La direzione verso cui l’uomo indirizza la sua ricerca

L’interrogativo che avevo posto nell’ultimo articolo non ha certamente una risposta terrena, come avevo anticipato: dove andiamo lo sa Iddio. Ma questo non ci esime né dal compiere il tragitto né dallo sforzarci di intravedere la meta, ovviamente con gli occhi della mente. Ma già siamo abituati a questo, se abbiamo recepito gli sviluppi delle scienze neurologiche ed assaporato i nuovi termini della realtà quantica: non c’è nulla di fisso ed immutabile né di osservabile dall’esterno ma anzi l’osservatore influenza, determina, modifica la cosa osservata, interagendo con essa, in un movimento continuo; è la nostra mente, il nostro complesso di neuroni che classifica, individua, determina, isola, e stabilisce regole certe che non esistono al di fuori della nostra mente: la fisica quantica ha stabilito che ciò che ci appare certo è solamente altamente probabile.

È la immensa grandezza del sistema (oppure la sua enorme piccolezza) che fa saltare le regole che, invece, alle nostre “latitudini” sembrano funzionare benissimo: la terra è ferma, come percepisce qualunque abitante di essa, fino a quando non è stata commisurata con il sistema solare che ce l’ha fatta vedere in rapidissimo movimento; l’orologio della piazza suona la stessa ora per tutti e va benissimo per regolare ad esso la vita del paese anche se è ormai noto a tutti che in due punti distanti anche solo poco spazio i tempi sono (infinitesimamente) diversi, ma questo agli abitanti del paese, per le loro faccende, poco importa. Vediamo quindi quello che ci interessa vedere, sappiamo quello che possiamo sapere dal nostro particolare punto di osservazione interno alla scena osservata, non ci accorgiamo degli altri, tantissimi accadimenti che sfuggono alla nostra percezione e, pur misurati, alla nostra utilità.

Ritorna il concetto di utilità: dell’immensa offerta che ci proviene dalla natura comprendiamo ed inseguiamo ciò che ci è utile per la soddisfazione dei nostri bisogni, primari e secondari, al pari di tutti gli altri abitanti del mondo anche se privi di vita: gli animali e le piante utilizzano dal sistema quanto necessario alla sopravvivenza non già secondo uno sterile rapporto di causa-effetto su cui si sono costruiti gli errori, ormai scoperti, del determinismo e della meccanica cosmica, ma in relazione alla volontà, consapevole o inconscia, di provvedere a sé, nella misura di quanto basta a soddisfare i bisogni i vita. Anche le cose inanimate soggiacciono ad azioni che ne variano continuamente lo stato in dipendenza della loro partecipazione all’ambiente: la roccia si leviga, il fiume straripa, la montagna frana e così via, in un susseguirsi incessante di mutazioni che potrebbero essere, anche qui, il loro fine.

L’uomo invece va oltre: si interroga, non è soddisfatto del cibo che gli toglie la fame né dell’acqua che gli toglie la sete. Cerca altro e se cade nel vizio si incammina, consapevolmente e istintivamente, per uscirne. Non sono secoli di indottrinamento ma è la sua particolare natura che cerca la luce e solo la sua particolare natura lo fa, non quella di tutti gli altri elementi del mondo; se il mondo è fatto di fenomeni e di relazioni tra i suoi stessi elementi solo l’uomo, anche il più pavido o il più accidioso, sente dentro di sé il tumulto delle passioni, dei sentimenti, degli affetti ed ha bisogno di attivare la ricerca non già del loro soddisfacimento (questo lo fanno anche gli animali) ma della loro comprensione, e li indirizza volontariamente verso le loro finalità, che trovano unione e motivo in una sola che le soddisfa tutte ed è l’amore, primo (e forse unico) sentimento dell’uomo.

L’uomo ama, anche il più perfido ed insensibile essere umano è in grado di esprimere questo sentimento; anche il peggiore, in fondo al suo cuore ha l’amore pur se non sappia tirarlo fuori. L’amore è l’unico sentimento che contraddistingue l’essere umano, che ama non per soddisfare un bisogno vitale ma per esprimere se stesso oltre il proprio limite sensibile; tutti gli sforzi dell’uomo vanno nella direzione in cui muove l’amore tranne che non siano pervicacemente impediti da una ragione stolta ed ingannatrice, ostinata e fallace.

Nessun uomo, libero dalla ragione, si indirizza diversamente: solo l’intervento di elementi di opposizione impediscono alla volontà di rivolgersi verso il fine cui l’uomo tende. È in questa direzione che l’uomo indirizza la sua ricerca costante ed incessante ed è questo anelito che la speculazione filosofica deve indagare, oltre le maglie della ragione.  Dio è amore (1 Gv 4,8) e nessuna filosofia si è mai potuta discostare da questa semplice ma esaustiva verità.