico conflitto nucleare, un forte movimento per la pace, con il coinvolgimento di gruppi e personalità del mondo della cultura e dell’arte, al di là delle appartenenze politiche e religiose.

Le Nazioni Unite, tuttavia, nel 1952 creano una Commissione sul disarmo e, nel 1963, superata la “Crisi dei missili” di Cuba, come indubbio segno dell’avvio della distensione, in un incontro al vertice a Mosca, Stati Uniti, Unione Sovietica e Regno Unito s’impegnano a non fare più esperimenti nucleari nell’atmosfera.

Segue, il 1° luglio 1968, il Trattato di non proliferazione nucleare che si basa su tre principi: disarmo, non proliferazione e uso pacifico del nucleare. Seguì, conseguentemente, nel 1971, a Ginevra, la Conferenza delle Nazioni Unite sull’uso pacifico dell’energia nucleare.

D’indubbio rilievo è stata, sempre nel 1971, l’adesione al Trattato di non proliferazione nucleare anche della Santa Sede, che per la prima volta nel Novecento, partecipò pleno jure anche alla Conferenza di Helsinki (1973-75) sulla sicurezza e sulla cooperazione in Europa.  I suoi due rappresentanti, mons. Agostino Casaroli e mons. Achille Silvestrini, suscitarono particolare attenzione con i loro interventi che sottolineavano l’ineludibile interconnessione tra sicurezza e libertà tutte, compresa quella religiosa.

Gli accordi SALT 1 SALT 2 sono espressione della volontà di dialogo, se non di collaborazione con la prospettiva di avviare una nuova fase di riduzione degli armamenti atomici o, quantomeno, di un loro controllo.

L’accordo del SALT 2, a seguito dell’intervento sovietico in Afghanistan, alla vigilia di Natale 1979, su proposta del presidente Carter, non fu mai ratificato dal Senato americano. Non solo: l’amministrazione americana assunse anche una serie di misure restrittive, fra le quali, la sospensione delle previste vendite di grano e la non partecipazione alle XXII Olimpiadi, indette a Mosca per l’estate 1980.

Nonostante, con l’accrescersi delle tensioni all’inizio degli anni Ottanta, le grandi potenze si accusassero vicendevolmente di tradire gli accordi presi, le trattative per la riduzione delle armi strategiche, seppure con continue interruzioni, riprenderanno più negli anni successivi con ulteriori sviluppi positivi.