ROMA RIFIUTATA

Cinghiali, topi e gabbiani banchettano quotidianamente tra cumuli di rifiuti. Settimanalmente prende fuoco un autobus pieno di persone, in qualche via trafficata. Nel frattempo, il malaffare prova a mettere le mani su qualsiasi progetto che viene sviluppato sul territorio. Insomma, la capitale appare sempre più stanca e indolente, avvitata da anni sugli stessi problemi che nessun sindaco, di nessun colore politico, è mai riuscito a risolvere. “Non c'è nessuno senza responsabilità. Le colpe della situazione vanno divise in maniera abbastanza equa tra politica locale, politica nazionale, classe degli imprenditori e cittadini”, spiega ad In Terris, Massilimano Tonelli, fondatore del blog “Roma fa schifo”.

#Flambus e altri disagi

“Intorno alle 14, per ragioni ancora da accertare, si è sviluppato un incendio a bordo di una vettura della linea 671 mentre circolava lungo piazza Cantù. L'autista ha fatto scendere i passeggeri e ha tentato di spegnere le fiamme, ma non è stato possibile estinguerle. Non c'è stato nessun problema per le persone. La vettura, immatricolata nel 2004, era in servizio da 15 anni”. Questo lo stringato comunicato stampa che l'agenzia dei trasporti pubblici capitolina – Atac – ha diramato nel primo pomeriggio di venerdì scorso quando, per l'ennesima volta, un autobus ha preso fuoco in città. Secondo quanto riportato dalle colonne della versione on line del quotidiano romano il Messaggero.it, che cita documenti riservati presentati in tribunale dall’Atac, dall’inizio del 2019 fino al 16 marzo scorso i casi di incendi di autobus sono stati più di 100, più di uno a settimana. Un fenomeno che è diventato anche un fatto di costume: ogni volta che si ha notizia di un veicolo dell'Atac in fiamme, la rete e i social network rilanciano l'hashtag #Flambus, appellativo non proprio lusinghiero per i mezzi della più grande municipalizzata italiana del trasporto pubblico. Autobus, ma anche metro: il 2019 è stato un anno sfortunato anche per chi usa la linea A della metropolitana. La stazione Repubblica è rimasta chiusa per lavori di manutenzione per ben 246 giorni, dopo che il 23 ottobre scorso le scale mobili erano franate su un gruppo di 24 tifosi russi giunti in città per una partita di Champions League. La centralissima stazione di Spagna, invece, è rimasta chiusa per “solo” un mese e mezzo. Comunque, alla riapertura, la metà delle scale mobili non funzionavano. Invece, la stazione Barberini, a due passi da Fontana di Trevi, è ancora con i sigilli, sempre per colpa delle scale mobili. “A questi disservizi occorrerà, durante l'estate, sommare i lavori di ristrutturazione della linea A, i cui binari sono giunti ormai ad una significativa usura”. Per questa ragione, spiega il comunicato dell’Atac, tra l'8 luglio e il 25 agosto i romani non potranno usufruire di tutta la linea principale della metropolitana cittadina. In Terris ha contattato Enrico Stefàno, presidente della commissione Mobilità ai tempi del referendum sulla privatizzazione dell'Atac, per capire qual era la posizione del Comune durante la consultazione: “Finché Roma non avrà una rete di infrastrutture efficienti, qualsiasi gestore – pubblico o privato – si troverà in difficoltà. Da un lato è fondamentale rilanciare le infrastrutture, dall'altro bisogna abbattere il trasporto privato. Roma è una città che ha una congestione notevole -migliore solo di quella di Bogotà, in Colombia- qualunque gestore si troverebbe con gli autobus fermi nel traffico. Questo, ovviamente, non vuol dire che Atac non sia perfettibile”, ha spiegato Stefàno.

La cosa pubblica

Per aggiornare la flotta di autobus, i dirigenti Atac avevano pensato di noleggiare 70 veicoli provenienti dallo Stato di Isreale. Un'operazione che superava i 4 milioni di euro, che per il momento non ha portato a nulla. I mezzi sono stati bocciati dalla Motorizzazione italiana, perché Euro 5 e non Euro 6 come richiede la normativa Ue. Il nulla di fatto è arrivato dopo il fallimento di un complesso iter di re-immatricolazione avvenuto in Germania per convertire i veicoli. Tuttavia, come riporta il Corriere.it, l’Atac ha deciso di non risolvere il contratto con il fornitore, né di fargli causa. L’accordo resta in essere, e anche l’anticipo di oltre 500 mila euro resta al fornitore. La municipalizzata adesso aspetta altri bus. Un problema, quello dell'efficienza, che spesso si lega alla gestione pubblica dell'Atac. Secondo Alfonso Sabella, magistrato ed ex assessore alla Legalità del comune di Roma, si risolve solo “mettendo mano alla burocrazia, anche se nessuna amministrazione lo ha mai fatto. Quindi continueremo con questo andazzo, con gli spelacchio, le buche, gli autobus e l'immondizia. Bisognerebbe che la politica riacquistasse un po' di competenza”. Secondo il magistrato e scrittore, infatti, la politica ha pensato troppo spesso di affidarsi alle competenze della burocrazia, pretendendo tuttavia di nominare i quadri dirigenti “non sulla competenza, ma sulla base dell'amicizia, delle idee politiche e della parentopoli. Questo fa sì che noi a Roma abbiamo un sistema dove c'è una classe dirigente di burocrati non all'altezza dei compiti che dovrebbero svolgere i dirigenti della capitale d'Italia”.

La monnezza

Per più di un mese, in tutte le zone della capitale, i cassonetti della spazzatura traboccavano di sacchetti, mentre i liquami che colavano rendevano irrespirabile l'aria in diversi quartieri. Ora, grazie allo sforzo dell'azienda municipalizzata per la nettezza urbana, Ama, e alla mediazione del ministro per l'ambiente Sergio Costa, la situazione appare nuovamente sotto controllo, ma per settimane la polemica politica tra regione Lazio, guidata dal segretario del Pd Luca Zingaretti, e la prima cittadina del M5S Virginia Raggi non ha portato ad alcun miglioramento per i cittadini. Tuttavia, quella che è stata vissuta dall'opinione pubblica come il risultato di una ennesima crisi della gestione dei rifiuti, per il presidente di Legambiente Roberto Scacchi, è stato in realtà un collasso: la situazione rimane sempre uguale, “la crisi è degli ultimi 3 o 4 anni consecutivamente”. Quello che hanno visto i romani, infatti sarebbero solo gli effetti “del superamento dei picchi di produzione che si raggiungono a dicembre e tra giungo e luglio. Tant'è che negli ultimi anni in questi periodi la situazione è sempre rimasta la stessa”. Una vera e propria “crisi strutturale” dovuta a due fattori: da una parte non si sa dove mettere i rifiuti perché non ci sono impianti nel territorio romano. Dall'altro lato “il servizio Ama non è adeguato a raccogliere più della quantità di rifiuti prodotta nei periodi di media produzione”. Secondo Scacchi, il ciclo di raccolta riesce a mantenersi efficiente fino a 4700 tonnellate di rifiuti raccolti complessivamente. “Quando si superano, più o meno, le 5000 tonnellate il sistema va completamente in tilt, cosa che avviene puntualmente in questi periodi”.