MOSTRA DELL’“ARTE DEL SORRISO” CON LA CARICATURA A PALAZZO BRASCHI

“L’Arte del sorriso. La caricatura a Roma dal Seicento al 1849” è il titolo della mostra che si tiene a Roma fino al 2 ottobre al Museo di Roma a Palazzo Braschi. In esposizione, gli ospiti potranno ammirare disegni caricaturali di tre secoli che erano conservati negli archivi del museo, in un confronto con le tele che i pittori ufficiali dedicavano agli stessi personaggi rappresentati.

Sono 120 opere, con la firma di grandi artisti della storia italiana, a partire dall’“iniziatore” del genere della caricatura, Gian Lorenzo Bernini, fino a Pier Leone Ghezzi, Giuseppe Barberi, Carlo Marchionni. Alcuni ritratti erano stati pubblicati nella rivista anticlericale del Don Pirlone. Gli organizzatori hanno voluto così raccontare l’importanza e il cambiamento della caricatura a Roma, fino alla Repubblica Romana.

Il primo in esposizione è il disegno del pittore del XVII secolo Mario Nuzzi, detto Mario de’ Fiori, proprio perché specializzato nelle composizioni floreali, nel ritratto raffinato a olio di Giovanni Maria Morandi all’opera sul cavalletto, vicino a quello irriverente, che lo raffigura con il nasone rosso e pancione, a firmato di Giovan Battista Galli, detto il Baciccio. C’è anche il nano Baiocco che chiede gli spicci, e poi sarti, cappellaie, soffiatori di vetro, burattinai e musicisti. Gente di popolo , nobiluomini e donne più o meno gentili, di una Roma che sapeva ridere dei propri vizi e contrastava con l’ironia i suoi mali sociali. C’è il signore con la parrucca da capogiro, servi gobbi, prelati panciuti e alti ecclesiastici, come il cardinale Silvio Valenti Gonzaga e anche Papa Benedetto XIV.

L’irrisione non risparmia nemmeno il padrone di casa, Pio VI, ritratto da Giuseppe Barberi in versione popolare. Barbieri, con Pier Leone Ghezzi e Carlo Marchionni, fu tra i “campioni” del genere. Quest’ultimo eseguì la sacrestia nuova di San Pietro. Tra le “vittime” delle caricature anche Nicola Zabaglia, l’inventore di geniali macchinari, come le carrucole per sollevare l’obelisco che fu portato al centro di Piazza San Pietro: è raffigurato mentre si gratta la testa calva, come a “scavare” in cerca di una soluzione.