Opinione

Armi nucleari, una minaccia per l’esistenza dell’umanità

Il discorso di Putin in cui ha parlato di armi nucleari ha scatenato la reazione di molti dei partecipanti all’ultima riunione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. In quella sede, però, nessuno ha detto tutta la verità sull’argomento. Tutti sanno che le armi nucleari sono una minaccia per l’esistenza stessa dell’umanità. Forse per l’intero pianeta. I loro effetti nocivi travalicano i confini nazionali, non si limitano all’uomo e si protraggono per generazioni. É apparso subito chiaro già dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Da allora, le Nazioni Unite hanno mostrato grande preoccupazione per questo argomento. Immediatamente istituirono la Commissione per l’Energia Atomica il cui obiettivo, tra l’altro, era di formulare proposte specifiche per l’eliminazione delle armi atomiche. Nel 1959, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite capì che non bastava non produrre armi nucleari sempre più potenti: doveva essere il disarmo generale e la distruzione delle bombe nucleari esistenti. Ma si dovette aspettare fino al 1978 per ottenere ufficialmente questo riconoscimento. Per decenni, è stato possibile ottenere solo la “non proliferazione” delle armi nucleari, che non ne venissero costruite di nuove. Oggi, nel mondo sono almeno 12mila gli ordigni nucleari. E in molti paesi, si continuano a finanziare e a modernizzare gli arsenali nucleari. Le Nazioni Unite, però, non si sono arrese: il 26 settembre 2013, a New York, si decise ufficialmente di avviare il processo per la messa al bando delle armi nucleari. Lo stesso anno, con la risoluzione 68/32, l’Assemblea Generale istituì la Giornata Internazionale per l’Eliminazione Totale delle Armi Nucleari. Obiettivo non solo l’eliminazione totale delle armi nucleari ma aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica sui pericoli connessi anche solo con l’avere questi ordigni negli arsenali.  Da allora, ogni anno, vengono organizzati eventi e incontri, a New York, a Ginevra e in tutto il mondo.
A luglio 2017, 122 Stati hanno votato per adottare un accordo globale per la messa al bando delle armi nucleari (conosciuto ufficialmente come Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari o TPNW). Si è trattato di un evento di rilevanza storica: le armi nucleari non erano più immorali e illegittime, ma, finalmente, illegali. Un cambiamento storico che, nel 2017, è valso all’International campaign to abolish nuclear weapons (ICAN) il Premio Nobel per la Pace “per il suo lavoro per attirare l’attenzione sulle catastrofiche conseguenze umanitarie di qualsiasi uso delle armi nucleari e per i suoi sforzi innovativi per ottenere un divieto di tali armi”.
Dall’ 1 al 26 agosto 2022 si sono svolti i lavori della X Conferenza di revisione delle parti del Trattato di Non Proliferazione delle Armi Nucleari. “Come famiglia globale” ha dichiarato il Segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres, “non possiamo più permettere che la nube del conflitto nucleare segua il nostro lavoro per stimolare lo sviluppo, raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile e porre fine alla pandemia di COVID-19. Ora è il momento di sollevare questa nuvola per sempre, eliminare le armi nucleari dal nostro mondo e inaugurare una nuova era di dialogo, fiducia e pace per tutte le persone”.

Ad oggi, a ratificare il TPNW sono stati più di 50 Stati. Questo ha permesso di renderlo ufficialmente operativo.

Ad opporsi tutti i paesi che dispongono di un arsenale nucleare. E tra questi le maggiori potenze mondiali: Stati Uniti d’America, Russia, Cina, India, ma anche Pakistan e Israele. Il loro boicottaggio ha usato ogni mezzo. È in atto una guerra senza esclusione di colpi. Scontri formali e ufficiali ma più spesso celati: di questo argomento alcuni media “distratti” non parlano mai. Un modo di fare di molti dei paesi più “avanzati” del pianeta che dimostra inequivocabilmente l’intenzione di non voler rinunciare a questo tipo di armi, nonostante la decisione della maggior parte dei paesi membri delle Nazioni Unite. Costi quel che costi. Anche in termini di pericolo per le vite umane. In pochi di questi paesi è stato detto ai cittadini che il nuovo accordo proibisce agli Stati di sviluppare, testare, produrre, realizzare, trasferire, possedere, immagazzinare,
usare o minacciare di usare gli armamenti nucleari, o anche permettere alle testate di stazionare sul proprio territorio (nella campagna elettorale appena conclusa nessuno ne ha parlato). Ma anche di redigere piani definiti nel tempo e legalmente vincolanti per farlo. E poi di assistere (questo spiega l’astensione di molti paesi europei alla votazione), incoraggiare o indurre altri Paesi ad essere coinvolti in tali attività proibite.

Numerose le implicazioni di questo Trattato. Si pensi ad esempio, alla NATO. I paesi membri possono aderire al TPNW, ma per essere in regola, una volta entrato in vigore, questi Stati dovranno rinunciare all’uso di armi nucleari per loro conto o anche ospitare armi nucleari di altri Stati. Importanti anche gli effetti sulla produzione di alcuni tipi di armi inclusi nel Trattato. Alcune aziende statunitensi che producono munizioni a grappolo negli Stati Uniti hanno cessato la produzione da quando è entrato in vigore, nonostante gli USA non ne siano parte. Si tratta di aspetti non secondari considerando il peso che hanno le aziende produttrici di armi e armamenti sul PIL americano. Stessa cosa per il trasferimento e il commercio di queste armi: dopo l’entrata in vigore del Trattato sulle mine anti-persona i circa 34 Stati che esportavano mine terrestri hanno cessato tutti i trasferimenti (nonostante non abbiano aderito al Trattato). Da non trascurare anche l’aspetto finanziario. Dato che l’assistenza è proibita dal Trattato, per molti Stati (e molte banche) finanziare o investire nella produzione di armi nucleari sarebbe considerata una violazione.

Spesso, quando si parla di guerre o di missioni di pace, si tende a definire le persone morte “danni collaterali”. Non è così. La guerra è un’ “avventura senza ritorno”, come l’ha definita don Renato Sacco, coordinatore nazionale della sezione italiana di Pax Christi. Per don Sacco, “la questione delle atomiche non è risolta. C’è un lavoro enorme ancora da fare, tutti insieme. L’Italia, per esempio, non ha ancora aderito a questo trattato. E sul suolo italiano ci sono circa 60-70 bombe nucleari. E dovrebbero arrivare le nuove micidiali B61-12” (di produzione americana). “È grave che si continuino a spendere soldi per le armi che servono a fare la guerra e a uccidere persone. Da sola, l’Italia ha una spesa militare di circa 40 mila euro al minuto”, ha detto Don Sacco. Soldi che potrebbero essere utilizzati per ridurre la povertà o per dare da mangiare a chi muore di fame.

Purtroppo, di tutto questo non ha parlato nessuno. Né durante la campagna per le elezioni in Italia. Né durante i lavori dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Nessuno ha detto che le armi nucleari non sono solo una grave minaccia per l’umanità: ormai sono illegali. Per tutti. O almeno per quei paesi che credono ancora nella possibilità di una vita in Pace da raggiungere grazie alla mediazione internazionale. Non aver firmato e non rispettare questo trattato non significa solo non riconoscere il ruolo e l’importanza delle Nazioni Unite come punto d’incontro per condividere finalità e obiettivi in tutto il mondo (sebbene con alcuni difetti). Significa riportare indietro la storia dell’umanità non alla Guerra Fredda (come sta già avvenendo dopo gli eventi dei mesi scorsi), ma all’inizio del secolo scorso.

C. Alessandro Mauceri

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