Ex Ilva, la decisione che riapre la partita

Finalmente possiamo dirlo: anche a Taranto ‘’c’è un giudice’’. Il Tribunale del riesame ha accolto il ricorso presentato dall’amministrazione straordinaria di Ilva. Viene così annullata la decisione del giudice Francesco Maccagnano di respingere l’istanza di proroga dell’uso Afo e di procedere al suo spegnimento, come disposto dalla magistratura tarantina, in mancanza della sua automatizzazione. La decisione del Tribunale è senz’altro importante perché si inserisce (e ne consente la continuazione) nel difficile confronto aperto tra il governo Arcelor Mittal e i sindacati. Ma l’aspetto più significativo, a mio avviso, sta nella motivazione, nel senso che viene abbandonata la linea manichea sulle questioni ambientali che aveva caratterizzato l’azione della magistratura a Taranto. La sicurezza degli impianti non è più un dogma assoluto che pretende di prescindere dagli standard adottati a livello europeo, dalle disponibilità fornite dalla tecnologia e dalle compatibilità con la continuità del processo produttivo. In sostanza, si riconosce che un livello di sicurezza assoluta non esiste per le caratteristiche stesse del lavoro che è di per sé un fattore di rischio, soprattutto quando si ha a che fare con i processi ciclopici della siderurgia.

Alla luce della ‘migliore scienza ed esperienza del momento storico’ in cui si scrive, il rischio per i lavoratori dell’altoforno 2 deve considerarsi assai ridotto”, hanno spiegato i giudici del riesame. E’ importante il riferimento al ‘’momento storico’’ perché riconosce la necessità di un percorso di miglioramento graduale e progressivo delle misure per la sicurezza e il risanamento ambientale. Ma è ancora più determinante che la decisione prenda in considerazione quanto accertato dagli organismi tecnici, in precedenza disconosciuto dalla magistratura. Nella decisione si osserva infatti che “il Ctr-Comitato tecnico regionale Puglia (organo deputato alla valutazione del Rapporto di sicurezza sui Top event e scenari incidentali) ha infatti espresso parere validando la stima delle ‘frequenze di accadimento’ dei Top event contenuta nel rapporto del 2017 e limitandosi a prescrivere ‘il censimento completo delle apparecchiature soggette ad invecchiamento’ e la formulazione di un successivo cronoprogramma di implementazione dei sistemi di controllo entro il 9 settembre 2020. I consulenti RMS di Ilva hanno quantificato in sei eventi in 10.000 anni il rischio che, in presenza di un operatore, si verifichi nell’altoforno n.2 una fiammata analoga a quella che uccise Alessandro Morricella, precisando che le conseguenze varierebbero in funzione della posizione assunta dall’operatore, non preventivabile”. Ovvero, il classico errore umano all’origine della tragedia del 2015. Di conseguenza non viene accolta la valutazione del ‘’custode giudiziario’’ il quale, seguendo altri criteri, aveva invece ritenuto che la stima non dovesse avvalersi della positiva esperienza degli altri altiforni Ilva ove tale evento non si era mai verificato negli ultimi 50 anni, bensì dovesse attenere al solo altoforno n.2, ove si era verificato una volta in 50 anni.

Una decisione siffatta darà certamente luogo a polemiche da parte dei nemici giurati dell’ex Ilva, uno stabilimento lasciato a ‘’bagnomaria’’ per più di sette anni, affidato ad amministratori straordinari, costantemente nel mirino della Procura, fino a quando non fu disposto lo scudo penale negato ai manager di Arcelor Mittal. Il Custode giudiziario, che viene smentito dai giudici del riesame, è Barbara Valenzano  a cui il giudice monocratico del tribunale di Taranto, Francesco Maccagnano, aveva affidato il compito di effettuare entro il 5 dicembre la perizia di valutazione dell’analisi del rischio presentata dai commissari Ilva.  Dapprima l’ing.Valenzano era stata il ‘’custode giudiziario’’ dell’area a caldo, con nomina del gip Patrizia Todisco nel 2012. Da allora ne ha assunto il potere di vigilanza, ispezione, monitoraggio e controllo sulle cokerie, altiforni, acciaierie, parchi minerari e agglomerato. Oltre a essere consulente e ufficiale giudiziario anche per le altre procure pugliesi. Ed è proprio in virtù di questo ruolo che nel 2015 Michele Emiliano, appena eletto governatore, la nominò direttore del dipartimento Ambiente della regione Puglia.  Senza che nessuno trovasse da ridire su di un possibile conflitto di interessi.