Vigna Jacobini, ricostruzione e memoria contro l'oblio

Ventisette persone morirono sotto le macerie della palazzina che, il 16 dicembre 1998, implose in Via di Vigna Jacobini, in zona Portuense, aprendo una ferita indelebile nella memoria di Roma. Una voragine che, tutt'oggi, resta lì, coperta da un velo di lamiere che cela l'affaccio sul buco che, 20 anni fa, ospitava uno stabile destinato a normali famiglie, vittime di una tragedia alla quale non sono state date finora risposte concrete. A due decenni, la cicatrice rimane ancora ben visibile sul volto della Capitale, almeno quanto il dolore e il senso di ingiustizia che resta nei cuori di chi, quella notte, vide morire i propri familiari sotto un cumulo di macerie disordinate e polvere. Preservare il ricordo è uno degli obiettivi del Comitato Vittime del Portuense, del quale l'avvocato Francesca Silvestrini è presidente. Ma non solo: cancellare le sterpaglie che oscurano il sito dell'ex stabile, dare una nuova vita a chi riuscì a scampare al disastro, ricostruire e chiedere che la memoria delle 27 vittime venga istituzionalizzata con una giornata dedicata. Un modo, forse, per alleviare in parte i postumi di quella ferita ma anche e soprattutto per sensibilizzare cittadini e istituzioni affinché, in futuro, non accadano più tragedie simili.

 

Avvocato Silvestrini, sono trascorsi venti anni da quella tragedia. Quali e quanti passi avanti sono stati fatti da allora per le famiglie di Vigna Jacobini?
“Con questa ultima giunta gli assessori del Patrimonio e dell'Urbanistica si sono dimostrati disponibili e ci hanno detto che ci daranno appoggio, ovviamente sempre nei limiti della legalità, e noi abbiamo presentato un progetto di ricostruzione lì sul posto. Per quanto riguarda gli affitti (di coloro che scamparono al crollo e sono stati trasferiti altrove, ndr) la questione è ancora più complicata, perché poi si innescano diversi problemi legati agli affitti di Testaccio. I nostri non c'entrano nulla con affittopoli o abitazioni abusive ma lì tutta la zona è attenzionata da parte dell'amministrazione, quindi stanno facendo degli accertamenti e non si sa bene quali sono i provvedimenti che poi adotteranno. Dovrebbero fare dei contratti, che ancora non sono stati fatti, ma non ci hanno dato indicazioni precise né una risposta certa sul problema dei primi quattro anni di affitto. Gli era stato detto che non sarebbero stati richiesti, perché è chiaro che queste persone hanno perso veramente tutto. Quindi, come una sorta di aiuto, invece di dargli i soldi il Comune aveva optato per dargli una casa e per i primi quattro anni senza affitto, per poi procedere con i contratti”.

Invece cosa è successo?
“In effetti nei primi quattro anni non sono arrivati bollettini di pagamento ma poi sono arrivati in questi ultimi con gli arretrati. Loro li stanno pagando tutti tranne quei primi quattro però, certo, se devono farlo lo faranno per evitare il rischio di farsi buttare fuori. I contratti, però, non ce li hanno ancora perché in quella zona il Comune deve decidere cosa fare. Ritenevano fossero appartamenti in centro di un certo valore, quindi volevano affittarli a libero mercato a canoni molto alti che loro non potrebbero permettersi e quindi, eventualmente, dovrebbero ricollocarli altrove. Ma da quanto ho capito è ancora tutto fermo: stanno facendo accertamenti sul territorio poiché dentro questi appartamenti ci sarebbero anche persone che non hanno titolo per risiedervi. E' una situazione un po' complicata. Sono abitazioni popolari dove è stato il Comune a mettere gli ex abitanti di Vigna Jacobini. Peraltro si tratta di appartamenti in una zona che, nonostante negli ultimi anni Testaccio vada di moda, è piuttosto abbandonata”.

Sul sito dove sorgeva la palazzina è stato quindi presentato un progetto di ricostruzione…
“Sì, e speriamo che l'amministrazione sia al nostro fianco, che sia un iter ragionevolmente breve. Abbiamo presentato tutto quello che dovevamo presentare, siamo stati ligi il più possibile e abbiamo chiesto più volte all'amministrazione come andava presentato questo tipo di pratica. A onor del vero, l'assessore all'Urbanistica c'ha dato la sua disponibilità e la cosa dovrebbe andare avanti in tempi rapidi”.

