Piano rom, Ass. 21 luglio: “Esiti fallimentari”

Un Piano rom contraddittorio e poco trasparente, mai condiviso con la cittadinanza e caratterizzato dal rifiuto a qualsiasi supporto esterno – compresa l’adesione a programmi europei -, accompagnato da una narrazione poco aderente alla realtà. Un Piano le cui azioni hanno avuto un impatto quasi insignificante se rapportate alle ingenti somme di denaro impegnate”. E' questo il giudizio espresso dall’Associazione 21 luglio sul rapporto sul “Piano rom” della città di Roma a 30 mesi dalla sua presentazione. Il Piano rom era stato presentato a Roma il 31 maggio 2017 dalla sindaca Virginia Raggi, con l’obiettivo di superare gli insediamenti formali.

Il piano

A Roma sono circa 6.900 le persone rom che vivono in emergenza abitativa, lo 0,24% della popolazione romana. Circa 4.400 vivono in 17 insediamenti formali (tra “villaggi attrezzati”, Lombroso, Candoni, Gordiani, Castel Romano, Salone e La Barbuta, recintati e isolati dal contesto cittadino, solitamente costituiti da container. Poi ci sono 11 insediamenti storici, quasi tutti progettati e costruiti dalle passate Amministrazioni comunali, privati nel corso degli anni di alcuni servizi essenziali, oggi impropriamente definiti “campi tollerati”: Salviati 1, via Spellanzon, Arco di Travertino, Schiavonetti, ex Fiera di Roma, via dell'Arcadia, via delle Sette Chiese, via Ortolani, via Grisolia, Monachina. Camping River, uno di questi, è stato declassato dal Comune a “informale”, in sostanza abusivo, nella seconda metà del 2017, in vista della sua chiusura. Il Piano rom della Giunta Raggi intendeva partire dalla chiusura di tre campi: Camping River, dove vivono 420 persone, poi Monachina dove ne abitano 115 persone, e La Barbuta con 586 rom.

Il report dell'Associazione 21 luglio

Il report dell'Associazione 21 luglio “Dove restano le briciole. I propositi del Piano rom e ciò che rimane negli insediamenti della Capitale” è uno studio effettuato grazie all’ausilio di atti pubblici, documenti anche inediti, testimonianze raccolte tra operatori del terzo settore e all’interno degli insediamenti, in primis quelli direttamente coinvolti dal Piano: Camping River, La Barbuta e Monachina. Il “Patto di responsabilità solidale” – che rappresenta il “vincolo contrattuale” che lega l’amministrazione ad ogni nucleo che intende partecipare alle azioni inclusive del Piano negli insediamenti La Barbuta e Monachina – è stato sottoscritto solo dal 19% delle famiglie. “Sotto il profilo alloggiativo – si legge nel report – non risulta siano stati erogati supporti per il buono casa; sul versante lavoro, ad eccezione di tirocini e borse lavoro, non sono mai partite le start up previste dal Piano; nella progettualità di recupero ambientale una sola persona risulta essere stata coinvolta”. Drammatici sono i numeri sul fronte scolastico dove negli ultimi 3 anni si è assistito a un decremento dei minori rom iscritti del 56%. Di contro sono 104 gli sgomberi forzati registrati dal giorno della presentazione del Piano con un impegno di spesa stimato in 3.300.000 euro; preoccupa il “travaso” di circa 800 persone dagli insediamenti formali a quelli informali che nella capitale sono saliti a più di 300. Davanti a questi numeri l’Associazione 21 luglio chiede al Campidoglio “una battuta di arresto”, senza la quale “il campo rom, come in passato, continuerà a restare il luogo della marginalità sociale dove restano le briciole di promesse non mantenute, finanziamenti mal gestiti, progettualità irrealizzabili”.

La risposta 

Non è dello stesso parere la giunta Raggi. “Nessun fallimento del piano rom” ha chiarito in un'intrevista su romatoday.it il delegato alla Sicurezza della sindaca Virginia Raggi, Marco Cardilli, figura competente in materia. “Il giudizio della Comunità europea che finanzia il piano è stato positivo” spiega a due giorni dall'uscita di un dossier firmato dall'associazione 21 luglio di cui contesta alcuni dati contenuti nel report, dalla percentuale di bimbi iscritti a scuola all'aumento del numero di insediamenti abusivi sul territorio. Cifre che però provenendo da fonti istituzionali, anche capitoline. Ciò nonostante, Cardilli è ottimista sull'avanzamento “spedito” del piano, definendolo “innovativo”, perché “per la prima volta aperto al dialogo diretto con le famiglie”.