L’Ex sindaco Marino: “Disgustosi gli attacchi a D’Alema, vergogna!”

“Trovo disgustoso chi accusa un ex presidente del Consiglio di essersi impegnato per il No al Referendum per una poltroncina: chi dice questo si deve vergognare, chiudersi a casa e non uscire mai più”. E’ il j’accuse dell’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, invitato a “In 1/2” su RaiTre. Intervistato dalla giornalista Lucia Annunziata, Marino ha precisato che oggi non andrà alla direzione del Pd. “Non sono mai stato uomo di partito, sono entrato due o tre volte nella sede di Pd, io sono proprio l’antitesi dell’uomo partito”, ha aggiunto.

Assolto nel processo sugli scontrini e sulle consulenze della sua onlus, l’ex primo cittadino non si è dimenticato di parlare della sua successora, Virginia Raggi, del M5s. “La prima azione della sindaca Raggi – ha detto in trasmissione – è stata chiedere la riapertura di un tritovagliatore di proprietà di Manlio Cerroni che trattava 1000 tonnellate di rifiuti”, un impianto “che noi avevamo chiuso”. “Penso che questo parli da sé”, ha aggiunto.

Non manca neppure un attacco al premier: “Renzi ha fatto un errore gravissimo perché ha allontanato un sindaco che stava facendo ciò per cui lui era piaciuto al Paese, un programma di liberalizzazioni per recuperare denaro per il debito. Credo che il presidente del Consiglio, che è scaltro e intelligente, è stato molto malconsigliato. Diversamente mi avrebbe sostenuto”.

L’ex sindaco ha infine detto di aver ricevuto messaggi e telefonate di congratulazioni, dopo l’assoluzione, da Veltroni, Legnini, Bassolino, D’Alema, Cuperlo, Bersani, Speranza. “Oggi il vicepresidente del Csm Legnini, uno dei primi a telefonarmi dopo la mia assoluzione, spiega come bisogna condurre le indagini quando si accusa una persona: vanno cercate prove a carico ma anche a discolpa dell’indagato”. Marino ha concluso dicendo di aver sempre creduto nella giustizia e di non essere decaduto “a causa della Procura di Roma”, ma perché “Orfini ha convocato gli assessori prima e i consiglieri poi dicendo che dovevano dimettersi violentando la volontà di 700mila elettori“.