“No allo scempio dei negozi di souvenir”

Il regolamento del commercio del centro storico, licenziato in in giunta a febbraio e prossimo ad approdare in aula Giulio Cesare, non piace ad associazioni civiche e comitati di quartiere. In una lettera inviata alla sindaca Virginia Raggi, si chiedono norme più stringenti per salvare il centro storico di Roma dall'invasione di minimarket, fast food, pizzerie a taglio, negozi di souvenir di ogni genere.

La nota consegnata in Campidoglio, ripresa da RomaToday, inizia così: “Il nostro è un invito alla responsabilità che vi abbiamo delegato. Qualsiasi decisione favorevole all’interesse di alcuni ma contraria all’interesse generale rappresenterebbe una scelta politicamente incomprensibile oltre che deleteria per il presente e futuro della città storica”. Perché “così com’è” il testo “produrrebbe effetti palesemente opposti a quelli che dichiara di voler perseguire. Tutto sarebbe vano e peggiorativo, perché tenderebbe ad annullare quel poco che ha funzionato delle prescrizioni contenute nelle delibere in vigore”. 

Con una serie di cifre significative, i firmatari danno un rapido quadro dello situazione attuale, dal quale emerge che il territorio è già saturo di attività: nel I municipio centro storico, le attività di somministrazione costituiscono circa il 22% di quelle presenti in tutta Roma, i laboratori artigianali alimentari il 24% e le attività di vicinato alimentare il 23%. I firmatari della lettera, del resto, lamentano proprio le mancate restrizioni su nuove aperture di locali che somministrano cibi e bevande, così come il mancato blocco ai negozi di souvenir e alle finte gallerie d'arte che si trasformano in bar, enoteche e pub. “Avevamo chiesto che l’inibitoria fosse estesa a tali attività commerciali, ma la richiesta non è stata accolta con la motivazione che Roma è una città a vocazione turistica e che, pertanto, non si possono limitare le aperture di questi esercizi”. Eppure “basta guardarsi intorno per rendersi conto dello scempio causato dall’incontrollata moltiplicazione dei negozi di souvenir che, con la loro merce esposta, di infima qualità, deturpano facciate di edifici e monumenti”.