Opinione

Produttività, le parti sociali facciano la differenza

Si rimette in moto l’Italia produttiva, ed il dibattito sul da farsi per puntellare e sviluppare l’economia, le scelte migliori da decidere rispetto alle opportunità e alle indicazioni ed aiuti materiali provenienti dalla Unione Europea, sollecitano le parti sociali a volere e sapere dare il loro contributo di idee, predisponendosi positivamente nell’orientare i lavoratori sui ‘passaggi’ più importanti per favorire una discussione più equilibrata sulla economia e indirizzare le attese tra i lavoratori, le imprese e l’opinione pubblica, per mettere al centro delle aspettative del paese, la produttività del sistema Italia.

In effetti un analista di un ‘giornalone’ che di solito non mi convince, proprio ieri metteva in rilievo l’esigenza importante di avere in campo una ‘posizione’ completa e coraggiosa delle organizzazioni delle imprese e dei lavoratori che sinora è mancata. Infatti è stato un errore la mancanza di una proposta unica del lavoro italiano, che costringesse il governo ad essere meno vago. Insomma, sinora occorre ancora capire come si declineranno in Italia le due direttrici europee sull’ambiente e sullo sviluppo digitale e degli strumenti che gli permetteranno di svilupparsi. Si è svolta la scadente assemblea degli Stati Generali, con perdita di tempo ed ulteriori confusioni senza che alcuno, anche le parti sociali,  si ponesse il problema di alimentare un confronto all’altezza delle sfide che ci attendono.

Al contrario, abbiamo assistito al solito fiorire di tanti bonus ed aiuti a questo o a quello, che sono costati una somma enorme di denaro, senza strategia e senza responsabilità. Ed intanto siamo ancora in attesa di strategie economiche precise che ci appaiano all’orizzonte. Non è un mistero che da qualche tempo a questa parte, le forze politiche che si alternano al governo, sono pressoché catturate dall’idea di distribuire soldi pubblici per ottenere consensi elettorali. Se dunque le parti sociali non fanno da contraltare a questo andazzo, si crea nel paese un vuoto che alla lunga non può che rovinarci.

La questione della produttività nelle produzioni e dell’efficienza di tutti i fattori di sistema che la governano, era e resta il nodo principale da sciogliere. Da 25 anni non cresciamo ed anzi siamo diventati il gambero tra i paesi industrializzati; ma la questione più grave è che raramente qualcuno se ne cura. In momenti particolari del passato le parti sociali hanno fatto da sprone con la loro indicazione di ‘soggetto generale’ verso le realtà più avvertite che per decidere bene hanno bisogno di sponde solide.

Il tema è molto aperto: la politica in gran parte dominata dal populismo ha bisogno di realtà sociali ancorate saldamente alla cultura degli interessi più veri del paese. In questi frangenti, essi devono proporre rinnovi contrattuali moderni rivolti all’obiettivo produttività, disegnare con efficacia contratti sul telelavoro e lavoro agile, orari utili a nuove organizzazioni del lavoro emergenti nelle nuove frontiere del lavoro digitale e delle produzioni pro ambiente. Se dovessero confermarsi, come stato storicamente, soggetti in grado di dare esempi nuovi, si riaprirebbero nuove prospettive di riflessione e dibattito in questa attuale sciatta italietta, che finalmente ci riporterebbe sulla retta via.

Raffaele Bonanni

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