L’Italia che non ti aspetti è green

Per motivi professionali ho dovuto leggere il recente libro di Marco Frittella Italia green volto noto della Rai che in questo periodo conduce UnoMattina; ho acquistato il bel libro rilegato edito da Rai Libri pensando di dovermi sorbire l’ennesimo noioso e stantio richiamo alla vita naturale, ai rimedi della nonna piuttosto che alle colpe indefinite di una generazione che avrebbe rubato il futuro ai propri figli; tornando a casa mi sono rimproverato per l’acquisto pensando di poterne fare a meno e svolgere il mio compito utilizzando intuizioni e richiami sull’argomento.

Ma la coscienza non me l’ha consentito e per parlare del libro ho dovuto leggerlo ed è lì che ho fatto una bella scoperta; non ci vogliono più di un paio d’ore per vedersi sciorinare davanti dati concreti, numeri esistenti, fatti accaduti con nomi, luoghi e date, tutti accomunati da un unico obiettivo e cioè di mostrare che gli italiani primeggiano in numerosi argomenti legati all’economia che salvaguarda il pianeta.

Pensavo fossimo gli ultimi, bacchettati e mortificati anche dagli adolescenti, per non dire dai luoghi comuni, arretrati, nel sud come nel nord del Paese, rispetto alle più avanzate civiltà del nord Europa (si è sempre a sud di qualcun altro) che, ci dicono, inorridiscono di fronte alle nostre incapacità di reggere il passo di un mondo che ora deve pensare a salvarsi, dopo anni di abusi indiscriminati e scriteriati.

Leggere che non è vero, leggere che nella raccolta differenziata e nel riciclo dei rifiuti, industriali ed urbani siamo al primo posto della classifica europea, al 76% mentre la media è al 36%,  e non perché ci sono altri Paesi più arretrati ma perché superiamo di un consistente vantaggio paesi che pensavo fossero più avanti di noi: la Francia, che è al 55%, la Gran Bretagna al 49%, la Germania al 43%! E io che pensavo che eravamo indietro, tanto indietro per le note polemiche sulla Terra dei Fuochi piuttosto che per le infiltrazioni malavitosi nel sistema delle discariche. Sicuramente i fenomeni citati, come altri negativi, esistono e non vanno né negati né tanto meno sottovalutati o, peggio ancora, occultati. Ma il risultato vivaddio è straordinario: siamo i primi. E mica solo in questo! Il libro parla di plastica e di bioplastica (nota come biodegradabile) riconoscendoci il primato dell’invenzione dell’una e dell’altra, di auto elettriche e della FIAMM (oggi con altro nome), di agricoltura di eccellenza e di fibre tessili naturali, di bioedilizia offrendo una panoramica documentata e tangibile di innumerevoli aziende italiane gestite da italiani che sono all’avanguardia mondiale in uno dei settori che pensavo fosse appannaggio di altri popoli.

Pensavo. Me lo hanno fatto credere anni di messaggi espliciti e subliminali diretti a denigrare il Paese, il popolo, gli operatori, gli imprenditori, i lavoratori, il mercato, gli abitanti, vittime di una comunicazione settaria e mercenaria con l’intento di non far emergere la verità per scopi poco ortodossi. Ma questa è solo una mia amara considerazione; non l’ho letto nel libro che si apprezza per l’entusiasmo e la serietà con cui racconta le eccellenze e sciorina dati favorevoli e positivi senza mai, come si conviene, puntare il dito contro chicchessia o soltanto accennare al male: una serie fortunata di notizie, col sorriso e la gioia della comunicazione felice, per presentare un’Italia di eccellenze produttive che tanti, tantissimi non conoscono e neanche immaginano.