Abortisti e antiabortisti, due pesi e due misure

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ogni anno vengono eseguiti nel mondo circa 73,3 milioni di IVG (interruzione volontaria di gravidanza) pari a 200.821 al giorno, 8.367 all’ora e 139 al minuto. Sono dati che fanno rabbrividire, ma che non vengono portati all’attenzione dei media perché riguardano persone innocenti che non hanno voce per difendersi, ma che non per questo devono essere affidate all’oblio.

Seguendo tale scopo, recentemente, sono stati affissi in alcune città italiane dei manifesti al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica verso tale problematica. Del resto l’art. 21 della nostra Costituzione così recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

Si rimane perplessi, però, nell’osservare  come recentemente, a seguito di una campagna del movimento Pro-vita attraverso l’affissione in varie città italiane di manifesti contro l’aborto   – “Il corpo di mio figlio non è il mio corpo, sopprimerlo non è la mia scelta” -, ci sia stata un’insurrezione generale da parte di politici, associazioni e Comuni che hanno portato all’immediata rimozione dei poster nelle varie realtà locali perché ritenuti lesivi del diritto di scelta da parte della donna.

I manifesti di Pro Vita “incriminati”

Non allo stesso modo, evidentemente, deve essere stata considerata l’iniziativa pro-aborto della Uaar (Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti) che ha promosso, sul territorio nazionale, una campagna contro la vita con l’esposizione di altri affissi – “Aborto farmacologico Una conquista da difendere” – che probabilmente, secondo parametri e logiche che sfuggono alla ragione e alla logica democratica, non hanno sortito il medesimo trattamento.

Tale querelle si è innescata relativamente all’uso della pillola RU 486 (trattamento farmacologico dell’IVG) che, secondo le ultime direttive AIFA (agenzia italiana del farmaco), può essere assunta anche senza ricovero ospedaliero. Già  Tertulliano nel secondo secolo d.C., relativamente all’aborto, affermava: “E’ già uomo colui che lo sarà“.

Risulta quantomeno singolare infatti  che, in un momento dove la natalità nel nostro Paese è prossima  allo zero e dove da più parti c’è l’invito rivolto al Governo a perseguire politiche per la famiglia con incentivi alle giovani coppie relativamente alle nascite, ci possa essere ancora chi, in nome di una ideologia contraria, sostenga tuttora che la lotta contro la soppressione di nuove vite sia quasi un valore che riguardi solamente i cattolici; niente di più errato.

La vita infatti va salvaguardata, sempre e comunque, nella sua dignità che è intrinseca alla persona umana indipendentemente dall’età, dal sesso, dal colore della pelle, dal suo credo politico, dalla sua condizione di salute o dal suo rango sociale; non esiste una vita dei cattolici o dei mussulmani, degli induisti o di altre confessioni religiose, non rappresentando in se stessa un valore meramente di tipo confessionale. Quanti, seppur atei o agnostici, infatti rispettano la vita solo perché è vita ed appartiene all’uomo?

Pur non entrando nel merito “dell’aborto fai da te”, nonché sull’angosciosa solitudine, e sui rischi relativi alla salute cui va incontro la donna, abbandonata a se stessa tra le mura della propria abitazione, va sottolineato il metodo, laddove , in nome del “politically correct” e in assenza di una reale libertà di opinione, da un lato è consentito rimuovere manifesti che inneggiano alla vita, dall’altro, al contrario, è autorizzata l’affissione di quelli ideologicamente contrapposti, con il sostegno e il plauso di certe correnti di pensiero.

L’auspicio, pertanto, è quello che nei nostri giovani possa prevalere l’educazione al rispetto della vita umana, a prescindere dalle ideologie, intesa come valore e non quella della morte come disvalore, idea che, purtroppo oggi, subdolamente, sempre più si sta facendo strada nella cultura della nostra società.