Cos'altro chiedete?
“La cosa che vorrebbero loro sarebbe l'istituzione di una giornata della memoria, affinché il ricordo delle vittime sia anche un modo per far sì che queste cose non accadano più. Era stata istituita l'obbligatorietà del fascicolo del fabbricato, poco tempo dopo la strage, poi annullata dal Tar perché così com'era stato ideato, il provvedimento non andava bene. E invece qualcosa si dovrebbe fare perché, come vediamo, da un punto di vista idrogeologico il nostro è un territorio fragile. Roma è una città complicatissima e il calcestruzzo ha una vita limitata nel tempo, lo sappiamo perché, con tutte le perizie che sono state fatte con i maggiori esperti, è stato confermato che si dovrebbe iniziare a monitorare anche sulla scorta di questa tragedia perché, pur non essendo questa avvenuta per vetustà dell'edificio, potrebbe essere un modo per controllare il territorio e le attività che vengono svolte all'interno dei fabbricati destinati a uso abitativo (perché lì c'era un'attività industriale al piano terra). Fare controlli più serrati e questo si può fare anche sensibilizzando l'opinione pubbclia, perché se tutti controllano ciò che accade nei loro palazzi, forse le cose andrebbero meglio. Quindi questa giornata alla memoria potrebbe servire non solo come ricordo ma anche come input per fare una prevenzione seria sul territorio per la salute delle persone. Abbiamo chiesto al sindaco di intervenire ma, per ora, non abbiamo avuto risposta”.

Anche alle precedenti amministrazioni fu sottoposto un progetto come quello avanzato ora?
“No, perché in passato l'amministrazione ci ha inidirizzato verso un tipo di procedimento diverso. Avremmo dovuto ricostruire in un'altra zona con un riconoscimento di una cubatura maggiore, perché ci saremmo allontanati in una zona più periferica. Con questo premio di cubatura avrebbero potuto ricostruire quasi a costo zero. Tutto questo è completamente naufragato perché i costi sarebbero stati invece elevatissimi, anche perché si trattava di una zona, la Muratella, che andava urbanizzata e credo tuttora stiano indietro. C'erano poi altri problemi che lo stesso Comune non è riuscito a risolvere al suo interno tra Urbanistica e Dipartimento del Patrimonio. Quindi ci hanno portato avanti per molti anni con un procedimento che, invece, non si poteva concretizzare. Quindi, all'ultimo momento, siamo arrivati alla decisione di cedere tutto e ricostruire. Tra l'altro loro non hanno la forza economica per farlo, devono ricorrere comunque a terzi”.

Il dolore per una simile tragedia non potrà mai essre alleviato. Ma con questo progetto esiste la possibilità di essere almeno risarciti di quanto perso?
“In minima parte. Ma tutto questo serve anche per chiudere questo capitolo, segnare un punto fermo e contribuire alla rinascita del quartiere. Anche perché loro sono preoccupati di lasciare un bene lì incustodito che può essere anche un pericolo per i palazzi circostanti, perché lì c'è come una fossa e non ci sono muri di contenimento per i palazzi vicini. Va sistemato e loro non possono farlo”.

Un quadrante in cui bonifiche non sono mai state fatte?
“No, sono state fatte pulizie ma sono passati molti anni, è stato fatto uno due volte ma poi non più. Ora questa amministrazione si è presa l'impegno di risolvere questo problema e speriamo sia davvero così. Sarebbe bello avere un segnale o qualche parola del sindaco, per vedere davvero quel segno di discontinuità di cui parlano spesso. Anche perché sarebbero operazioni che per l'amministrazione sarebbero a costo zero, perché si occuperebbero loro di tutto. E anche per l'istituzione della giornata della memoria non ci sarebbero costi”.

Come mai questo silenzio negli ultimi venti anni? Perché le varie amministrazioni non sono riuscite a dare risposte adeguate?
“Forse perché si è trattato di un'operazione molto complicata, se ne sono succedute diverse e ogni volta che si è chiuso il ciclo di un sindaco non c'è stato un passaggio di consegne nemmeno su una questione così grave, si è sempre dovuto ricominciare tutto l'iter, riagganciare tutti i rapporti e come tipo di procedimento, così com'era stato ideato era complicatissimo e probabilmente irrealizzabile fin dall'inizio. Poi devo dire che si tratta di una questione veramente grave e importante, qualora fosse stata risolta avrebbe dato anche un ritorno d'immagine a questa o quell'altra amministrazione. Quindi è stata affrontata più da un punto di vista 'pubblicitario' che con atti concreti. Speriamo che adesso si faccia seriamente”.