In coloro che hanno dato la vita, abbiamo riconosciuto il nostro prossimo

In queste ore sto ascoltando interventi che mi addolorano. Da una parte abbiamo un Governo in evidente difficoltà, costretto a fare i conti con un virus temibile di cui si sa ancora troppo  poco ed una economia che sta subendo una terribile crisi postbellica. Dall’altra vedo tanti cittadini che stanno soffrendo, chiusi nelle proprie case, perché sembra che l’unico modo di essere al sicuro da questa pandemìa sia solo una intelligente quarantena. Ed è una quarantena strana la nostra, che ci impone limitazioni e manifestazioni che sembrano addirittura esagerate.

Un messaggio fallace

Mi dite qual è il messaggio tramesso dai Corazzieri con la mascherina davanti all’Altare della Patria se non quello di un Paese in profonda crisi? A che serve la mascherina in quelle condizioni se non a trasmettere un messaggio di paura inspiegabile? Ma pure, come può responsabilmente un Presidente del Consiglio governare una Nazione quando tra i Governatori delle Regioni c’è chi dichiara pubblicamente che chiuderà i confini (ma poi i confini di che? Ma il suo ufficio legale non glielo ha spiegato che non rientra nelle proprie competenze?) e un Sindaco che invita alla disobbedienza civile? I cittadini stanno assistendo a queste manifestazioni scomposte come vittime sacrificali, confuse e disorientate.

“Sì” e “Se”

Ora, chi ha il privilegio della Fede e vede tanti amici cadere, cerca di trovare la forza per andare avanti nella preghiera e si raccomanda al Signore e alla Vergine Santa perché protegga se stesso ed i propri cari. Una preghiera che finalmente è tornata ad essere centrale nella famiglia, come un “Sì” ripetuto più volte e non un “Se”, come ha ricordato il Santo Padre in una bellissima omelia pronunciata di questi giorni. Il “Se” è dubbio, l’amarezza per un passato che non può ritornare, un rimorso per azioni sbagliate (Ah! Se mi fossi comportato così…. forse oggi sarei… se… se….); il “Sì” è una affermazione, una presa di coscienza e la determinazione matura di un comportamento e, nell’uomo di Fede, anche un abbandono a Qualcuno che riconosce più importante di lui, ad una Guida e nel caso di noi Cristiani anche al Santo Padre che è il Vicario di Cristo sulla Terra.

Scrivere e pensare

Ora, nelle varie confusioni trasmesse da questo virus malefico, ci sono anche alcune posizioni di sacerdoti e Vescovi. Mentre il Santo Padre celebra in una chiesa vuota con quella dolcezza e umiltà che scalda il cuore, si ribellano e si oppongono a decisioni sofferte, destinate a far soffrire, pur se ritenute oltremodo necessarie. E allora forse dobbiamo esercitarci tutti nella umiltà. Da ragazzino il Rettore ci diceva: prima di parlare pensa,  prendi un foglio e scrivi quello che vuoi dire. Poi rileggilo, e se sei convinto di quello che hai scritto, solo allora parla. È difficile abituarsi a questo esercizio, talvolta faticoso e prima di parlare cerco di pensare ed ascoltare quello che mi viene detto, e nello scrivere non c’è stata una volta, una sola volta, che non io non abbia poi corretto il mio scritto dopo averlo riletto.

Una preghiera per chi governa

In alcuni momenti importanti  della mia vita ho atteso addirittura un giorno per rileggere il mio scritto perché avevo bisogno di leggere dentro me: “Prima di parlare ascolta. Prima di scrivere pensa”,  diceva Madre Teresa di Calcutta. Ora abbiamo tanto bisogno di pace  perché questa società è gravemente malata: tanti sacerdoti sono morti e tanti, troppi operatori sanitari  si sono sacrificati, tanti nostri fratelli e sorelle ci hanno lasciato e ancora tantissimi soffrono  negli ospedali, nelle case di cura, nelle famiglie. Gli scontri non debelleranno il virus ma fiaccheranno la nostra fiducia ed aumenteranno la confusione in noi stessi. Per questo Governanti che oggi vediamo esposti a severe critiche durante la Santa Messa preghiamo, anche quando non li abbiamo votati, ricordando la risposta del Cristo alla provocazione: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”.

Sacrificio e gratitudine

Noi usciremo da tutto questo più poveri ma forse, questa pandemìa che ci ha fatto soffrire e che ha anche restituito il mare ai delfini e il cielo agli uccelli, non consentendo che i primi venissero arpionati ed i secondi sparati,  ci ha dato modo di vedere un cielo più azzurro, di riconoscerci in un creato che ci fu donato perfetto e che per secoli abbiamo insultato con le nostre malvagità. Questo nuovo sentimento di riconoscente amore, prima che a noi stessi, lo dobbiamo ai nostri fratelli e sorelle che sono morti soli negli ospedali e che, pur non avendo mai conosciuto, abbiamo riconosciuto come il nostro prossimo.