Perché Misericordia è il nome di Dio

Il Tempo di Quaresima, la liturgia delle settimane che precedono la Pasqua tra i formulari e le letture lo suggeriscono, è richiamo costante alla conversione e alla riconciliazione con Dio e con i fratelli. Non a caso, soprattutto in Quaresima, è forte l’attenzione al sacramento della confessione, quale via privilegiata per fare esperienza di riconciliazione all’interno di un percorso di revisione di vita che sfocia nel desiderio di conversione.

Anche in questi ultimi giorni papa Francesco è tornato a parlare di questo sacramento in occasione dell’incontro, tenutosi il 12 marzo, con i partecipanti al corso sul “foro interno” che la Penitenzieria Apostolica organizza ogni anno e che in questo 2021 si è svolto tramite piattaforma on-line.

Il sacramento della Riconciliazione secondo papa Francesco

Il Santo Padre si è soffermato su tre espressioni che a suo avviso spiegano bene il senso del sacramento della Riconciliazione: abbandonarsi all’Amore, lasciarsi trasformare dall’Amore, e corrispondere all’Amore. In riferimento alla prima espressione, il papa ricorda che “La fede è l’incontro con la Misericordia, con Dio stesso che è Misericordia – il nome di Dio è Misericordia – ed è l’abbandono tra le braccia di questo Amore, misterioso e generoso, di cui tanto abbiamo bisogno, ma al quale, a volte, si ha paura ad abbandonarsi. L’esperienza insegna che chi non si abbandona all’amore di Dio finisce, prima o poi, per abbandonarsi ad altro, finendo ‘tra le braccia’ della mentalità mondana, che alla fine porta amarezza, tristezza e solitudine, e non guarisce. Allora il primo passo per una buona Confessione è proprio l’atto di fede, di abbandono, con il quale il penitente si accosta alla Misericordia”.

Continua poi il Santo Padre: “Vivere così la Confessione significa lasciarsi trasformare dall’Amore. È la seconda dimensione, la seconda espressione sulla quale vorrei riflettere. Sappiamo bene che non sono le leggi a salvare, basta leggere il capitolo 23 di Matteo: l’individuo non cambia per un’arida serie di precetti, ma per il fascino dell’Amore percepito e gratuitamente offerto.

È l’Amore che si è manifestato pienamente in Gesù Cristo e nella sua morte in croce per noi. Così l’Amore, che è Dio stesso, si è reso visibile agli uomini, in un modo prima impensabile, totalmente nuovo e perciò capace di rinnovare tutte le cose. Il penitente che incontra, nel colloquio sacramentale, un raggio di questo Amore accogliente, si lascia trasformare dall’Amore, dalla Grazia, iniziando a vivere quella trasformazione del cuore di pietra in cuore di carne, che è una trasformazione che si dà in ogni confessione”.

Infine, “la terza e ultima espressione è: corrispondere all’Amore. L’abbandono e il lasciarsi trasformare dall’Amore hanno come necessaria conseguenza una corrispondenza all’amore ricevuto. Il cristiano ha sempre presente quella parola di San Giacomo: «Mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (2,18). La reale volontà di conversione diventa concreta nella corrispondenza all’amore di Dio ricevuto e accolto. Si tratta di una corrispondenza che si manifesta nel cambiamento della vita e nelle opere di misericordia che ne conseguono. Chi è stato accolto dall’Amore, non può non accogliere il fratello. Chi si è abbandonato all’Amore, non può non consolare gli afflitti. Chi è stato perdonato da Dio, non può non perdonare di cuore ai fratelli”.