3 verità sull’accessibilità di cui non si parla mai abbastanza

I leader delle grandi aziende di oggi affrontano crescenti obblighi e pressioni per rendere accessibili i propri siti Web e le loro app mobili. Molti di loro, però, pensano ancora che l’accessibilità sia un problema di nicchia troppo difficile o costoso da risolvere.
Internet è stato costruito anche sul concetto di accesso: accesso alle informazioni, all’intrattenimento… Eppure, quasi 40 anni dopo la nascita ufficiale di Internet, i suoi discendenti (il web, il web mobile, le app e l’Internet of Things) sono ancora in gran parte inaccessibili a una parte considerevole della popolazione. Perché esiste ancora questo problema? Storicamente, le aziende non hanno mai dato priorità all’accessibilità perché era un problema che sembrava (e spesso lo era) troppo di nicchia, troppo costoso, troppo complicato e troppo dispendioso in termini di pianificazione, progettazione e realizzazione. Ma i tempi e le tecnologie sono cambiati. Oggi, i leader delle aziende che non danno priorità e non credono all’accessibilità si trovano in una grave situazione di svantaggio competitivo.

Mettiamo le cose in chiaro con tre fatti che potreste non sapere sull’accessibilità.

1. L’accessibilità avvantaggia tutti. Forse la verità più significativa, non detta, sull’accessibilità è che ne abbiamo tutti bisogno…! Quando progettiamo pensando alle disabilità, tutti ne traggono vantaggio. Si consideri il Curb-Cut Effect, così chiamato da Angela Glover Blackwell, avvocato difensore dei diritti civili delle persone con disabilità.
Angela ha notato che quando le normative, i programmi e i sistemi sono progettati per servire una minoranza debole, la società ne trae beneficio in generale. Blackwell porta il fenomeno dei cordoli dei marciapiedi che vengono tagliati per far nascere una rampa per le persone su sedia a rotelle. Sebbene progettati pensando agli utenti su sedia a rotelle, i “cordoli tagliati” sono ora utilizzati dalla maggior parte delle persone. I marciapiedi in pendenza servono mamme con passeggini, addetti alle consegne con carrelli a mano, ciclisti, skateboarder e una fetta di persone molto più ampia rispetto a chi è in sedia a rotelle.

2. Buone notizie! I test automatici di accessibilità sono più facili di quanto si possa pensare. Stanno nascendo sempre più nuovi strumenti automatizzati di controllo dell’accessibilità. Questo significa che il futuro dei test di accessibilità è più luminoso che mai. In passato, l’implementazione dell’automazione richiedeva troppo tempo e doveva essere più solida. Da quando le nuove tecnologie sono entrate in scena, gli strumenti di automazione ora impiegano pochi minuti per configurare, rilevare, ordinare e segnalare problemi di accessibilità digitale critici. Ovviamente, come continuiamo sempre a ribadirlo, l’automazione non risolve tutti i problemi… ma può aiutare gli esperti a farlo. Sfruttare la tecnologia adeguata, per automatizzare ciò che può e deve essere automatizzato, consente agli esperti in materia di concentrarsi su compiti più specifici e svolgere un lavoro più significativo. Capital One, holding bancaria americana, ha investito a lungo nella creazione di esperienze digitali accessibili e inizialmente si è affidata a software di test tradizionali ed esperti in materia con revisioni manuali per garantire che i propri siti fossero accessibili. Il problema si è presentato quando la loro frequenza di rilascio e aggiornamento di prodotti e servizi è aumentata. Fortunatamente, la tecnologia più recente ha consentito a Capital One di ridurre i tempi di test da 3-4 settimane a poche ore. Velocità, potente capacità automatizzata di ricerca dei bug e facile integrazione in un processo di sviluppo del prodotto senza rallentarlo non sono mai stati ottenuti così, fino ad ora.

3. I test manuali sono sempre più richiesti. Volete conoscere il piccolo segreto dei test di accessibilità digitale? Quando le aziende pensano di non potersi permettere i team e il tempo necessario per programmare e testare l’accessibilità, i siti e le app per dispositivi mobili vengono rilasciati al pubblico e verificati successivamente, quasi sempre con strumenti automatici e raramente con audit manuale. Ciò che accade in genere è che i team di sviluppo riescono a fare ciò che possono: codifica leggera e controlli manuali soggettivi, senza avere almeno un utente disabile che possa dare maggiori indicazioni.
Il progetto WebAIM Million valuta l’accessibilità di un milione dei siti Web più utilizzati e nel 2022 il progetto ha rilevato 50.829.406 errori di accessibilità distinti. Questa è una media di 50 errori per pagina! Mentre WebAIM è alla ricerca di tutti gli errori, grandi e piccoli, il lavoro degli sviluppatori si concentra, quasi sempre, sulla ricerca di bug critici che bloccano veramente l’accesso. E di questi errori critici, ancora oggi, se ne trovano mediamente circa 10 per pagina sui siti Web delle grandi società. Il motivo è duplice: prima delle recenti scoperte con l’automazione e la tecnologia AI, il processo è stato principalmente manuale, il che richiedeva molto tempo ed esperti in materia altamente qualificati. Gli strumenti di test di accessibilità tradizionali sfruttano l’analisi della sintassi statica, fornendo una serie di indicazioni che possono coprire circa il 30% di tutte le problematiche di un sito o di un’applicazione. Ma i siti web di oggi sono molto più dinamici, e solo i test manuali possono rilevare ciò che l’analisi della sintassi non riesce, anche se molte volte le aziende non riescono a gestire le tempistiche dei resto manuali con il ritmo dei rilasci rapidi.

Secondo Google, il numero di aziende che adottano l’implementazione su richiesta (con rilasci del codice più volte al giorno) è triplicato negli ultimi tre anni. Un audit manuale potrebbe rilevare tutti i problemi di accessibilità ma le politiche aziendali li bloccano per non fermare i rilasci. Tutti coloro che entrano in contatto con la nostra attività, indipendentemente da come lo fanno o da quale canale utilizzano, hanno bisogno di un’esperienza accessibile… e la preferiscono. Oltre al 15% della popolazione mondiale vive con disabilità permanenti, gli studi dimostrano che circa il 5% di chi lavora, ogni anno subisce una disabilità a breve termine (sei mesi o meno). Si potrebbe dire che tutti sono (o diventano) disabili, almeno temporaneamente, ad un certo punto della vita. Creare un mondo più inclusivo e accessibile, online e offline, aiuta tutti noi. Tutti abbiamo bisogno di più accesso possibile. Finalmente esistono gli strumenti giusti per creare un mondo digitale più inclusivo e accessibile. Questa è un’opportunità per tutti noi e non dobbiamo perderla.