Tra errori e ritardi ecco come si può davvero affrontare l’emergenza Covid

E’ indubbio che ci siano state molte lacune, da parte del SSN (sistema sanitario nazionale), nell’affrontare adeguatamente l’attuale situazione pandemica da Covid-19. A cominciare  dall’ irreperibilità delle mascherine di protezione che, inizialmente, si asseriva servissero solo a non essere vettori d’infezione e non, come poi comprovato, presidio di protezione personale, all’insufficienza dei posti in rianimazione in molte realtà non ancora risolta, com’anche dalla fornitura di inidonee siringhe per la somministrazione vaccinale,  fino alla carenza di adeguati DPI (dispositivi individuali di protezione) per il personale sanitario, con quasi 90mila operatori sanitari contagiati al momento e 305 medici deceduti.

L’elevata mortalità è con tutta probabilità da ascrivere a linee guida, che poi si sono dimostrate fallimentari, come ricoverare i pazienti a sintomatologia avanzata e spesso quindi in condizione di irreversibilità, sconsigliando l’uso della triade farmacologica Desametasone, Enoxaparina, Azitromicina e dove indicato Idrossiclorochina, raccomandando, al contrario, terapia domiciliare con solo Paracetamolo, che poi si è dimostrata inutile, se non dannosa, non avendo il paracetamolo azione  antiinfiammatoria da un lato, e causando dall’altro, l’inibizione e lo svuotamento delle riserve di glutatione (GSH),  antiossidante implicato nelle difese antivirali.

I dati forniti dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), mostrano che ci sono stati 103 milioni di casi di coronavirus nel mondo con 2 milioni e duecentotrentamila decessi; in particolare, in Italia, oltre due milioni e mezzo di casi con più di 88mila morti. Questi dati indicano inequivocabilmente l’esigenza di raggiungere, in tempi brevi, un’immunità di gregge intorno all’80% attraverso un’adeguata campagna vaccinale.

Come da programma di Governo, 3,4 milioni erano le dosi previste che dovevano, entro il mese di gennaio, essere somministrate a 1,7 milioni di operatori sanitari e sociosanitari, al personale ed ospiti delle Rsa e ad anziani over 80. In realtà, al momento, a fronte di 2.233.982 dosi vaccinali somministrate, soltanto 867.237 (1,44% della popolazione) sono stati effettivamente i soggetti vaccinati con doppia dose, facendo quindi sorgere qualche dubbio circa la strategia ed efficienza nella somministrazione.

Con l’obbiettivo di immunizzare circa 45 milioni di persone, il numero complessivo di dosi da somministrare, dovrebbe essere di 90 milioni, ma con ritmi vaccinali di circa 500mila somministrazioni settimanali, occorrerebbero circa tre anni per ottenere l’intera vaccinazione della popolazione. Tenendo presente inoltre che è la velocità di vaccinazione che permette di contrastare eventuali mutazioni del virus, si comprende bene come il fattore tempo rappresenti condizione fondamentale per il raggiungimento di tale obiettivo. Considerando poi che la programmazione era quella di conseguire questi risultati entro l’estate 2021, è del tutto evidente che a tal fine dovrebbero essere somministrate più di due milioni di dosi settimanali condizione difficilmente raggiungibile allo stato dell’attuale situazione.

Tali ritardi, come a tutti noto, sono stati dovuti anche alla mancata distribuzione di dosi vaccinali da parte di Pfizer, Moderna e Astrazeneca. Questa problematica è derivata da contratti, non del tutto resi noti, che in qualche modo hanno consentito alle case farmaceutiche di tirarsi indietro rispetto a quanto concordato, non prevedendo tra l’altro, tali accordi, obiettivi di consegna settimanali ma solo trimestrali, condizioni che sconsiglierebbero eventuali ricorsi a questi colossi farmaceutici anche in previsione di future collaborazioni.

