Virginia Raggi a DiMartedì: “Marra? Un errore di valutazione. Mi rivoterei e mi darei tempo”

Marra e i suoi fratelli, letteralmente e metaforicamente: la sindaca di Roma, Virginia Raggi, intervistata da Giovanni Floris nella puntata di DiMartedì andata in onda la sera del 17 gennaio, subito dopo il rigetto del ricorso sulla sua eleggibilità, è tornata sulla questione dell’ex finanziere, ma anche sulle numerose vicende che, in tempi recenti, hanno coinvolto l’amministrazione pentastellata della Capitale, dalla giunta alle problematiche di gestione. Un’intervista a tutto tondo, durante la quale la sindaca capitolina ha più volte sottolineato i disagi ereditati dalle giunte passate: “Noi ci siamo assunti l’onere di governare una città in macerie, abbiamo trovato situazioni disastrose e tutto da ricostruire”. E sul governo della città: “Non lo definirei un peso, ma un onore, certo è una città difficile, ci sono responsabilità, le conoscevamo prima di candidarci e siamo pronti a farcene carico come stiamo già facendo”.

Sulla vicenda Marra: “Aveva un curriculum di tutto rispetto, veniva dalla Guardia di Finanza, era una persona plurilaureata. Ho commesso un grave errore di valutazione, alla luce di quello che la Procura sta scoprendo. Se potessi tornare indietro, non lo rifarei ma ora è un capitolo chiuso”. Per quanto riguarda il ritiro della nomina di Renato Marra a direttore del Dipartimento del turismo, “tutti sapevamo che era il fratello di Marra, la nomina è stata decisa da assessori e consiglieri poi, dopo le osservazioni dell’Anac, l’abbiamo sottoposta a verifiche e deciso”. E, sulle eventuali divisioni portate dal caso, Raggi minimizza, ribadendo l’assenza di qualsivoglia spaccamento interno, fugando anche i dubbi sugli addii di Frongia e Romeo: “Con i consiglieri e gli assessori divisioni non ce ne sono, né con gli altri membri del M5s. Certamente c’è dibattito, questo sì. Loro si sono dimessi in seguito all’esito della vicenda Marra per tutelare il movimento. Io ho fatto riunioni con i consiglieri e con gli assessori e in maniera collegiale loro stessi hanno deciso di fare un passo indietro”. Una decisione, quindi, non imposta dai vertici del partito: “Non sono stati spinti, si sono resi conto che la loro presenza poteva costituire un problema politico”.

Una battuta è stata riservata anche ai recenti indici di gradimento sui sindaci italiani, i quali vedevano in testa la sindaca Appendino di Torino e solo al penultimo posto la Raggi, decisamente indietro in termini di apprezzamento: “Ognuno deve fare il sindaco della propria città, è brava. In Italia c’è Mafia Capitale, non Mafia Sabauda”. Il nodo cruciale è dunque sempre quello “ereditario”: “La macchina amministrativa ne è uscita fuori a pezzi, quindi noi tutti insieme ci stiamo facendo carico di ricostruire la macchina. Quando è ricostruita possiamo iniziare a guidare”.

Floris chiede poi alla sindaca come si comporterebbe in caso di un avviso di garanzia: “Lo leggeremmo e lo valuteremmo con le determinazioni conseguenti. A quanto mi risulta non sono indagata, sono tranquilla e serena”. Alla domanda se rivoterebbe per se stessa, Raggi risponde: “Io rivoterei la sindaca Raggi e soprattutto le darei la possibilità del tempo, che è stata data a tutti gli altri sindaci”. E, invece, tra il fare e non fare cosa sceglierebbe? “La domanda è mal posta. L’alternativa non è tra le grandi opere e l’immobilismo totale. Abbiamo avuto in passato amministrazioni che hanno fatto grandi opere, peraltro neanche finite, che hanno gravato di debiti mostruosi tutta la collettività, per cui abbiamo difficoltà a pagare i servizi ai cittadini”.

Le battute conclusive sono riservate proprio agli elettori: “I politici dovrebbero rispettare gli impegni presi con loro: noi crediamo che la coerenza sia un valore nei confronti di tutte quelle persone che ci danno il loro voto, e che pensano che sia importante rimanere coerenti con quanto promesso in campagna elettorale. Noi ci siamo presentati con un programma e quello dobbiamo portare avanti”.