Cosa sta succedendo realmente nel mondo del lavoro

Questo è un periodo piuttosto strano, pieno di notizie contraddittorie e che piovono da diverse fonti, spesso, appunto, in disaccordo fra di loro tanto che andrebbe tentato di fare un punto della situazione nella maniera più oggettiva possibile su cosa stia succedendo realmente nel mondo del lavoro.

Il prossimo 1 luglio, infatti, dovrebbe cadere il blocco dei licenziamenti, per molte categorie produttive, voluto fin dallo scorso governo per evitare che la crisi pandemica si andasse a propagare non solo a livello di produzione ma anche a livello di reddito delle famiglie, finanziando la conservazione dei posti di lavoro con una cassa integrazione emergenziale che fu sostenuta anche con l’ausilio dei fondo del programma europeo SURE.

Questa data, ovviamente, è vista con preoccupazione da molti, soprattutto dalle Organizzazioni Sindacali, che temono che si trasformi in un crollo dell’occupazione che, però, guardando i numeri c’è già stato nel corso dei mesi di chiusure a singhiozzo e di limitazioni all’attività economica artificialmente indotti dalla politica. Secondo ISTAT, infatti, gli occupati a febbraio 2021 erano diminuiti, anno su anno, di circa 945’000 unità, pari al 4,1% del totale della popolazione attiva a inizio 2020.

Il dato, va puntualizzato, non è riferito solo di lavoratori dipendenti ma anche a quelli autonomi, che rappresentano il 37,5% dei posti di lavoro scomparsi nei mesi della pandemia per essere precisi. La cosa che è, ovviamente, preoccupante si scontra con le notizie sulle ricerche di lavoratori delle ultime settimane apparse a più riprese sulla stampa.

Sicuramente si è letto, in questi giorni, dei vari imprenditori che denunciano la mancanza di offerta di lavoro per le posizioni di cui necessiterebbero, a seguito delle riaperture che, gradualmente, stanno avvenendo in questi ultimi tempi, spesso dando la colpa al reddito di cittadinanza che rappresenterebbe un disincentivo a cercare un’occupazione.

Non è questo il momento di dare un giudizio sull’istituto ma l’accusa portatagli, in mezzo a tante perplessità e criticità reali che questo ammortizzatore sociale mostra, è infondata: da un lato per i requisiti di accesso che difficilmente permetterebbero a un lavoratore che abbia perso l’occupazione nell’ultimo anno di accedervi, c’è la NASPI in questo caso, e dall’altro per gli importi che questo andrebbe a erogare che, in linea teorica, sarebbero ben inferiori a un impiego full time… ma su questo punto è meglio non dilungarsi visto che la rete mostra diverse storie ben diverse a questa affermazione. Il punto vero, però, è che con la riapertura dell’economia si avvia anche la ripresa della stessa e tutte le aziende più reattive, adesso, sono alla ricerca di addetti per poter cavalcare il momento.

Recentemente è uscita la notizia che Amazon cerchi circa 3’000 persone, da collocare nei vari settori interni, da assumere entro l’anno ma qualcuno, leggendola, potrebbe dire “bella forza, durante il lockdown e i periodi di zona rossa è stato l’unico mezzo per acquistare diversi beni” e non avrebbe torto, in effetti, visto che le trimestrali del colosso degli acquisti online sono in crescita continua trimestre su trimestre con una media del 15,6% QoQ nell’ultimo anno. Questa progressione è stata spinta, credibilmente, dalla folle ed ideologica gestione delle chiusure degli esercizi commerciali al dettaglio e dall’interpretazione, sicuramente discutibile, dei vari decreti di alcune catene della grande distribuzione che arrivarono a “transennare” alcuni reparti per impedire alla clientela di servirsi di quei prodotti che secondo i loro uffici legali non potevano essere venduti (quando in realtà i DPCM e le leggi che li legittimavano parlavano di tipologie di esercizio commerciale e non di merce ma tant’è…).

Questo scenario ha reso Amazon e le altre piattaforme di e-commerce gli unici canali per rifornirsi di molte categorie merceologiche per mesi, come ad esempio i pennarelli e i pastelli per far disegnare i bambini, portando tante persone a provare “l’ebrezza” dell’acquisto con un click e della consegna a casa, magari in sole 24 ore con il programma Prime, ed è ovvio che, anche con la progressiva riapertura delle reti commerciali tradizionali, la comodità del mezzo on line e l’abitudine che si è presa nel corso dei mesi lascerà uno strascico ben più lungo di quanto possano pensare alcuni “regolatori” a fronte della mera immediatezza dell’acquisto in negozio. Per far fronte a questa crescita repentina è evidente che un’azienda, per quanto enorme e diffusa come Amazon, abbia bisogno di nuovo personale e, da qui, la necessità di nuove assunzioni ad ogni livello. Non è questa, però, una caratteristica solo di Amazon!

È indubbio che la crisi COVID abbia colpito soprattutto la PMI e le attività commerciali e artigiane, obbligando a lunghi periodo di chiusura e, quindi, di mancanza di fatturato a fronte di spese non rinviabili nonostante il sistema bancario si sia mosso in maniera importante per sostenere ogni attività nel periodo, anche per via della loro debole struttura finanziaria e produttiva che non permette una grande reattività a periodi di stop forzato come questo ma le grandi aziende hanno sfruttato questi meri per riorganizzarsi e aumentare l’efficienza interna, consce che dopo una crisi la ripartenza, solitamente, avviene “a razzo” e le stime per la ripresa italiana sono decisamente buone e con largo consenso tra gli analisti, assestandosi tra il 4,4% e il 5%.

In verità si tratta sempre di una stima di crescita che non permetterà di ritornare ai livelli pre-pandemici poiché il 2020 si è concluso con un -8,8% ma il consensus è verso una strutturalità della crescita nei prossimi anni e se gli investimenti e le riforme discendenti dal programma NGEU saranno effettivi questi potrebbero essere prodromici all’uscita del Paese dallo stato di crisi che perdura, ormai, da quasi quindici anni e, da qui, la necessità di investire sul futuro da parte dei grandi gruppi industriali.

Quest’ultimo anno potrebbe, inoltre, aver dato il “la” al rinnovamento delle aziende, con un occhio più attento al settore tecnologico e alla flessibilità interna (che non vuol dire automaticamente precarietà del lavoro, sia chiaro) e che piano piano la domanda di lavoro si sposterà verso profili sempre più preparati lasciando indietro quella forza lavoro “generica” che, purtroppo, rappresenta la maggior parte delle persone che vanno a gonfiare le statistiche relative ai non occupati.

Di qui il vero focus sugli investimenti nei prossimi anni che rappresenta una buona fetta degli investimenti previsti dal PNRR e del piano REACT-EU che verteranno sulla formazione continua, sul sostegno dell’occupazione e del rafforzamento delle piccole e medie imprese.

John Fitzgerald Kennedy, in un famoso discorso nel 1959, disse, sbagliando, che la parola crisi, in cinese, sia composta da due caratteri di cui uno indica “pericolo” e l’altro “opportunità”, in realtà il termine wēijī è composto sì da wēi che significa, più o meno, “pericolo” ma “jī” non necessariamente indica un’opportunità quanto più un “punto cruciale”.

Ecco la situazione di oggi è proprio quel “punto cruciale” dove le scelte, individuali e politiche, potranno stabilire la direzione del futuro e, forse, si stanno mettendo le basi perché possa essere migliore di quanto le aspettative dello scorso anno avrebbero potuto dipingere.