Alla luce di tali atteggiamenti, la strategia vaccinale obbliga ad agire su più fronti con l’acquisto del maggior numero di dosi possibili e da più case farmaceutiche. A questo proposito già l’EMA (European Medicines Agency) e ora anche l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), hanno autorizzato la somministrazione del Vaccino AstraZeneca, come già utilizzato in UK e India, seppur preferenzialmente per la popolazione tra i 18 e 55 anni e senza patologie gravi. Ciò comporta di poter usufruire inizialmente, almeno in parte, delle 40 milioni di dosi previste.

Se a questo si aggiunge poi che la Germania, contravvenendo a precisi accordi intereuropei, ha richiesto alla Pfizer trenta milioni di vaccini per la sola nazione tedesca e che il Presidente Biden, all’indomani del suo insediamento alla Casa Bianca, ha commissionato 100 milioni di dosi all’industria farmaceutica statunitense, ben si comprendono quali siano le ragioni del ritardo nelle consegne attraverso il dirottamento vaccinale verso queste due nazioni.

Purtroppo, seppur non condivisibile e eticamente inaccettabile, le leggi di mercato nel privato determinano scelte legate esclusivamente al miglior profitto ed è stato certamente un errore il contrattare a ribasso il minor costo non potendo poi inevitabilmente reggere il confronto con l’offerta dei Paesi ricchi quali Stati Uniti, Israele e Germania.

Nella strategia vaccinale messa a punto, ciò che desta ulteriore preoccupazione nel raggiungere l’immunità di gregge, è rappresentato inoltre dal fatto che questi ritmi di vaccinazione, certamente inadeguati e insufficienti, si sono ottenuti in condizioni ottimali, dove i soggetti interessati (operatori sanitari, anziani) erano concentrati in ospedali e RSA; la problematica insorgerà in maniera ancor più pressante e cogente quando la vaccinazione si estenderà all’intera popolazione.

A questo scopo il governo ha predisposto l’assunzione di circa tremila medici e dodicimila infermieri da impiegare in centri vaccinali, “Primule“, distribuiti in una primissima fase in 300 presidi, strategicamente disposti, che diventeranno in seguito 1500.

A fronte della denominazione floreale, “Primule” e di uno slogan accattivante, “l’Italia rinasce con un fiore“, l’amara realtà è che la scadenza dei bandi per l’allestimento di questi centri vaccinali, che necessitano di trenta giorni per la realizzazione e con un costo di 8.599.500,00 di euro, è stata prorogata al 3 febbraio, lasciando quindi più di qualche dubbio sugli effettivi tempi di realizzazione e quindi di utilizzazione di tali strutture.

Se a questo poi si aggiunge la difficoltà di reperire un’anagrafe vaccinale che non lasci nessuno escluso, ben si comprende come, la seppur lodevole intenzione di raggiungere l’immunità di gregge dopo l’estate, probabilmente resterà solamente un desiderio.

E’ per queste ragioni che necessariamente il piano vaccinale andrà rivisto, per non creare ulteriori ritardi, con l’imprescindibile coinvolgimento dei medici di famiglia che, soli, conoscono l’anagrafe, le patologie e quindi l’eventuale idoneità all’immunizzazione dei propri assistiti potendo, in tal modo, programmare un’articolata somministrazione vaccinale, eventualmente coadiuvati, anche da personale infermieristico fornito dal SSN.

In questa sfida certamente epocale, sarà utile individuare anche altri Centri vaccinali come Farmacie o altre Strutture sanitarie al fine di velocizzare e ridurre quanto più possibile gli assembramenti, finanche coinvolgendo Unità mobili che possano recarsi domiciliarmente, ove difficoltoso per il soggetto, così da estendere in maniera capillare la somministrazione vaccinale.

Per poter realizzare tutto ciò in tempi accettabili, e che non vanifichino quindi lo scopo del raggiungimento dell’immunità di gregge, sarebbe forse opportuno delegare la logistica relativa all’organizzazione della distribuzione e somministrazione dei vaccini alle Forze Armate, uniche allo stato attuale, ad avere esperienza operativa in tal senso acquisita nelle varie missioni in zone di guerra, rischiando, in caso contrario, di trovarsi impreparati ad affrontare questa emergenza, cosi come già verificatosi in altre situazioni relative alla pandemia.