Consultazioni, l'inevitabile doppio giro

La partita per la formazione del governo “non sarà breve”, affermano con malcelata noncuranza i vertici del Movimento 5 Stelle al termine del primo giro di consultazioni al Quirinale. Beh, stavolta non c’è niente di più scontato di quello che, secondo alcuni analisti, dovrebbe essere un colpo a sorpresa. In realtà tutto ciò era già stato scritto ben prima che accadesse. Semmai il dettaglio che sposta in avanti l’alba del nuovo governo è ciò che fanno intendere i cosiddetti “colonnelli” dello stato maggiore pentastellato. Le elezioni regionali che si terranno in Molise (22 aprile) e in Friuli-Venezia Giulia (29 aprile) potrebbero rappresentare un momento di svolta per la risoluzione della crisi di governo. In Friuli il Centrodestra a trazione Lega punta tutto sull’ex capogruppo alla Camera, Massimiliano Fedriga, mentre i 5 Stelle confidano in un ottimo risultato in Molise grazie al loro candidato Andrea Greco. Vincendo qui, i grillini potrebbero conquistare la prima presidenza di regione della loro storia. E questo verrebbe gettato subito sul piatto della bilancia, facendo propendere l’ago dalla loro parte.

Tutto molto realistico, tutto sin troppo verosimile. “Inevitabilmente”, quindi, serve un altro giro di consultazioni al Colle. “Non mi sembra che a oggi sia uscito un quadro di governo concreto e quindi io sono già telefonicamente al lavoro”, spiega il leader della Lega, Matteo Salvini. Su cosa stia lavorando l’esponente del Carroccio non è così difficile da intuire. La riproposizione in salsa grillina della politica dei due forni di craxiana memoria, con chi ci sta a seconda della convenienza, ha costretto il segretario del partito a riprendere a tessere la tela, lasciata da una parte dopo il risultato elettorale, con Berlusconi e la Meloni per delineare una trama forte, capace di rendere solido il tessuto. Fuor di metafora se Salvini  vuole evitare un governo Pd-Cinque stelle deve contare sui propri alleati. Tanto per fare un governo quanto per scongiurarlo. Del resto, a chi ha chiesto a Salvini se il Centrodestra andrà unito al Colle per le nuove consultazioni il leader della Lega ha risposto in modo sibillino: “Non lo so, devo ancora sentire Berlusconi e Meloni”. Dopo aver preso il centro del ring ora il capo del Carroccio si trova all’angolo con i suoi secondi.

Data la cornice, il quadro tratteggiato dal Capo dello Stato è di una linearità disarmante: “Le elezioni non hanno assegnato a nessuna forza la maggioranza dei seggi in Parlamento, né alla Camera né al Senato. Nessun partito e nessuno schieramento politico dispone, da solo, dei voti necessari per formare un governo”, spiega il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al termine della due giorni di consultazioni al Quirinale, osservando che “è indispensabile che vi siano intese tra più parti politiche per formare una coalizione di maggioranza. Nelle consultazioni di questi due giorni – ha aggiunto il Capo di Stato – questa condizione non è ancora emersa; farò trascorrere qualche giorno di riflessione”. E quindi “ci sarà la prossima settimana un nuovo giro di consultazioni”, ha concluso Mattarella. Dunque un Colle sempre più arbitro, sempre aderente al dettato costituzionale, facendo dimenticare le intemperanze formali e sostanziali del suo predecessore, Giorgio Napolitano, sempre meno arbitro e sempre più allenatore.

Al di là dei tatticismi dei partiti e degli schematismi dei leader, giova sottolineare un particolare: nel sottolineare le finalità delle consultazioni che si svolgono al Quirinale, il Presidente della Repubblica ha richiamato gli articoli 92 e 94 della Costituzione. In particolare, il primo prevede, al secondo comma, che “il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”. L’altro, invece, al primo comma sottolinea che “il governo deve avere la fiducia delle due Camere” e al terzo che “entro dieci giorni dalla sua formazione il governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia”. Di qui, come ha spiegato il Capo dello Stato, la necessità delle consultazioni al Quirinale per “far emergere una composizione di un governo che abbia il sostegno della maggioranza del Parlamento”. Forse la Costituzione è più lucida dei protagonisti delle consultazioni alla vetrata.